Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Essence Music
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Aidan Baker - chitarra, programming, voce
- Leah Buckareff - basso, chitarra

Tracklist: 

1. Part I (20:48)
2. Part II (19:30)

Nadja

Ruins of Morning

Un monolite dopo l'altro. Un'apnea che non conosce termine.
Aidam Baker e la sua creatura Nadja fanno per l'ennesima volta ritorno, senza squilli di tromba, senza esagerati preamboli, venendo lentamente fuori dalla propria tana sotterranea pronti ancora a stupire, commuovere, ipnotizzare.
Dal precedente Autopergamene è passato così poco tempo che un'altra release firmata dal progetto canadese sembrava irreale, umanamente impossibile; e invece riecco qui l'inquietudine più radicata, lo spleen agghiacciante e le atmosfere mistiche di Baker e Buckareff, sempre così mutanti, sempre così alieni e fuori dal mondo.
Il volto più assurdo e affascinante del drone sono ancora una volta loro e Ruins of Morning sta qui a testimoniarlo, ridando linfa vitale al progetto Nadja e riempendolo nuovamente con l'assurdo misticismo e la sperimentazione metafisica di sempre.  Apparentemente pacato, quasi 'costretto' in un'incorruttibile gabbia acustica, il nuovo full-lenght di Aidam Baker conserva al suo interno una solennità, un tratto ieratico ed una forza suggestiva mostruosa. Articolato semplicemente in due lunghissime suite, Ruins of Morning ci presenta i Nadja sotto una veste (quasi) del tutto nuova ma come sempre contraddistinta da uno spleen e da una potenza atmosferica senza paragoni.

Gradualmente e sempre seguendo una linea evolutiva costante pur nella sua irrazionalità di fondo, i Nadja rimodellano il proprio stile in maniera netta, allontanandosi man mano dalle vigorose stratificazioni drone/shoegaze originarie e asciugando l'intero impianto strumentale in modo tale da evocare un mondo psichedelico-noir di assoluto straniamento percettivo. Part I, prima metà dell'album, si dilunga così per ben venti minuti senza mai nemmeno sfiorare una distorsione, una chitarra lancinante, un'atmosfera esplosiva: le melodie sono gelide e sotterranee, i ritmi scarnificati e ridotti all'osso, le chitarre sembrano rimanere immobili in una stasi espressiva inquietante e oscura. Mai così ipnotici e stranamente 'pacati', i Nadja di Part I aprono un nuovo emisfero compositivo nella propria arte maligna, trascinando gli Earth di Hex: Or Printing In The Infernal Method in un sottomondo ben più inquieto e desolante. Niente mostri, niente visioni forzatamente spettrali: le fantasie di Baker non sono abitate da nessuno, nemmeno dai fantasmi.
Ma il ritualismo distorto dei Nadja è in agguato e non appena Part II prende il via, ecco riapparire i feedback strazianti e le grevi masse chitarristiche, trascinanti e vastissime seppur concentrate solo nei primi 8 minuti del brano: dopo la cavalcata drone iniziale, il secondo colosso di Ruins of Morning si abbandona ad un graduale diminuendo atmosferico che, secondo dopo secondo, toglie uno ad uno i pezzi dell'armatura dei Nadja, scarnificando i pattern strumentali fino a spegnersi in un quasi impercettibile finale ambientale.

Il tempo dei capolavori sarà pure lontano, strazianti gioielli come Touched (che entra di diritto tra le più affascinanti pietre miliari del nuovo drone) faranno pur parte di un periodo superato, fatto sta che Aidam Baker e la fedele seguace Leah Buckareff il loro infinito poema oscuro non l'hanno ancora finito di scrivere e anche questo capitolo, come tutti i precedenti (visto che non c'è un passo falso nella loro discografia), rappresenta un'esperienza emotiva allucinante, seppur non eccelsa.

 

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