Voto: 
7.6 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2009
Line-Up: 



- Mark "Barney" Greenway - Voce
- Mitch Harris - Chitarra, voce
- Shane Embury - Basso
- Danny Herrera - Batteria
 

Tracklist: 

:
1. Strongarm
2. Diktat
3. Work to Rule
4. On the Brink of Extinction
5. Time Waits for No Slave
6. Life and Limb
7. Downbeat Clique
8. Fallacy Dominion
9. Passive Tense
10. Laurency of the Heart
11. Procrastination of the Empty Vessel
12. Feeling Redundant
13. A No-sided Argument
14. De-evolution Ad Nauseum 

Napalm Death

Time Waits for No Slaves

Ritornano gli storici Napalm Death, pionieri del grindcore. Il loro stile degli esordi fu rivoluzionario, ma non appena la line-up fu rimaneggiata e le influenze death metal si fecero più evidenti, cioè nel periodo post-From Enslavement to Obliteration, per loro arrivò il momento della definitiva maturazione: il grindcore degli esordi fu filtrato attraverso il succitato death metal al fine di creare un ottimo ibrido che potesse conservare l’irruenza degli esordi con strutture maggiormente mature e competitive.  

Da quel mitico Harmony Corruption in avanti, i Napalm Death continuarono su questa strada, anche se il periodo che andava dalla metà alla fine degli anni 90 fu costellato di uscite non brillanti e il groove minacciò più volte la loro proposta. Con l’arrivo del nuovo millennio, le uscite discografiche dei nostri musicisti da Birmingham si fecero migliori e, come poche volte accade nel genere, il loro stile riacquistò di violenza e velocità. Gli album si susseguirono fino ad arrivare a quest’ultima uscita discografica, ovvero Time Waits for No Slaves. Il livello d’ispirazione dei quattro musicisti è ottimo; il loro stile è in perfetto bilico tra passato e futuro, come potrete giudicare voi stessi dall’ascolto. 

La traccia posta in apertura, Strongarm, ci mostra immediatamente una band che non lesina assalti frontali a base di blast beats con venature punk. Barney Greenway sostiene il tutto con il suo vocione, mentre Mitch Harris è semplicemente funambolico con la sua sei corde. I riffs spaziano in modo incredibile tra death, grindcore, punk e a tratti possiamo persino percepire un’impronta leggermente progressiva, con tocchi dissonanti. Proseguiamo con la furia cieca di Diktat e i devastanti stop ‘n’ go di una Work to Rule che mostra segnali di influenze leggermente moderne nel riffing. L’intensità rimane invariata, per poi non parlare di quel macigno di On the Brick of Extinction che procede su tempi medi al fine di puntare maggiormente sulla pesantezza della chitarra. 
Giunti alla title track, possiamo notare forse il primo, vero esperimento in fase d’influenze e stile. Le voci a tratti si assestano su tonalità pulite, ma qui a giovarne è l’atmosfera, poiché non si tratta di una svolta accessibile, bensì di un approccio oscuro e violento. Life and Limb e Fallacy Dominion proseguono la strada imboccata in precedenza per quanto riguarda alcune linee vocali non propriamente death metal, mentre un leggero velo industrial le ammanta in più parti, soprattutto se consideriamo le sezioni di chitarra e l’andatura a sostenere una buona dose di groove. Downbeat Cliqueé è inizialmente abbastanza lenta, tuttavia quel riff sporco di thrash che Harris ci sbatte nelle orecchie, coincide con le partenze a base di blast beats.  
Passive Tense e Laurency of the Heart non non sono tracce eccezionali poiché mancano di mordente nelle strutture e il tutto risulta come un semplice lavoro di riempimento. Le influenze moderne e a tratti industrial ritornano con la successiva Procrastination of the Empty Vessel che prende a piene mani da lavori passati come Diatribes e Inside Torn Apart. Per fortuna Feeling Redundant e A No-side Argument marcano il ritorno di uno stile più naturale e diretto. La conclusiva De-evolution Ad Nauseum segue la classica associazione “canzone finale = massacro” e tutto ciò non fa altro che aumentare la soddisfazione per un disco che marca un gran ritorno di questa instancabile band.  

Time Waits for No Slaves è un platter coraggioso per le sue molteplici influenze, ma anche fottutamente legato ad un genere che ha sempre fatto parlare di sé per la sua impulsività. Uno speciale plauso va, infine, al lavoro svolto in fase di mixagggio e produzione per i suoni massicci che qui potrete trovare. In definitiva, ci troviamo di fronte all’ennesima conferma da parte di un gruppo che non ha voglia d’invecchiare e per noi va benissimo così.  
 

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