Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Century Media Records
Anno: 
2001
Line-Up: 

:
Cristina Scabbia – Voce femminile
Andrea Ferro – Voce maschile
Marco Coti Zelati – Basso
Marco Emanuele Biazzi – Chitarra
Cristiano Migliore – Chitarra
Cristiano Mozzati – Batteria

Tracklist: 

:
1. Heir of a Dying Day – 4:59
2. To Live Is to Hide – 4:34
3. Purify – 4:36
4. Senzafine – 3:53
5. When a Dead Man Walks – 5:54
6. 1.19 – 4:58
7. Cold Heritage – 5:23
8. Distant Sun – 5:29
9. A Current Obsession – 5:20
10. Wave of Anguish – 4:40

Lacuna Coil

Unleashed Memories

Unleashed Memories rappresenta la prima release firmata Lacuna Coil con la loro lineup definitiva: nel 2000, infatti, la band milanese incorpora tra i suoi effettivi il chitarrista Marco Emanuele Biazzi, il quale partecipa immediatamente alle registrazioni del secondo EP ufficiale della band (dopo Lacuna Coil del 1997) ovvero Halflife, anteprima proprio del loro secondo full length ufficiale. Quest’ultimo lavoro apre ai Lacuna Coil le porte del continente americano, dopo che grazie all’album precedente (il debut In A Reverie, 1999) e ad alcune eccellenti performance live (su tutte, il Wacken Open Air ed il Gods Of Metal) la formazione lombarda già si era costruita un buon seguito di fan: è per promuovere Unleashed Memories, infatti, che i Lacuna Coil, forti del solido sostegno discografico della lungimirante Century Media, invadono il mercato nordamericano, esibendosi negli Stati Uniti, in Canada e persino in Messico, diventando in breve tempo la metal band tricolore più conosciuta e apprezzata (sia in termini di vendite commerciali che dal punto di vista del pubblico pagante ai concerti) a livello internazionale.

E’, questo, un titolo estremamente infausto, che ha trasformato il gruppo milanese in un bersaglio perfetto per gran parte dell’intransigente e integralista audience italiano, che li accusa di essersi letteralmente venduti alle ragioni del mercato trascurando i loro indiscutibili meriti artistici. Si tratta di un atteggiamento pregiudizievole e del tutto immotivato che ancora oggi coinvolge una minoranza del nostro pubblico connazionale, del tutto incapace di riconoscere ai Lacuna Coil un merito innegabile, vale a dire quello di aver esportato il metal italiano nel mondo facendo conoscere al mondo stesso che l’Italia non è solamente un paese di cantanti neomelodici o artisti di progressive rock, ma presenta anche una cospicua, nutrita e pregevole scena musicale estrema: è grazie all’opera di soggetti musicali come i Lacuna Coil se oggi molti più gruppi metal riescono ad uscire dai confini nazionali (spesso ottenendo molto più successo all’estero che in patria), restituendo alla nostra amata penisola parte di quei doverosi riconoscimenti che certamente meriterebbe ma non sempre riesce ad ottenere.

Altro elemento di puntuale criticità è l’assegnazione dei Lacuna Coil alla scena gothic metal: gli stessi componenti della band milanese hanno più volte ribadito, talune in maniera giocosa e serena, talaltre in maniera giustamente acida e seccata, che la ragione principale di questa dubbia collocazione sta nel fatto che si vestano di scuro e abbiano una female vocalist, per di più di ben nota sensualità, come Cristina Scabbia. A dire il vero bisogna ammettere che non hanno tutti i torti, giacché se le influenze gotiche possono essere ravvisate nella cupa pesantezza di certe strutture ritmiche così come nell’uso sinistramente atmosferico delle tastiere, di certo si tratta di elementi non predominanti e che coinvolgono solo una minoranza dei pezzi composti, non certo la loro totalità. Tutt’al più, proprio la presenza di una cantante così affascinante e carismatica ha dato adito a sciocche speculazioni sui fan della empty spiral, tacciati di sostenere più la vocalist della reale proposta della band. In verità, le qualità estetiche di Cristina Scabbia sono certamente notevoli, al pari delle sue capacità di interprete e leader, ma non sarebbero nulla qualora non fossero supportate da strumentisti capaci, validi compositori ed egregi performers: proprio Unleashed Memories, nel quale la prestazione vocale della metal goddess nazionale si dimostra in certi frangenti ancora un poco acerba e manierista (già il successivo Comalies presenterà una Cristina Scabbia decisamente meno fredda e molto più graffiante, così come si è sempre dimostrata sul palcoscenico), dimostra come la forza dei Lacuna Coil sia il songwriting, sempre ficcante, coinvolgente e mai banale, in grado di catturare l’ascoltatore con linee melodiche estremamente accattivanti ma sempre di inedita pregevolezza.

Per chi vi scrive Unleashed Memories, benché molto meno conosciuto di quel che sarà il suo successore (Comalies, 2004) è a tutti gli effetti il miglior album finora pubblicato dai Lacuna Coil, nonché una delle più interessanti release gothic metal degli anni 2000: 10 tracce praticamente perfette, senza passaggi a vuoto, senza cali di tono, senza fastidiosi e insignificanti filler (con sole 10 tracce effettive sarebbe stato piuttosto deleterio, in effetti), con una straordinaria varietà di passaggi atmosferici e strumentali ed un’ottima qualità in termini di prestazioni vocali e individuali, cui vanno aggiunte un’evidente consapevolezza dei propri mezzi, acquisita con la giusta esperienza accumulata sui più affollati palcoscenici di tutta Europa, e una spiccata personalità compositiva, in grado di rendere immediatamente riconoscibile ogni singolo momento di ciascuna traccia dell’album.

Quest’ultimo parte piano con la cupa Heir Of A Dying Day, nella quale un drumming piuttosto ricercato sostiene ritmiche mid-tempo e vibranti riff di tetra matrice doom, mentre sullo sfondo una torrida oscurità ospita i vocalizzi arabeggianti di Cristina Scabbia: una traccia pesante (in senso strettamente sonoro) ma ugualmente piacevole, le cui caratteristiche fondamentali si riproporranno in seguito, in maniera decisamente più agevole e carezzevole, nella meravigliosa Distant Sun, esaltata dalla pulsante malinconia di inattesi archi. Lo straordinario gusto melodico dei Lacuna Coil trova una sua prima manifestazione nella tripletta To Live Is To Hide, Purify e Senzafine: la prima, sulla base di atmosfere meno drammatiche ma più decadenti della traccia d’esordio, esprime da subito un eccellente groove, che sfocia poi in chorus estremamente piacevole nel quale la female singer dimostra tutta la sua ammaliante femminilità; la seconda è una ballad superlativa, il cui sound compatto, potente ma sempre e comunque aggraziato le conferisce un’autorevolezza che solo il finale eccessivamente breve, quasi arido, sembra per un istante smarrire; l’ultima, invece, è l’unica canzone scritta e cantata interamente in italiano, un gioiello di rara purezza e semplicità la cui cantabilità immediata e disarmante sembra davvero un incantesimo insormontabile. When A Dead Man Walks, che riceve un testimone decisamente scomodo dalla triade precedente, si rivela come uno degi episodi più complessi e sorprendenti del platter: al solito riffing massiccio di vaghe reminescenze nu metal si aggiunge un tenero arpeggio di chitarra, che si addentra con sicurezza fra sonorità soffuse e nebbiose e ci introduce ad un cambio di tempo sul quale persino la prestazione del tanto vituperato Andrea Ferro si dimostra assolutamente convincente; il chorus, pur non esaltante quanto altri, si illumina di fascino e malinconia, prontamente sublimati da un inatteso assolo di chitarra nell’intermezzo. La coppia successiva presenta tratti profondamente diversi dal solito mood made in Lacuna Coil che, sfortunatamente, non verranno più ripresi se non in minima parte: 1.19 vede infatti una sorprendente contrapposizione tra la vocalità dolce e al limite eterea di Cristina Scabbia con quella aggressiva e al più rabbiosa di Andrea Ferro, in questa veste perfettamente a suo agio, che, fra i soliti riff di stampo nu, inconsueti ritmi accelerati e un secondo egregio assolto di chitarra, esplodono in un chorus davvero straripante; Cold Heritage, invece, si distingue per l’accoppiamento inedito di una base essenzialmente elettronica con i più lucenti arpeggi di chitarra, il tutto configurato secondo ritmiche assimilabili ad un industrial semplificato ma di buona fattura. L’unico episodio incerto dell’album, forse e solamente sotto l’aspetto emotivo, è A Current Obsession, che, pur con gli immancabili meriti tecnici, non riesce a graffiare come i precedenti, rimanendo per lunghi tratti distante e glaciale, sensazione piuttosto inusuale che molto raramente coglie chi ascolta i Lacuna Coil. La chiusura, affidata alla brillante A Wave Of Anguish, elimina prontamente il leggero amaro in bocca lasciatoci dalla traccia precedente riepilogando alcuni degli elementi più caratteristici del sound della formazione lombarda: gran groove, eccellente utilizzo delle tastiere, solito riffing graffiante e coeso in primo piano, atmosfere sempre fascinose e, in questa circostanza, di sinistra luminosità.

Unleashed Memories
è, in definitiva, un lavoro di indubbia qualità, che pone i Lacuna Coil fra le band di primo piano nella scena alternative metal internazionale, grazie soprattutto alla loro impressionante capacità di saper declinare un’eccellente facilità d’ascolto con strutture canore sempre nuove, ben concepite e mai stagnanti. Per molti la formazione capitanata da Cristina Scabbia e Andrea Ferro raggiungerà l’apice della propria proposta musicale nel loro successivo capitolo discografico, quel Comalies che li farà ascendere dalla più ristretta élite di un preciso movimento musicale al ruolo di veri e propri idoli del metal mondiale: per chi vi scrive, invece, Unleashed Memories resta l’inarrivabile masterpiece di una band troppo spesso ingiustamente denigrata e sottovalutata, ma che ha saputo portare sulle proprie spalle e con pieno merito la pesante bandiera tricolore dove (quasi) mai, prima d’allora, era saputa arrivare.

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