Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Corvus Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- A. Tolonen – Kantele, Synth
- T. Saxell – Basso
- John Haughm – Voce
- Laurie Ann Haus – Voce
- Pekka Aho – Kantele, Voce

Tracklist: 


1. Moonbow (10:39)
2. Claw And Fang (8:39)
3. Kontio (4:45)
4. Hunt (15:04)
5. The Mire (7:11)
6. The Turning Of The Tides (10:31)
7. Across The Waters (11:29)

Nest

Trail of the Unwary

Da quando, a metà 2006, iniziarono a filtrare le ultime decisive notizie sulla concreta realizzazione di questo disco, l’attesa dei Nest-maniacs è salita ad uno stato di febbrile eccitazione: “Trail of the Unwary” arriva infine a vedere la luce nel Febbraio del 2007, ben quattro anni dopo la pubblicazione del clamoroso disco di debutto Woodsmoke” .
Tolonen, affiancato da uno sparuto gruppo di ospiti, torna a deliziarci con i colori dei suoi pastelli e della sua musica e gli affamati cultori della band non hanno potuto far altro che scandagliare i più nascosti mailorder d’Europa per riuscire ad accaparrarsi una copia di questo nuovo disco, sempre pubblicato dalla label bulgara Corvus Records.

In tutta sincerità, nonostante io apprezzi notevolmente la band, non mi aspettavo da essa chissà quali stravolgimenti, pensando di trovarmi ad ascoltare un disco-fotocopia del precedente: così non è stato, visto che Tolonen, pur senza rivoluzionare il suo sound, ha apportato alcuni sostanziali cambiamenti nel suo approccio alla musica.
La prima, importante novità è la durata dei brani: se prima essi si completavano in quattro o cinque minuti, ora la lunghezza dei singoli episodi risulta raddoppiata o triplicata, ed ogni segmento appare sempre più come una storia individuale, con i suoi picchi, i suoi momenti di riflessione, le sue pause, i suoi climax – tutto ciò, beninteso, pur rimanendo lontano da quella forma-canzone che con la musica Ambient dei Nest ha poco a che spartire. Per riuscire a reggere brani così sostanziosi, Tolonen ha provveduto inoltre ad ampliare lo spettro strumentale e sonoro a sua disposizione: in “Trail of the Unwary” i suoni (sintetizzati) di flauti, tastiere, didgeridoo, percussioni ottengono ruoli nettamente più importanti rispetto a quanto succedeva in un “Woodsmoke” che era per larghi tratti quasi un soliloquio del Kantele – quest’ultimo strumento (il favorito di Tolonen), pur mantenendo un ruolo chiave, s’inserisce ora in un contesto generale decisamente più organico.
Dando uno sguardo generale si nota inoltre come lo strumento ‘voce’ svolga ora una funzione marginale, essendo essa relegata a sparuti sospiri di sottofondo che, se prima venivano notati, ora in tracce ‘oceaniche’ di dieci minuti vengono facilmente trascurati.

Viene riproposto inoltre l’esperimento del Kantele “distorto elettricamente” (già presente sul debut album nella bella “Summer Storm”), ricreante un suono colmo di echi e drones, ampiamente utilizzato nel capolavoro “Hunt”, epico viaggio di un quarto d’ora capace di mostrare non solo gutturali voci narranti (cortesia di John Haughm degli americani Agalloch), catastrofiche percussioni tribali e fiammanti interventi distorti (ricreanti i momenti più concitati e crudeli della caccia), ma anche evocative sezioni atmosferiche, in cui pare di sentire il cuore della preda battere incessantemente nel silenzio della foresta, mentre le narici del cacciatore setacciano, fameliche, il sottobosco.
Presenti anche episodi guidati da melodie più dolci e poetiche, quali ad esempio la solenne, spirituale e rinfrescante opener “Moonbow”, dalla struttura ciclica, o la terza “Kontio” (l’Orso), entrambe caratterizzate da un’immediata fruibilità grazie alle coinvolgenti impalcature tastieristiche ed ai sognanti motivi dei flauti.
Ad intaccare questi momenti notturni, pregni di una quiete suprema, sono i destabilizzanti interventi del didgeridoo, protagonista dell’esoterica “Claw and Fang” che, come anticipa il titolo, sfodera denti e artigli per gettare nel panico la foresta, mentre stracci di nuvole coprono lo spicchio di luna che poco prima aveva rischiarato la notte. Altro brano irrequieto è “The Mire”, in cui alcune scariche d’elettricità creano un feeling di tensione e pericolo che contaminerà anche la successiva “The Turning of the Tides”, capace di trovare uno spiraglio positivo solo nella sua seconda metà, in cui alcuni cori sciamanici (a tratti riechieggiano i fantasmi gaelici di Enya) sprigionano luce e speranza, due motivi che si ritroveranno anche in “Across The Waters”, pacato finale dolcemente graziato dai soffusi sospiri femminei di Laurie Ann Haus dei Todesbonden, che restituiscono infine la pace ai paesaggi sconvolti dalla caccia frenetica, riallacciandosi alle atmosfere distese e concilianti di “Woodsmoke”.

“Trail of the Unwary”
è un disco selvatico, vibrante, talmente ben organizzato che è quasi un peccato utilizzarlo soltanto come background-music; un disco che, per come è costruito, potrà trovare degli estimatori sia tra chi apprezza l’Ambient dalle sfumature Folk o New Age, sia tra chi normalmente si fa trasportare da sonorità più dure ed elettriche in cui s’incastonano intermezzi folk od atmosferici (i primi nomi che saltano alla mente sono quelli di Summoning od Agalloch). I Nest tornano a mostrarci tutta la loro abilità, tirando fuori un jolly davvero sorprendente ed affascinante: “Trail of the Unwary”, pur con tutti i limiti imposti da genere, scarsa reperibilità e background dell’artista, è da segnalarsi come uno degli episodi più fortunati di questo inizio d’anno.

LINKS PER L’ASCOLTO:
“Kontio” @ Mikseri.net
MySpace

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