Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Interscope Records
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Fred Durst - voce
- Sam Rivers - basso
- John Otto - batteria
- Wes Borland - chitarra
- DJ Lethal - DJ

Guests:
- Scott Borland - tastiera


 

Tracklist: 

1. Intro (00:48)
2. Pollution (03:52)
3. Counterfeit (05:08)
4. Stuck (05:25)
5. Nobody Loves Me (04:28)
6. Sour (03:33)
7. Stalemate (06:14)
8. Clunk (04:03)
9. Faith (03:52)
10. Stink Finger (03:03)
11. Indigo Flow (02:23)
12. Leech (02:11)
13. Everything (16:26)

Limp Bizkit

Three Dollar Bill, Yall$

Originari di Jacksonville, città della Florida vicina al milione di abitanti, i Limp Bizkit riescono a farsi notare dal pubblico (nonché dai Korn, che li presentano a Ross Robinson) grazie soprattutto all'intraprendenza del vocalist Durst ed ai riff chitarristici geniali di Wes Borland.
In breve firmano con la piccola Flip, che si appoggia alla Interscope per dare alle stampe il loro debutto Three Dollar Bill, Yall$, prodotto da quel Ross Robinson che proprio in quegli anni stava "creando" la scena nu-metal, producendo le band più violentemente alternative.
Quindi Three Dollar Bill, Yall$ viene catalogato come uno dei primi e più seminali dischi nu-metal, ma in realtà si può dire che sia un album di crossover-rock. I Limp Bizkit scrivono difatti non solo forse l'ultimo album definibile "crossover-rock" prima dell'esplosione del termine "nu-metal", ma anche l'album di crossover urbano più violento e folle che sia mai stato registrato sino a quel momento, superando in efferatezza perfino Biohazard e Rage Against the Machine.

Il sound della band è un mix di hip-hop, funk, metal e hardcore, grezzo e sparato in faccia all'ascoltatore come una revolverata.
Il gruppo è formato da: Fred Durst, vocalist che spazia da furiosi e veloci rap a graffianti urla e anche ad invenzioni melodiche; Sam Rivers, bassista che coniuga alla perfezione il sound funk al sound hard-rock; John Otto, giovanissimo batterista di impostazione jazz; DJ Lethal, appena entrato nel gruppo dopo lo scioglimento della sua band principale (gli House of Pain), nonché già collaboratore in vari progetti alternativi (tra cui una comparsata in Roots, il capolavoro dei Sepultura); ed infine il geniale Wes Borland, chitarrista dal legame profondo e di tipo esplorativo con il proprio strumento.
Questa micidiale combo mette a segno una serie di tracce che incarnano tutto lo spirito ribelle, anarchico, irriverente, angosciato, e soprattutto arrabbiato a morte dei ragazzi bianchi delle metropoli; insomma, un aggiornamento del sound dei Biohazard, ma più caotico, più fuori controllo, meno punk e più hip-hop.

Intro è la registrazione del sermone di un predicatore religioso, che viene smontato dalle immediatamente seguenti esplosioni di violenza: la furibonda Pollution (indimenticabile il riff chitarristico portante, così come Durst che al termine della traccia inveisce contro se stesso), il crescendo di Counterfeit (che al termine esplode con uno dei riff più potenti e micidiali mai scritti da Borland), l'acida e tragica Stuck (in cui Durst sfoga la propria rabbia e frustrazione, citando anche i Suicidal Tendecies: "All I wanted was a Pepsi, just one Pepsi, far from suicidal, still I get them tendencies"), lo psicodramma Nobody Loves Me (uno dei vertici del disco, contaminato tanto dall'hard-rock quanto dall'industrial-rock e dalle alienazioni mentali dei Korn), l'amarissima Sour (che parla di una relazione sentimentale finita a rotoli), le rime corrosive di Stalemate, il furore di Clunk (spezzata a metà da un basso trascinato sui campionamenti di Lethal che riassume in pochi secondi un intero immaginario urbano infernale), la punkettara Faith (impensabile ma riuscita cover dell'omonimo successo di George Michael), la straziata Stink Finger, il piccolo sabba di Indigo Flow (un ringraziamento di Fred a tutti coloro che gli sono stati vicini, che da soffuso esplode al lacerante grido "I love you!"), la pazzia anarchica mista a furore cieco di Leech (in cui Durst letteralmente vomita sul microfono).
L'album si chiude con la lunghissima (16 minuti) Everything, che abbandona la violenza in favore di un'agonizzante psicosi.

Ospite alle tastiere su tre tracce Scott Borland, fratello del chitarrista Wes.
 

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