Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Immortal/Epic
Anno: 
2002
Line-Up: 

:
- Jonathan Davis - voce, cornamuse
- Head - chitarra
- Munky - chitarra
- Fieldy - basso
- David Silveria - batteria

Tracklist: 

1. Here to Stay (04:32)
2. Make Believe (04:37)
3. Blame (03:51)
4. Hollow Life (04:09)
5. Bottled Up Inside (04:00)
6. Thoughtless (04:33)
7. Hating (05:10)
8. One More Time (04:40)
9. Alone I Break (04:17)
10. Embrace (04:27)
11. Beat It Upright (04:15)
12. Wake Up Hate (03:13)
13. I'm Hiding (03:57)
14. No One's There (05:06)

Korn

Untouchables

Quinto album in studio per i Korn, Untouchables (Immortal/Epic, 2002) già dal titolo palesa nuovamente un sentimento di auto-affermazione, come già Follow the Leader; i Korn sembrano voler guardare dall'alto tutto il panorama metal moderno e dichiararsi "intoccabili".
Ancora una volta il gruppo, fortunatamente, decide di cambiare il proprio stile, a partire dalla produzione; stavolta ingaggia Michael Beinhorn, e utilizza un budget elevatissimo rispetto ai propri standard.
Untouchables è all'atto pratico quasi l'album solista di Jonathan Davis; il singer è in realtà sempre stato la vera anima del gruppo, colui che fa la differenza, ma se già con il precedente Issues aveva decisamente preso in mano anche le redini musicali verso una dimensione più oscura e tetra, ora la band piega completamente il sound alla sua voce, la produzione obbedisce alle sue idee, e lui finalmente libera del tutto la sua creatività.
Rabbia ed esaltante spirito di auto-affermazione caratterizzano la potentissima opener Here to Stay (anche fatta singolo di lancio, accompagnata da un caustico video denunciante l'effetto della televisione-spazzatura sui bambini), con un inarrestabile e devastante mix di riffing groove, voli vocali e sezione ritmica panzer.
Le successive Make Believe e Blame, ai limiti della power-ballad, conducono invece all'interno del nuovo universo korniano tramite fastosi arrangiamenti elettronici e suggestioni più eteree; Bottled Up Inside ristabilisce il giusto apporto di furia metal, mentre Thoughtless, nuovamente in equilibrio tra elettronica, heavy-rock e melodia, risulta eccezionalmente catchy se confrontata con i passati singoli del gruppo.
Hating, uno dei capolavori del disco, un maturo e consapevole dramma sull'animo di chi sta perdendo la propria vita a partorire sentimenti negativi senza poterne fare a meno, viene sorretto da soluzioni sonore melodiche e potenti allo stesso tempo, mentre in One More Time tornano ritmiche più veloci e cattive, in entrambi i casi senza rinunciare (forse anche in modo leggermente forzato) all'orecchiabilità.
Alone I Break e Hollow Life sono sorrette dalle melodie oniriche di Davis, e suonano nuove e inedite per il gruppo (la prima è una triste e delicata ballad come ai tempi dell'album di debutto pareva impossibile, e la seconda si dilata nell'etere mostrando influenze addirittura dal dream-pop).
Embrace riporta il disco sui binari della furia, dato che Davis non ha mai urlato un growl in maniera così feroce e aggressiva; il brano ad ogni modo non possiede nulla di nichilista, ma resta "violenza ragionata", con bombardamenti mostruosi organizzati in una tessitura sincopata e matura, con una struttura ad evolversi senza mai smettere di coinvolgere.
Beat It Upright ha una produzione che fa sembrare chitarre e basso quasi dei sintetizzatori, mentre la batteria sostiene una ritmica perfettamente in tono, assomigliando ad un colossale elastico e suonando più digitalizzata del solito; fresco e catchy, resta comunque un episodio minore se paragonato ai momenti più seri.
Wake Up Hate cerca una via anche più sperimentale, dato che si concede dei violenti rap riverberati su base synth-rock e delle melodie vocali bizzarre, al limite della dissonanza.
Il finale del disco tocca invece altri due vertici con I'm Hiding e No One's There, un'accoppiata di magniloquenti power-ballad heavy rock introspettive e riflessive, che musicalmente si spingono verso lidi inesplorati per toccare in profondità l'anima di chi ascolta.

In alcune edizioni limitate, dopo qualche minuto di silenzio dal termine di No One's There è presente una versione remixata di Here To Stay, tutto sommato inutile, ma che si sposa bene con le sonorità dell'album.

In definitiva, i Korn suonano piegati alla volontà di Davis (che non sembra più un folle ossessionato da incubi di morte, bensì un adulto maturo che, pur continuando a soffrire, ha trovato la propria strada nella vita), e il risultato è un disco sorprendentemente omogeneo, compatto e ben strutturato, che riesce a far suonare perfettamente complementari le molteplici sperimentazioni stilistiche di ogni traccia, e allo stesso tempo a mantenersi fresco, originale e all'avanguardia nel mercato del terzo millennio.
Il rancore e la disperazione interiore sono ancora ben presenti, ma non compaiono più la furia nichilista e la folle schizofrenia che hanno caratterizzato i dischi precedenti; le soluzioni elettroniche e atmosferiche balzano invece in primo piano, basti ascoltare le avvolgenti ed estatiche sonorità di Hollow Life o Alone I Break, immerse in una riflessiva maturità compositiva.
Ma, principalmente, sono estremamente godibili le soluzioni canore di Davis, che finalmente svela il proprio lato di cantante completo, in grado di inventare costruzioni i vocali superbe.
Il massiccio utilizzo di produzioni elettroniche e la mancanza di violenza metal vengono però viste male dalla maggior parte dei fan del gruppo; Untouchables infatti, nonostante la costosissima produzione, non vende come sperato negli USA, riscuotendo però un grosso successo di critica (mentre in Europa viene premiato da entrambi).


NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente