Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Lion Music/Frontiers
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Hubi Meisel - voce
- Vivien Lalu - tastiera
- Marcel Coenen - chitarra
- Jorge Salán - chitarra
- Johan Niemann - basso
- Daniel Flores - batteria

Tracklist: 

1. Potala Palace (04:53)
2. Red Oracle (04:21)
3. Snow Lion (04:56)
4. Himalayan Sunset (05:19)
5. Shiva’s Dance (04:02)
6. Kailash - Jewel of Ice (05:25)
7. Wheel of Life (10:27)
8. Milarepa’s Cave of Miracles (04:40)
9. Merdeka (03:42)
10. The Great Prayer (Monlam Chenmo) (05:14)

Hubi Meisel

Kailash

L’ex cantante dei Dreamscape, il tedesco Hubi Meisel, giunge alla terza pubblicazione personale con questo Kailash, che segue di tre anni EmOcean e che si presenta come uno dei lavori più particolari ed inusuali del panorama Progressive del 2006.
L’opera si prospetta come un viaggio introspettivo sulle cime dell’Himalaya tibetano, attraverso la mitologia buddista ed induista, verso il sacro monte Kailash, dov’è custodito un segreto arcano e misterioso. Ad affiancare il cantante nelle dieci tracce che compongono l’album, intervengono personaggi abbastanza celebri nella scena Progressive europea, quali i chitarristi Marcel Coenen (Sun Caged) e Jorge Salàn (Mago de Oz), l’esperto batterista Daniel Flores (Mind’s Eye), il tastierista solista Vivien Lalu e il bassista Johan Niemann (Therion).

Ormai Hubi ha acquistato con il trascorrere del tempo e l’aumentare delle pubblicazioni, una certa sicurezza nel song-writing, che si manifesta in Kailash nei suoi vari elementi di Progressive disteso, affiancati alle ritmiche del Metal più melodico e piacevole.
Portala Palace apre il disco con i suoi temi di tastiere oscuri e dal sapore orientaleggiante: la voce di Hubi si presenta calma ed espressiva, non si scompone per tutta la lunghezza dell’opera e non assume mai toni aggressivi. I ritmi delle chitarre sono perfettamente supportati dal lavoro di Lalu alle tastiere, che costituisce il punto di forza dello stile di composizione del singer tedesco; non mancano certamente degli assoli di chitarra tecnici e ben preparati, ma la tastiera conferisce quell’aspetto di differenza da tutte le altre uscite Progressive dell’ultimo periodo, facendo avvicinare la musica proposta dal sestetto al genere degli Shadow Gallery.
Un alone tenebroso soffia attraverso le tracce, a partire da Red Oracle, dal sapore Symphony X nell’approccio delle tastiere onnipresenti e mai scontate e nel feeling dell’opera, a cavallo tra un V dei sopra citati Symphony X e un Celestial Entrance dei norvegesi Pagan’s Mind.
Così i pezzi scorrono via piacevolmente, nelle splendide aperture melodiche che si alternano alle zone più cupe e sommesse: ne è un esempio Snow Lion, che fatica a trovare una partenza convincente, ma che è carica di suoni elettronici gradevoli e ricca di buone idee.
In alcuni passaggi Kailash appare disomogeneo nella struttura e leggermente pesante all’ascolto, ma capitoli come Himalayan Sunset sapranno convincere gli ascoltatori, sebbene la voce di Hubi non offra una grande varietà di colori.

Spesso infatti le canzoni faticano ad uscire dal bozzolo di ombra che le circonda, nonostante il sound sperimentato da Meisel e compagni sia alquanto innovativo per la sua connessione con la tradizione musicale delle aree orientali esplorate nel concept. I chiaroscuri si alternano efficacemente ma, diventando troppo estesi, non si riesce a sviluppare un tema conduttore che lega Kailash: troppo statico e monotono con il trascorrere dei minuti, il disco rischia di annoiare il pubblico Progressive, forse anche per la gamma di idee troppo vasta presentata al suo interno.
In definitiva, il terzo episodio discografico di Hubi Meisel potrà piacere agli amanti delle sonorità sì sperimentali, ma connesse ad influenze etniche e parecchio riflessive: un album di meditazione, che si colloca a metà tra la tecnica delle sezioni più aggressive e l’eleganza di quelle più spalmate, ma che non rappresenta motivo di coinvolgimento estremo da parte degli ascoltatori.
 

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