Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Autoproduzione/Hardebaran
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Martin Goulding - chitarra
- Charlie Griffiths - chitarra
- Steve Woodcock - basso
- Nick Lowczowski - batteria
- Jos Geron - voce


Tracklist: 


1. Reversal
2. Father Pyramid
3. Ceremony Master
4. Division Man
5. Life of Gear
6. Marketing
7. From Space to Time

Linear Sphere

Reality Dysfunction

I Linear Sphere sono una nuova formazione del panorama Progressive inglese che debutta nel 2005 con Reality Dysfunction, lavoro che appare ambizioso nella proposta musicale che trascina con sé: il quintetto londinese sforna un album che lega Fusion, Progressive Metal e una leggera dose di Death Metal, presente in buona parte nelle linee vocali sporche o in alcuni repentini e caotici riff di chitarra distorta.

L’inizio è affidato a Reversal, elettronica ed ambigua nell’approccio, tecnica e ricercata nelle sonorità sperimentali, che si collocano a cavallo tra gli Arcturus dell’ultimo Sideshow Symphonies e le parti distese di gruppi Progressive europei, Pain of Salvation su tutti. La struttura della lunga canzone è alquanto confusionaria, ma emergono delle idee interessanti, soprattutto nelle risposte impetuose delle chitarre; anche la seconda Father Pyramid rimane connessa al sound elettronico, ricco di voci campionate (molto di moda nel Progressive dell’ultimo decennio) e di uno scream/growl non maturo nell’impostazione, ma sicuramente d’effetto.
Continuando l’ascolto del disco, si percepisce un feeling pesante ed oscuro, che non facilita l’attenzione del pubblico in numerose sezioni ripetitive e prive di mordente.
Non manca originalità, ma le tracce si presentano troppo uguali l’una all’altra, spaziali e sperimentali, in pieno stile Arcturus: solo Life of Gear, quinta canzone, si distingue per le sue melodie acustiche di Opethiana reminescenza, sicuramente più spontanee e cariche di emozioni rispetto al miscuglio sonoro mostrato negli altri capitoli di Reality Dysfunction.
Si ritorna nel disordine strutturale con Marketing, un episodio Progressive cupo e più spinto che alterna ai riff Metal altri tipicamente Fusion, alternanza che non è certo facilitata da una registrazione imperfetta e, a tratti, deludente.

Dal punto di vista strutturale, la suite finale, From Space to Time, si inserisce nella sfera compositiva dei Dream Theater, non aggiungendo nulla di nuovo a ciò che è stato prodotto dal 1989 fino ad oggi: buoni gli stacchi acustici, dove non prevale l’impetuosità delle sezioni ritmiche, ma i Linear Sphere, oltre a puntare su un mixaggio più professionale, avrebbero dovuto realizzare un song-writing diretto e, al tempo stesso, non pesante da ascoltare.
Essendo alla prima pubblicazione, il margine di miglioramento si verificherà certamente, perché le doti tecniche lo permettono e i cinque inglesi saranno capaci di acquisire delle caratteristiche che rendano il loro sound unico e competitivo. Da rivedere completamente solo le voci, veramente il punto debole di un debutto insipido e non consigliato, se non agli amanti del Progressive estremo, ancora legati alle magie del Fusion/Jazz.

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