Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Polygram Italia
Anno: 
1977
Line-Up: 

- Giorgio Gardino - batteria, vibraphone
- Luciano Boero - basso, Hammond
- Ezio Vevy - 12-string, chitarra acustica ed elettrica, voce, flauto
- Alberto Gaviglio - 12-string, chitarra acustica ed elettrica, voce
- Michele Conta - pianoforte, Moog, clavinet, synths
- Oscar Mazzoglio - Hammond, pianoforte, Moog, synths
- Leonardo Sasso - voce

Tracklist: 

1. A volte un istante di quiete (06:31)
2. Forse le lucciole non si amano più (09:48)
3. Profumo di colla bianca (08:25)
4. Cercando un nuovo confine (06:41)
5. Sogno di Estunno (04:41)
6. Non chiudere a chiave le stelle (03:34)
7. Vendesi saggezza (09:37)
8. New York (04:35)

Locanda delle Fate

Forse Le Lucciole Non Si Amano Più

I Locanda delle Fate debuttano nel 1977 proprio con questo Forse Le Lucciole Non Si Amano Più, album che ben presto diverrà un masterpiece del Progressive Rock Sinfonico “made in Italy”: lo stile è perciò simile a quello di celebri bands italiane che hanno lasciato segni evidenti nel panorama rock degli anni ’70, come Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso e Le Orme, ma l’utilizzo di una strumentazione più ampia rende l’intera opera varia ed efficace, con melodie delicate prodotte sia dalla voce espressiva di Leonardo Sasso sia dalle complesse e coinvolgenti tastiere.
Sfortunatamente il gruppo, dalla pubblicazione di questo primo disco, rimase sempre nel panorama Prog underground, senza ricevere grandi meriti dal pubblico internazionale, poiché iniziò la propria carriera quando questo genere musicale cominciò il suo inesorabile declino in Italia.

Il disco si compone di otto splendide tracce, impreziosite dalla perfetta registrazione, che spaziano da sonorità jazz ad estese parti strumentali, dove compaiono organi, flauti, e percussioni curate nei minimi dettagli. Vera accompagnatrice di tutta l’opera è sicuramente la voce di Leonardo, d’impostazione simile a Ian Anderson, che conferisce grande calore e tenera dolcezza in ogni passaggio, avvolgendo l’ascoltatore in un vortice di puro sentimento.
Rilassante ed elegante è già la strumentale A Volte Un Istante Di Quiete, costruita attraverso le chitarre esibizioniste, le tastiere graziose, gli organi coprenti, simile come conformazione alla seguente omonima Forse Le Lucciole Non Si Amano Più. E’ questa una delle migliori composizioni del genere e le emozioni si susseguono più si è trascinati dagli eccezionali temi di tastiera e di flauto e dalle percussioni precise ed adeguate al contesto della canzone.
Le parole di ogni brano sono ricercate e toccanti, colpiscono con la loro efficacia e complessità di comprensione; a partire dal secondo pezzo, l’album cambia totalmente registro, abbandonandosi ad una tranquillità melodica diversa da quella esibita precedentemente con la tecnica da ogni strumento. L’atmosfera diventa sognante, abbellita dal susseguirsi di cori e dall’impiego delle chitarre acustiche, come in Profumo Di Colla Bianca e nella commuovente Cercando Un Nuovo Confine, dove le voci raggiungono livelli elevatissimi.

I flauti e gli organi ricompaiono in primo piano nella quinta traccia, Sogno D’Estunno, un’altra di queste ballate armoniose, delle quali Non Chiudere A Chiave Le Stelle costituisce il capitolo più breve, malinconico e riflessivo del lavoro; lunga e ottima nella sua semplicità è Vendesi Saggezza, dai toni più cupi e misteriosi, che però mantiene sia la sua sonorità sinfonica, sia la carica emotiva che contraddistingue ogni canzone dei Locanda delle Fate. I passaggi progressivi contorti della parte centrale sono magnifici ponti modulanti di collegamento, che riprendono il tema dell’intro strumentale.
Altrettanto appassionante è New York, dove l’ascoltatore si immedesima sia nel coro del ritornello veramente sentito, sia della straziante chitarra che si abbandona ad un assolo continuo, trasportandoci all’ultima Nove Lune, veloce e ritmata da buoni riffs di batteria e di sassofono, chiudendo in bellezza uno dei capolavori indiscussi ma sconosciuti di una band nostrana realmente valida ed ignorata dai più.
Probabilmente la causa di questa poca popolarità è dovuta allo scarso numero di pubblicazioni, due dopo Forse Le Lucciole Non Si Amano Più: un live del 1977 in cui è riproposta quasi tutta la tracklist del debut album e l’ultimo full-lenght, Homo Hominis Lupus (1999), sicuramente non all’altezza della perfezione sonora del precedente.

Quindi il disco è consigliato per gli amanti della grande musica nazionale degli anni ’70, una musica non considerata per troppo tempo, una musica che a distanza di quasi trent’anni sa ancora emozionarci e divertirci, una musica che credo non tramonterà mai nei cuori di coloro che hanno visto nascere, evolversi e morire prematuramente un genere innovativo e fondamentale per la storia del rock.

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