Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Stefano Magrassi
Genere: 
Etichetta: 
Relapse Records/Self
Anno: 
2002
Line-Up: 

- Karl Sanders - Chitarra e voce

- Dallas Toler-Wade - Chitarra e voce

- Tony Laureano - Batteria
- John Vesano - Basso e voce


TRACK LIST:

1. Blessed Dead

2. Execration Text

3. Sarcophagus

4. Kheftiu Asar Butchiu

5. Unas Slayer of the Gods

6. Churning the Maelstrom

7. I Whisper in the Ear of the Dead

8. Wind of Horus

IN THEIR DARKENED SHRINES

9. In Their Darkened Shrines: I. Hall of Saurian Entombment

10. In Their Darkened Shrines: II. Invocation to Seditious Heresy

11. In Their Darkened Shrines: III. Destruction of the Temple of the Enemies of Ra

12. In Their Darkened Shrines: IV. Ruins

Tracklist: 
Nile

In Their Darkened Shrines

Fu grazie a questo capolavoro che nel 2002 i Nile si fecero conoscere al grande pubblico. La potenza e l'innovazione di In Their Darkened Shrines stupì tutti, compresi quegli stessi amanti di Death Metal che già avevano potuto pregustarsi la travolgente epica brutalità del combo statunitense con il precedente Black Seed Of Vengeance. E d'altronde come non rimanere esterefatti ed attoniti di fronte a tale violenza, talmente ragionata e chirurgica da annichilire l'ascoltatore, condita dal perfetto lavoro di un Karl Sanders, calatosi nelle vesti di esperto egittologo, capace di unire perfettamente argomenti provenienti dalla mitologia egizia, strumenti classici e melodie medio orientali con il brutal più classicamente est-coast.

Supportato da una formazione assolutamente fuori dalla media (e per ora irripetibile), con dietro alle pelli quello che probabilmente è in questo momento il miglior batterista death metal dell'universo, Tony Laureano, al basso il mastodontico John Vesano e il fido compagno Dallas Tore-Wade alla seconda chitarra (fondamentale, essendo la voce principale), il buon Karl ha letteralmente creato un'opera Brutal, maestosa e violenta, epica e brutale, uno di quei dischi non solo da ascoltare profondamente, ma ipnotici nella loro grandezza.

Passando all'analisi dell'album, The Blessed Death, l'opener, ci scaraventa immediatamente nello spirito dell'intera composizione: la velocità è sostenutissima, Laureano costruisce linee sempre più complesse, le voci si sovrappongono l'una alle altre, creando il tipico fraseggio, in stile "botta e risposta"; si passa sempre dalle sfuriate in blast beat a tempi più lenti ed epicheggianti, creando atmosfere da pelle d'oca. La prima parte del disco è un susseguirsi di emozioni tanto distanti quanto devastanti: a seguire infatti troviamo Execration Text, breve traccia improntata sulla velocità e sul lavoro di chitarra della coppia Sanders - Toler-Wade; e subito dopo, quasi in contrapposizione, Sarcophagus, un mid tempo dall'epicità straordinario, con Laureano scatenato e pronto a mostrarci quanto sia bravo con i piatti: è difficile spiegare ciò che si prova nell'ascoltare una canzone di questo tipo, la sensazione è quella, chiudendo gli occhi, di trovarsi veramente nell'antico egitto e di assistere ad un intervento divino. E' appunto questa particolarità che rappresenta la grandezza dei Nile: la capacità di evocare immagini di questo tipo, di far rinascere nella nostra mente tutti gli elementi che fecero grande la cultura egizia, l'unione perfetta di mitologia, religione, scienza e crudeltà.

Il nostro cammino nelle terre dei faraoni continua: si passa dalla più canonica e brutale Keftiu Asar Butchiu all'arpeggio arabeggiante di Unas Slayer Of The Gods, assolutamente incredibile per gli inserimenti di corni ed altri strumenti simili, capaci di creare sinfonie stupefacenti; sicuramente una delle migliori canzoni di tutto il disco. Un'esperienza mentale e fisica, undici minuti di intensa epicità e violenza. Dopo questa parentesi, si ritorna su livelli più tipicamente brutal con Churning the Maelstrom, che ovviamente passa quasi in secondo piano, come un intermezzo per ridestare le menti degli ascoltatori. Qui si conclude la parte più del disco più canonica: appunto prima si parlava di innovazione e genialità; infatti tutte le tracce successive sono difficili da classificare, sempre a metà strada tra lo strumentale. il sinfonico e l'acustico, ricche di soluzioni introvabili nel Death Metal classico.

E così I Whisper in the Ear of the Dead stupisce: la maggior parte della canzone è composta da una voce narrante accompagnata dalla batteria in sottofondo. Lastranezza che accompagna questa composizione crea un'atmosfera particolare, ricca di pathos ma anche angosciante. Di nuovo Wind of Horus ripropone uno stile simile, però più improntato sulla velocità.

Siamo così giunti al vero e proprio master piece del disco: In Their Darkened Shrines, title-track e divisa in 4 parti. Questa canzone rappresenta il punto più alto dell'intero album ed anche di un genere che grazie ai Nostri ha saputo di nuovo migliorarsi ed evolversi.
Parte I - Hall of Saurian Entombment: esclusivamente strumentale ed acustica, arricchita da corni, fiati, tamburi e altri strumenti egiziani, evocativa, epica e sinfonica, somigliante all'accompagnamento musicale di un qualche rito arcaico e dimenticato;
Parte II - Invocation to Seditious Heresy: ritono alla distorsione, a ritmiche e riff di stampo brutal, velocità elevatissima e melodie medio orientali sempre presenti;
Parte III - Destruction of the Temple of the Enemies of Ra: si continua con la potenza e la velocità, dopo un breve assolo di batteria troviamo di nuovo l'intrecciarsi delle chitarre e il growl basso e profondo in classico stile Nile;
Parte IV - Ruins: traccia conclusiva del disco e del nostro viaggio tra le piramidi e le sabbie dell'Egitto, altra strumentale, però in distorto, e dalla velocità leggermente più elevata, degna conclusione per un album immenso.

Difficile trovare altre parole per commentare questa opera di musica estrema. Non è neanche necessario aggiungere altri elementi descrittivi per indurvi ad ascoltare un disco di questo livello. In Their Darknened Shrines rappresenta una svolta, un'innovazione all'interno del Death Metal, ma non solo questo: è il frutto del lavoro di un artista incredibile e sottovalutato (Karl Sanders), in grado di mescolare perfettamente musica e storia, che ha saputo ridefinire perfino il concetto di epic, per troppo tempo riservato quasi esclusivamente ad un certo filone del metal. Praticamente un capolavoro.


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