Voto: 
9.4 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Etichetta: 
Misanthropy/Candlelight(rist.)
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Jan-Ovl S.-TranceH (Jan Kenneth Transeth) – Voce maschile
- Synne Diana Soprana – Voce femminile
- Bjørn Hårstad – Chitarra
- Christian "X" Botteri – Chitarra
- Oddvar A:M – Chitarra
- Christopher "C:M." Botteri – Basso
- Anders Kobro – Batteria

Ospiti:
- Quartetto d’archi nella prima e quinta traccia (The Dust Quartet):
    Silje Ulvevadet Daehli – Violino
    Pär Arne Hedman – Violino
    Kjell Åge Stoveland – Viola
    Nedim Praso – Violoncello
- Arve Losmland – Tastiere in “Weeping Willow”

Tracklist: 


1. 299 796 km/s (14:46)
2. I Am Your Flesh (7:07)
3. Kairos! (3:34)
4. Weeping Willow (11:40)
5. Omnio?
    a. Pre (12:00)
    b. Bardo (5:55)
    c. Post (8:09)

In the Woods...

Omnio

“...And our faces turned away from the earth
We trembled into the world of dreams
the cradle of immagination...”

“Omnio”, il più magnifico gioiello del Metal d’avanguardia scandinavo anni '90, è l'opera seconda del progetto norvegese In the Woods..., complesso già capace con il suo straordinario disco di debutto, “HEart of the Ages” (1995), di sovvertire le regole e gli schemi tipici del coevo e conterraneo Black Metal attraverso intuizioni inedite e melodie di rara bellezza.
Regole e schemi che andavano decisamente troppo stretti alla band di Kristiansand, tanto che già nei primi mesi del 1996 essa tagliava i ponti con il proprio passato mediante la pubblicazione dell'EP limitato “White Rabbit”, contenente una cover dell'omonimo classico dei Jefferson Airplane, indimenticabile quanto esplicito simbolo della stagione psichedelica dei tardi anni Sessanta; gli In the Woods... stavano tastando il terreno per adeguatamente preparare quello che sarebbe divenuto il loro album più ambizioso, completo ed illuminante, “Omnio”, registrato a cavallo dell'inverno '96-'97 da una line-up ampliata dall'ingresso della vocalist Synne “Diana Soprana” Larsen e del chitarrista Bjørn Hårstad.

“...We join, and we breath genesis and revelation...”

Le cinque canzoni presenti (tra cui una grandiosa ed ardita suite di venticinque minuti) si scostano nettamente dalle atmosfere plumbee, pagane ed agghiaccianti di “HEart of the Ages”, abbandonando totalmente la matrice Black Metal che influenzava in modo indelebile quel disco attraverso il cantato ed il guitar-riffing, e andando invece a creare un sound ibrido ed inclassificabile, liquido e multiforme,  sempre ancorato a territori Metal ma contemporaneamente tanto variegato da poter includere silenti pause Ambient, sontuosi arrangiamenti classici, fascinose suggestioni progressive ed oniriche atmosfere psichedeliche, grazie anche a composizioni lunghe ed articolate, che procedono senza fretta, con crescendo ottimamente studiati, calme sospensioni ed evoluzioni intriganti ma inserite in un contesto globale che si muove uniformemente.
La voce calda, bassa, maschile di  Jan Transeth e quella femminile, alta, avventurosa di Synne Diana si alternano equamente, raccontando liriche ermetiche e misteriose sul ruolo della ricerca, della fantasia, dell'immaginazione, prendendo qui e là anche qualche spunto dalla filosofia; gli sfondi strumentali sono ricchi e stratificati (la tecnica dei singoli rimane sempre in secondo piano), con ritmi di basso e batteria generalmente blandi e precisi, ma pronti a velocizzarsi con rapide ed efficaci incursioni, mentre le tre chitarre s'intrecciano di buon grado, tra distensivi arpeggi (talvolta modificati con particolari effetti), raffinate costruzioni melodiche e assoli sempre ben giustificati; infine, l'aggiunta di tastiere (in “Weeping Willow”) e d'un quartetto d'archi (nella prima e nell'ultima traccia) dona ulteriori sfaccettature al suono del gruppo guidato dai fratelli Botteri.

“... I draw parallels between intuitions and instincts...”

L'emozionante quarto d'ora che compone “299 796 km/s” segna l'inizio del lisergico itinerario preparato dagli In the Woods...: un'introduzione lunga, quieta e cadenzata funge da incipit per una bruciante accelerazione e una serie di burrascosi cambi di tempo ed atmosfera, fino ad un break per soli violini e violoncelli che riporta la pace sugli spartiti: sono degli sfumati giri di chitarra a mettere nuovamente in moto l'elettrica orchestra norvegese, che condurrà i giochi con avvincenti concatenazioni di chitarre e voci fino al termine di un brano che rimarrà, tra quelli scritti dai sette norvegesi, come uno dei più clamorosi e mirabili.
A seguire troviamo i due brani più brevi dell'opera, con i sette minuti tragici e tesi della variegata, disperata “I Am Your Flesh” e la brevissima (poco più di tre minuti) “Kairos!”, cantata dalla voce solista di Synne Diana e capace -forse proprio per la sua atipica fugacità- di irretire coniugando malizia ed impatto; è il prologo per la quarta, strepitosa “Weeping Willow”, il cui triste andamento mostra interessanti integrazioni tra una sempre intelligente batteria, la tastiera pizzicata e le languenti chitarre.

“...you may swallow all my precious lies
you may stay or you may follow me
further down the thin and crumbling line...”

La conclusiva “Omnio?”, una suite divisa in tre parti, rappresenta il capitolo più sperimentale e temerario mai creato dagli In the Woods..., un capitolo la cui apertura è affidata alla stupenda “Omnio? – Pre”, brano di rara bellezza costruito sui duetti vocali e sulle particolari manipolazioni dei suoni delle chitarre, oltreché sull'alternanza tra momenti di purissima, trasognata pacatezza, e  scoppi di pungenti trame di metallica potenza. Il momento più magico ed ammaliante del lavoro è però “Omnio? – Bardo”, strumentale di antesignano (per l'ambito Metal) Post-Rock ambientale la cui graduale intensificazione porta da momenti di drogata, estatica tranquillità che affondano le proprie radici nella Psichedelia inglese dei Pink Floyd o in quella scandinava degli Älgarnas Trädgård, fino ad attimi di Metal evocativo, con un improvviso urlo di Transeth a condurre il calmo caos di tessiture strumentali fino alla linea di pianoforte che dischiude “Omnio? – Post”, che dopo il breve afflato gotico iniziale si riporta su quei paesaggi spaziali, di ricerca interiore, che caratterizzano l'intero disco – superfluo puntualizzare come si tocchino per l'ennesima volta istanti di straordinaria intensità emotiva, per una conclusione da brivido tra echi silenziosi ed esplosioni mai così vivide.

“Omnio” fu un disco trascendentale, innovativo per l'inedito (ed ancor oggi scarsamente esplorato) connubio tra Metal e Psichedelia, un album dal fenomenale impatto emotivo ed artistico ma dallo scarso riscontro commerciale, tanto che ancora oggi rimane principalmente (ed ingiustamente) un disco riservato ai cultori della scena Avant-Metal norvegese della seconda metà degli anni '90, fertile terreno di gioco per alcune fra le menti più creative del panorama musicale estremo di quell'epoca (si pensi a Ulver, Arcturus, Dødheimsgard, Solefald, Ved Buens Ende e più tardi anche a Borknagar e Manes, o allo svedese Vintersorg) – fra tutti i preziosi lasciti di quell'era di fervida sperimentazione, “Omnio” rimane unico e solitario, quale gemma suprema, a testimonianza della genialità di uno dei più originali complessi Metal di sempre.

“Can you conquer your emotional delay
can you draw tomorrow's history today
can you feel the tide is turning
can you overcome the yearning – or will you blindly obey?

Break through – embrace the light of Kairos!”



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