Voto: 
7.1 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Grau Records/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Roibéard Ó Bogail - voce, pianoforte, zufolo
- Gerry Clince - chitarra
- Anthony Lindsay - chitarra
- Dave Murphy - basso
- Shane Cahill - batteria

Tracklist: 

1. Atlas Of Sorrow (10:37)
2. Godless Commune Of Sodom (06:01)
3. A Window of Madness (05:50)
4. Curse Of The Bard (04:47)
5. The Struggle Eternal (07:22)
6. Gealtacht Mael Mordha (05:23)
7. Minions Of Manannan (04:32)

Mael Mórdha

Gealtacht Mael Mórdha

L’Irlanda dagli anni Novanta ha visto svilupparsi una scena Folk alquanto varia, che spazia dalle diverse pubblicazioni dei Cruachan a quelle dei più oscuri Primordial. I Mael Mórdha, giunti alla seconda release Gealtacht Mael Mórdha, ed approdati alla tedesca Grau Records, propongono un interessante ed originale connubio tra Folk gaelico e Doom, carico di componenti mitologiche nordiche, introdotte già dalla copertina del full-lenght.
La lunga Atlas Of Sorrow apre il disco con la sua melodia Folk, creata dall’intervento di fiati e tastiere, ma l’approccio pesante del Doom si sente nell’incedere lento e marcato delle chitarre, come dimostra la successiva Godless Commune Of Sodom. Le influenze tipiche di altri acts del genere quali My Dying Bride si fanno più evidenti perché la canzone ripercorre i canoni del Doom, senza disdegnare cambi di tempo dove emerge una componente strumentale Death efficace e convincente.
La voce di Roibéard Ó Bogail non è completamente matura, come testimoniano gli interventi a volte trascurati su A Window Of Madness, che musicalmente si affida ad un ritmo più sostenuto e ad una differente incisività.

La registrazione non è certamente ottima, poiché non permette alle tastiere di uscire in primo piano, rimanendo così confuse sotto un muro di suono; validi invece i costanti arpeggi di chitarra clean, che conferiscono un tocco di varietà e di personalità alla composizione.
Il punto di forza degli irlandesi è appunto quello di presentare un genere innovativo e non legato al sound sviluppato da altre bands: difficile infatti paragonare i Mael Mórdha ad altre formazioni della scena internazionale poiché gli elementi innovativi sono numerosi e tutti connessi al contesto folcloristico sviluppato. Gli intervalli atmosferici di capitoli come The Struggle Eternal sono piccole perle contenute in brani elaborati ma spesso apparentemente incompleti: da sottolineare comunque l’eccellente lavoro svolto alla batteria da Shane Cahill, roboante nelle sue sferzate in doppia cassa.

Pertanto si deve considerare come positivo questo secondo episodio discografico del quintetto irlandese che, attivo ormai dal 1998, sta emergendo tra le realtà underground del proprio panorama nazionale, soprattutto dopo l’uscita dello split insieme agli immensi Primordial, padroni indiscussi della scena dell’isola nordica.
Si consiglia il disco a tutti gli amanti delle sonorità particolari, non vincolate alla dimensione di un unico stile ed intrise di un tratto pagano che si esprime attraverso le innumerevoli rivisitazioni folcloristiche.

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