Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
RepoRecords/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Tank Palamara - chitarra
- Francesca Chiara - voce
- Iakk - batteria
- Simon Dredo - basso


Tracklist: 

1. Vampires (The Light That We Are)
2. Nobody
3. Little Suicide
4. Can You Hear Me?
5. Fading Roses
6. My Soul
7. Runaway
8. The Angel And The Rain
9. The Chauffeur
10. Dark City

Love Crave, The

The Angel And The Rain

Metà veneziani, metà milanesi. Ecco la provenienza, tutta italiana in ogni caso, dei quattro componenti dei The Love Crave. La band è stata fondata su iniziativa del chitarrista e produttore Tank Palamara, che, come recita la biografia sul sito ufficiale del gruppo, dopo dieci anni di esperienze nella scena underground ha pensato bene di dare un giro di vite alla sua storia e fondare così i The Love Crave.
E’ opportuno chiarire subito che i la band in questione non rappresenta la novità dell’anno. Non musicalmente parlando almeno. Il loro sound è un misto tra H.I.M. e vari acts gothic rock/metal europei, vedi After Forever e Sentenced, e d’oltreoceano, dove sono pesantemente presenti band come gli Evanescence di Amy Lee. Dunque l’attitudine è assai ruffiana, e si basa su un sound già collaudato e decisamente sulla cresta dell’onda in questo periodo, il che rende l’esperimento sicuramente sospetto.
Ma bisogna dire che, fin dal primo ascolto, questo The Angel And The Rain risulta un prodotto di tutto rispetto: quella pioggia iniziale, quei passaggi di elettronica all’inizio, sorretti da un leggero pianoforte, poi da un giro di basso, della opener Vampires (The Light That We Are) catturano immediatamente l’attenzione, e il riff ovattato tipico delle chitarre delle band prima citate si inserisce con convinzione a spezzare il sottile strato di vetro prima creato.
La voce della cantante, Francesca Chiara, è anch’essa una strana sorpresa. Lungi dal potersi definire eterea e soave, l’ugola di questa ragazza ha un timbro inconfondibile da contralto, e il suo stile di cantato, eseguito molto “di gola”- caratteristica accentuata sui passaggi più pesanti - è sicuramente motivo di originalità, e altrettanto sicuramente sarà capace di dividere gli ascoltatori nelle classiche due fazioni inconciliabili: “orrenda voce”e “particolare e geniale”.

Ad ogni modo, proseguendo con l’ascolto dell’album, i nostri, non senza una certa dose di malizia, sfornano tre brani di grandissimo impatto, in perfetto stile H.I.M., che si fanno apprezzare al primo ascolto per il trasporto e il pathos che sanno trasmettere. Parliamo di Nobody, Little Suicide, e la più lenta e malinconica Can You Hear Me? che non sfigurerebbero affatto in qualunque club dark, assieme alla folgorante opener. In particolare Little Suicide ha un incedere rock passionale che pare mutuato direttamente dai Sentenced più ispirati degli ultimi lavori.
Can You Hear Me? invece, rappresenta l’altra faccia della band nostrana, fatta di ballate malinconicamente tenui, dove più si sente l’influenza di Evanescence ed affini, fatta di accordi di pianoforte, e di atmosfere soffuse e pensose, con sovrapposizione di chitarre ed elettronica che arricchiscono il brano e lo guidano su un percorso in salita. Notevoli qui, come in tutto l’album, gli arrangiamenti e le parti elettroniche che vanno ad arricchire la semplice struttura dei brani, che sono manifestamente frutto di grandissima cura al mixer.
E poi ancora, a seguire, altri pezzi lenti (Fading Roses), in realtà non memorabili: è chiaro che, almeno per il momento, i The Love Crave danno il meglio con pezzi più mossi, come la brillante title track, The Angel And The Rain.

Come già detto, l’elettronica assume una parte rilevantissima nell’ossatura della maggior parte dei pezzi, e tutto il platter si muove su strade di città e sottofondi che l’elettronica rende urbani e densi di luce al non, e leggendo la biografia sul sito dei The Love Crave si intende che proprio a questo tipo di sound si mirava, come anche i testi scritti dalla cantante.
Non mancano comunque sprazzi di originalità, come la bizzarra The Chauffeur, che rappresenta un bizzarro incrocio tra dark-wave e alternative rock, con picchi di liricità più pacata e leggera, che ben fanno sperare per il futuro, nel caso venissero integrati al processo compositivo generale.
A prescindere dunque dalle pecche dell’emulazione, che del resto affliggono buona parte delle realtà nostrane e non, e non sono per forza una discriminante per fare buona musica, questo dei The Love Crave è un debutto che, soprattutto con pezzi davvero validi come il terzetto iniziale, fa sperare in un futuro di soluzioni più personali e po’ meno contaminate; un buon primo passo per superare la linea che divide i gruppi derivati da quelli con una propria personalità. Intanto meritano di essere tenuti d’occhio.

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