Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Warner Bros.
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Chester Bennington - voce
- Mike Shinoda - voce, MC, tastiere, chitarra ritmica, co-produttore
- Brad Delson - chitarra principale
- Dave "Phoenix" Farrell - basso
- Rob Bourdon - batteria
- Joseph Hahn - giradischi/turntable, sampling, programmazione

Tracklist: 

1. Wake
2. Given up
3. Leave out All the Rest
4. Bleed It out
5. Shadow of the Day
6. What I've Done
7. Hands Held High
8. No More Sorrow
9. Valentine's Day
10. In Between
11. In Pieces
12. The Little Things Give You Away

Linkin Park

Minutes to Midnight

Avevano annunciato che sarebbe stato un album molto più alternativo e psichedelico, a tratti quasi progressivo. Sembra arduo a credersi, e in effetti troverete ben poco di questi elementi nel nuovo album dei Linkin Park, che è anzi, al contrario, un dischetto molto semplice musicalmente parlando, un platter banalotto e orecchiabile che strizza ancora di molto l'occhio al mainstream, solo una cosa è certa: sono cambiati per davvero. Ricordiamo la band americana per l'esordio Hybrid Theory (un nu metal stemperato in favore della melodia diretta e contaminato da rap, pop e piccoli spruzzi emotivi, con spunti interessanti ma una certa piattezza e mancanza di innovatività e classe nei confronti dei loro maestri Korn, Deftones, Papa Roach e altri) e il successivo Meteora (una pallida fotocopia del precedente), un album di remix abbastanza superfluo, una collaborazione con artisti hip hop anch'essa senza alcun particolare significato ed un disco live inutile.

Ora dopo ben quattro anni li ritroviamo in una veste apparentemente nuova, accompagnati da una frase molto significativa rilasciata da Mike Shinoda sul sito ufficiale: "se vi aspettate un Hybrid Theory parte 3 ci spiace, avrete da comprarne un'altra copia o da cercare qualche altro gruppo che stia cercando di suonare quello stile, perché non lo faremo per voi". Lodevolissimo. Però, nonostante gli intenti, l'album tende a navigare su sonorità altamente accessibili e ripetitive, finendo per apparire ugualmente blando e scontato (sfruttando anche il trend emo che ha influenzato qualche aspetto del disco). In ogni caso, da notare è soprattutto l'argomento della dichiarazione, poiché un commento del genere ha fatto arrabbiare non poco i fan del gruppo, che si sono sentiti quasi come traditi e offesi per questa "impudenza"; molti hanno parlato pure di arroganza e strafottenza, nel sentirsi dire "ricompratelo" o "cercate un gruppo che suoni uguale".

Così, nonostante lo scetticismo generale (sia dei vecchi fan che di chi li considera "dannati" a prescindere da qualunque cosa facciano), con la volontà reale di fare qualcosa di diverso nasce Minutes to Midnight, che appare come l'album più emblematico dei Linkin. Meno chitarroni sincopati, Shinoda che rappa in soli due brani, un approccio più calmo e meditato, una forte, fortissima componente pop come anima dell'album, macchiato anche da un'espansa impronta emotional; al punto che forse la prima critica che si può fare è la mancanza d'impatto, piano su cui Hybrid Theory si mostra migliore. Ma questo è un aspetto secondario. I lati negativi dell'album sono, come già detto, il permanere su sonorità scontate, che rendono il disco a tatti monotono, oscillante fra un pop dozzinale e il tentare di proporre qualcosa di differente per cercare di rimediare grossolanamente al tutto (addirittura un brano simil-doom/pop-rock); tuttavia si ha l'impressione che questo tentativo venga attenuato per paura di "osare troppo", per paura di uscire dai binari e schiantarsi violentemente, forse per mancanza di idee troppo distanti dalle coordinate generali dell'album, forse per mancanza delle capacità necessarie per concretizzarle.
Per questo alla fine è un album davvero molto poco coraggioso. Sicuramente avrete già visto il voto finale e constatato che tutto sommato non è così basso. Penserete: "se ne parli come un mediocre riciclo di sonorità trite e ritrite mi aspettavo MOLTO di meno come voto finale". Beh, sì, è vero, in termini assoluti non è un gran disco, e probabilmente merita di meno, però dopo un auto-clone come Meteora fa piacere la volontà di fare un disco diverso, volontà che (relativamente) consideriamo, sperando anche che per i Linkin Park questo capitolo della loro carriera offra loro l'occasione giusta per migliorare in futuro. La cosa buona infatti è che, nonostante rimanga un album fortemente derivativo, non si tratta di una copia di Meteora e Hybrid, mossa che avrebbe decretato la definitiva morte del gruppo con la sua stessa auto-implosione. Certamente, se già li disprezzavate prima e poco vi importa di questi discorsi, Minutes to Midnight vi farà abbastanza schifo. Potete benissimo chiudere la recensione a questo punto, quindi, perché ad ignorare il disco non vi perdete alcunché.

Dopo la relativamente lunga intro, Wake, l'album vero e proprio parte con la grinta di Given up, prima potenziale hit dai tratti punk/pop, breve e intensa anche se non particolarmente esaltante. Subito una ballata, Leave out All the Rest, che a dire il vero annoia con il suo permanere su sonorità davvero strafritte. Non se ne sarebbe sentita la mancanza. Nettamente più divertente la breve Bleed It out, a tutti gli effetti una canzoncina quasi da festicciola tranquilla e con un chorus incalzante, mentre la seconda ballata dal sentore britannico Shadow of the Day, se si eccettua il fatto che ricalchi With or Without You degli U2, emerge come più interessante grazie anche ad alcuni piccoli effetti di sottofondo rubacchiati ma ben inseriti. E le ballate continuano anche virando su direzioni più rockeggianti: What I've Done, Hands Held High (forse la più gradevole ed interessante eccetto il testo esageratamente buonista), Valentine's Day. Tutte abbastanza orecchiabili, tutte molto emotive, tutte che sanno terribilmente di già sentito, soprattutto da una certa tradizione melodica inglese. I Linkin Park sembrano come avere avuto le giuste intuizioni su cosa ricercare per attingervi, ma difettano di capacità reinterpretativa, riciclano quanto già detto centinaia di volte da dozzine di gruppi. Può darsi che sia intenzionale, per venire incontro ad un certo tipo di pubblico, oppure può darsi che tentino di realizzare qualcosa di personale ma senza la passione, l'ispirazione e l'estro per poter concretizzare i loro sforzi. Ad incuriosire è invece No More Sorrow, pezzo inizialmente pop-rock-emo ma che ad un certo punto si trasforma per un breve periodo nei riff praticamente un doom quasi alla Black Sabbath rivisitato in chiave moderna, reinterpretato con linee vocali più apertamente pop e giri di note più emotivi. Di per sè non è nulla che faccia gridare al miracolo, ma nel contesto dell'album spicca fra le varie ballads, e per questo incuriosisce. In Between pur essendo piacevole sembra un intermezzo realizzato più come riempitivo, dato che da l'impressione di dover decollare da un momento all'altro... senza però farlo. Interessante comunque che Shinoda canti per la prima volta senza rappare. In Pieces è una canzone atmosferica e gradevole, in cui spicca soprattutto l'assolo piccolo ma divertente. Non è però nulla di più di una semplice traccia per passare il tempo. La chiusura viene affidata, manco a dirlo, ad una ballata di durata medio/lunga, The Little Things Give You Away, che nel suo tentativo di emulare certo pop/rock alternativo (con tanto di vocals che fanno eco al Thom Yorke di altri tempi) risulta uno dei brani meglio realizzati, anche se non esattamente uno dei più originali.

Alcune canzoni sono discrete, altre scialbe, in certi momenti l'album è ripetitivo e melenso, in altri cambia registro diventando più interessante ma con molti nei; permane la sensazione di plasticosità nella produzione, e i testi si rivelano banali e sempre più edulcorati. La sensazione che la "crescita" dei Linkin Park sia rimasta interrotta è forte. Manca di molto, ma al tempo stesso Minutes to Midnight è un passo in avanti per i Linkin Park, poiché li slega dai loro esordi, ponendo degli interrogativi sul loro futuro. A cosa porterà questo sentiero è difficile a dirsi, a meno che non intendano stabilirsi su queste linee musicali (scelta che li porterebbe direttamente nell'oblio). Usarlo come punto di partenza per proporre qualcosa di migliore può invece essere una mossa azzeccata, sperando che la storia non si ripeta.

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