Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Warrel Dane - voce
- Jeff Loomis - chitarra
- James Sheppard - basso
- Van Williams - batteria

Tracklist: 

1. Narcosynthesis (05:31)
2. We Disintegrate (05:12)
3. Inside Four Walls (04:40)
4. Evolution 169 (05:51)
5. The River Dragon Has Come (05:06)
6. The Heart Collector (05:56)
7. Engines of Hate (04:43)
8. The Sound of Silence (Simon & Garfunkel cover) (05:13)
9. Insignificant (04:57)
10. Believe in Nothing (04:22)
11. Dead Heart in a Dead World (05:07)

Nevermore

Dead Heart, in a Dead World

Dead Heart In A Dead World è un inno alla ribellione nei confronti di un mondo contemporaneo folle ed opportunista e nei confronti di una società che opprime la libertà dell’individuo nascondendosi sotto la rassicurante forma politica della democrazia. Nel quarto album di studio si rafforza il pensiero socio-politico dei Nevermore che proseguono sulla scia del capolavoro Dreaming Neon Black, conciliando l’impetuosità del Thrash tecnico letto in chiave moderna con melodie dal sapore progressivo. Le undici tracce composte da Warrel Dane e compagni sono cariche di un’atmosfera volutamente soffocante e claustrofobica, in grado di trasferire tetre sensazioni nell’ascoltatore: privati dell’apporto del chitarrista Tim Calvert, sposatosi nel 2000 ed impossibilitato così a perseverare nel suo ruolo, i Nevermore si presentano con un quartetto che sembra non aver perso lo smalto del precedente album e che qui dimostra la sua piena maturità stilistica.

L’opener Narcosyntesis è caotica ed irruente nelle sue ritmiche che connettono la tradizione del Metal estremo con i tratti più innovativi della scuola Meshuggah e la voce di Dane appare da subito determinata ed espressiva nei suoi vari registri tonali. Diverse canzoni si strutturano su ritmi sostenuti, mostrando in modo evidente il significativo lavoro svolto dal batterista Van Williams e dal chitarrista Jeff Loomis; quest’ultimo in particolare esibisce sezioni tecniche ed assoli appassionanti per tutta la lunghezza del platter, garantendo il pieno coinvolgimento da parte degli ascoltatori e permettendo comunque alla voce di Dane di emergere costantemente con sicurezza. Testimonianze del rinnovato sound Nevermore sono tuttavia le pseudo-ballads che intervengono a spezzare l’andamento dei brani più aggressivi, perché in esse si ritrovano gli elementi progressivi che hanno reso unica la formazione di Seattle nel panorama Metal odierno: The Heart Collector, Insignificant e Believe In Nothing sono divenute un simbolo caratteristico dei Nevermore per il loro approccio più soffice e meditativo e per le melodie dimenticate, che trasportano all’interno di un vortice di passione musicale. Da sottolineare inoltre è l’accuratezza con cui Dane ha preparato i testi dei pezzi, ispirandosi alla situazione socio-politica del proprio Paese, gli Stati Uniti, e raffigurandosi i fantasmi che affliggono l’uomo in una società evoluta e globalizzata.
I Nevermore trasformano in pura potenza anche la delicatezza di una canzone storica come The Sound Of Silence (Simon & Garfunkel), estremizzando la già devastante direzione di episodi come Inside Four Walls o Engines Of Hate.

In un contesto malinconico, introdotto dalla tenebrosa copertina realizzata da Travis Smith, prende corpo il capitolo discografico più interessante e meglio strutturato dei Nevermore, che oltre a siglare la qualità dell’immenso Dreaming Neon Black, si superano per regalare al pubblico una perla del Thrash del terzo Millennio. I tour intrapresi a fianco di celebri acts come Mercyful Fate, Arch Enemy, Opeth e Iced Earth hanno solo confermato a Dane e compagni di continuare sulla strada tracciata già con i primi tre platters e Dead Heart In A Dead World può essere considerato come il vero ed eccezionale punto di arrivo che consacra i Nevemore tra i gruppi più originali della scena Metal attuale.

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