Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
Lorenzo Iotti
Etichetta: 
Autoproduzione/Kick Agency
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Giorgio Massimi - Voce
- Giuseppe Marinelli - Chitarra
- Mauro Neri - Tastiere
- Gabriele Palmieri - Batteria e Voce
- Federico Criscimanni - Basso

Guests:
- Fabrizio Dottori - Sax

Tracklist: 

1. Mother (I. Tears / II. She)
2. Slave Of Loneliness
3. Just A Sacrifice
4. Chemical Faith
5. This Tragic Show
6. Sogni
7. Zoolischer Garten (Hell’s Gate)
8. Narkonon
9. Whispers

Neverdream

Chemical Faith

I Neverdream nascono nel 2000 a Guidonia, in provincia di Roma; è nel 2005 il loro debutto discografico con l’EP Rain Of Sorrow, che viene seguito dopo un anno dal loro primo full lenght, Chemical Faith, un concept album basato sul film culto dei primi anni ’80 Christiane F. - I Ragazzi Dello Zoo Di Berlino, tratto da un romanzo autobiografico di una ragazza entrata a soli 14 anni nel tunnel delle droghe pesanti, e contenente una forte denuncia nei confronti della società perbenista tedesca che rifiutava di vedere la moltitudine di giovani tossicodipendenti che affollavano la capitale.
Nasce così un disco dal sentore a tratti oscuro e travagliato, in altri momenti invece di grande dolcezza; per ribadire il valore narrativo, accanto ai testi sofferti ed angoscianti si trovano parti dialogate, il tutto cantato e parlato in inglese, italiano e tedesco.
Il risultato è un album dal sound sognante dove la voce ricopre una posizione di primaria importanza, e la musica tratteggia in sottofondo atmosfere leggiadre; il problema principale è però che i vocals appaiono spesso slegati dalla musica, soprattutto nelle strofe, dove assumono un timbro oratorio che crea talvolta dissonanze fastidiose, compromettendo le emozioni che si andavano creando.

Emozioni che d’altro canto traspaiono molto bene dalla trama musicale, come nella prima traccia Mother, che esprime tutta la disperazione e il dramma della dipendenza; la struttura melodica è tessuta principalmente dalle tastiere, che guidano lo svolgersi del brano con singole note molto estese, e dalla chitarra, i cui riff lenti e distorti subentrano a tratti rendendo l’atmosfera pesante e oppressiva. La musica però non è incisiva quanto dovrebbe, e le emozioni tendono a scivolare velocemente dai sentimenti dell’ascoltatore, così come accade in Slave Of Loneliness, altro ottimo brano dal clima molto cupo esaltato da vocalizzi strascicati e filtrati.
La successiva Just A Sacrifice rappresenta invece una fusione non troppo felice delle atmosfere cadenzate tipiche dei Neverdream con momenti più rabbiosi e vaghe contaminazioni elettroniche; molto forte soprattutto in questo pezzo è l’influenza dei Dream Theater di Train Of Thought, con atmosfere a cavallo tra il prog e il metal più oscuro.
Si cambia registro con Chemical Faith, che inizia ancora con elementi elettronici per proseguire su toni più dolci e struggenti, per poi passare al brano più metallico e oscuro del lotto, This Tragic Show; anche in questio caso, però, momenti molto coinvolgenti sono alternati ad altri meno riusciti, rendendo difficile entrare pienamente nell’atmosfera; a ciò si aggiungono gli stacchi progressivi con sterili assoli di sintetizzatore e la voce a tratti distaccata, che non giovano certo alla riuscita del brano.
La ballata Sogni, l’unica canzone cantata interamente in italiano, arriva d’improvviso colpendo di sorpresa: il sax di Fabrizio Dottori, ospite speciale per questo disco, accompagna la voce dolce e speranzosa, entrando in contrasto con il pessimismo dei pezzi precedenti; nel complesso però il pezzo risulta eccessivamente sdolcinato e poco originale. Dopo questa parentesi si prosegue con Zoologischer Garten, caratterizzata da momenti molto heavy supportati da cupi sintetizzatori atmosferici.
La strumentale Narkonon è in pratica lo sviluppo degli stacchi che separano la maggior parte degli altri brani del platter, alchimia di tastiere e chitarra che crea ottimi temi musicali; un brano molto riuscito, che rafforza l’impressione sia la voce ciò che più non va nei Neverdream. Il disco termina con Whispers, pezzo caratterizzato dall’uso di filtri vocali che riprende le atmosfere presenti nei pezzi precedenti, risultando solamente un poco prolisso.

Chemical Faith è dunque un disco discreto, ma ci si aspetta di più in futuro da questi ragazzi, la cui musica al giorno d’oggi non riesce a prendere l’ascoltatore come dovrebbe. Un disco che piacerà a chi ama il progressive metal dai toni cupi, e a chi preferisce nel progressive le atmosfere ai virtuosismi esasperati.

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