Voto: 
4.0 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Interscope
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Marilyn Manson - voce, percussioni, testi, produzione
- Tim Sköld - chitarre, basso, tastiere, programming, produzione

Tracklist: 

1. If I Was Your Vampire (05:56)
2. Putting Holes In Happiness (04:31)
3. The Red Carpet Grave (04:05)
4. They Said That Hell's Not Hot (04:17)
5. Just A Car Crash Away (04:55)
6. Heart-Shaped Glasses (When the Heart Guides the Hand) (05:05)
7. Evidence (05:19)
8. Are You The Rabbit? (04:14)
9. Mutilation Is The Most Sincere Form Of Flattery (03:52)
10. You And Me And The Devil Makes 3 (04:24)
11. Eat Me, Drink Me (05:40)

Marilyn Manson

Eat Me, Drink Me

Marilyn Manson e la sua band (ormai in realtà decimata) tornano alla ribalta con il loro sesto full-length Eat Me, Drink Me.

Il disco non ha più nemmeno l'impatto (a livello di riffing) o la ferocia (a livello di drumming) dei migliori pezzi del già becero The Golden Age Of Grotesque (l'album con cui Manson aveva gettato una degna carriera di shock-rocker realmente inquietante alle ortiche, diventando un semplice entertainer techno-rock come tanti), e gli album precedenti sono ormai fantascienza.
Su Eat Me, Drink Me Manson, dal mood delle tracce, sembra addirittura convinto di essere approdato ad un territorio di autorialità al termine di un percorso di maturazione, e invece non c'è nulla di salvabile su un lavoro che insiste pesantemente nel proporre, una dopo l'altra, una serie di tracce totalmente prive di ispirazione.

La forma è quasi sempre quella della ballata distorta, ma senza mai raggiungere la freschezza delle ballad distorte di, ad esempio, Mechanical Animals.
Sin dall'opener If I Was Your Vampire (tra l'altro uno dei pochi episodi ascoltabili del disco) le coordinate sono quelle di una forma-canzone decadente, un po' cupa, un po' noise (solo per via dei synth, comunque sempre minimizzati), ed ancorata ad un hard-rock anni '80 che non riesce ad accoppiarsi quasi per nulla allo stile vocale di Manson.
L'occhio di riguardo al gothic-rock, al glam-rock e ad Alice Cooper c'è sempre stato, nella carriera di Marilyn, ma arrivare ad annullare tutta l'evoluzione compiuta negli anni (e nei campi shock-rock e industrial-rock, in passato, Manson e soci hanno davvero detto qualcosa) per fare enormi passi indietro, andando a plagiare un rock vecchio di vent'anni, è quanto meno un'operazione senza senso. Se poi si aggiunge che al lavoro manca una qualsiasi urgenza di dire qualcosa, vista la piattezza e vacuità dei pezzi, e che l'elemento migliore di tutto il disco sono le parti di chitarra (di Tim Sköld, il quale quasi in ogni pezzo inserisce un più o meno riuscito assolo glam-rock), ci sono davvero dei validi motivi per evitare di ascoltarlo.
Il punto più basso forse si raggiunge con tracce come Heart-Shaped Glasses e Just a Car Crash Away, patetiche ballate (ma in effetti l'intero disco è una patetica ballata) in cui Manson interpreta il ruolo del cantautore romantico-decadente dalla voce spezzata (il chorus di Heart-Shaped Glasses recita testualmente: "Don't break, don't break my heart, and I won't break your heart shaped glasses. Little girl, little girl you should close your eyes, that blue is getting me high" - no comment).
Qualche boccata di ossigeno ci arriva con le distorsioni di Are You the Rabbit? e il baccanale percussivo di You and Me and the Devil Makes 3, ma sono solo idee discrete che fanno da base ad un Manson noioso e sottotono, lontano anni luce dai fasti del passato. Anzi, quando (raramente) chitarra e batteria entrano in territori più consapevoli e aggressivi, lo fanno in modo impacciato, quasi a non voler traumatizzare Marilyn (che ci canta sopra come se stesse seguendo una terapia di riabilitazione). Il risultato è estenuante, perché gli stessi musicisti sembrano annoiati da quello che stanno facendo.

Ma cos'è successo all'ex "Antichrist Superstar"? C'entra in qualche modo la sua ultima relazione con l'attrice Evan Rachel Wood (tra l'altro lei 19 anni e lui 38)? Plausibile. Ma è molto più probabile che il "Reverendo" si sia definitivamente perso, imboccando il tipico sentiero egocentrico e auto-indulgente degli ex artisti "maledetti" a cui gli abusi del passato presentano il conto da pagare. Il paragone con Axl Rose è facile.
E non c'è da sorprendersi che Manson abbia registrato l'album con il solo apporto di Tim Sköld, che regge la baracca quasi interamente da solo (chitarre, basso e tastiere) ma non riesce a tirare fuori nulla di buono a livello compositivo (oltre ad assecondare tutti i deliri del vocalist).
Il buon Twiggy Ramirez, nell'ormai lontano 2002, ci aveva già visto giusto.

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