Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Anders Fridén - voce
- Jesper Strömblad - chitarra
- Björn Gelotte - chitarra
- Peter Iwers - basso
- Daniel Svensson - batteria


Tracklist: 

1. Take this Life
2. Leeches
3. Reflect the Storm
4. Dead End
5. Scream
6. Come Clarity
7. Vacuum
8. Pacing Death’s Trail
9. Crawl Through Knives
10. Versus Terminus
11. Our Infinite Struggle
12. Vanishing Light
13. Your Bedtime Story is Scaring Everyone

In Flames

Come Clarity

Perché mai ritardare di quasi un anno un album già bello e pronto? Mossa commerciale della label senza dubbio, ma è ancora difficile capire perché dopo tanto tempo. Se proprio, avrebbe avuto più senso distribuirlo sotto Natale; e tutte le varie operazioni connesse, come il rilascio anticipato del promo e i vari samples distribuiti su Internet, sono risultate addirittura deleterie al marketing. Forse una spiegazione c’è, ed è una sottile guerra fredda fra Nuclear Blast e Roadrunner: la prima ha ritardato l’uscita di Come Clarity ad un momento meno saturo delle uscite metalcore della seconda. Questo perché nel nuovo album degli In Flames le influenze si tastano ovunque. Di più svedese ci sono invece un sacco di somiglianze con gli ultimi Soilwork (anch’essi influenzati dagli USA) e volendo qualcosa, meno diretto se non qualche riff, dei Dark Tranquillity del rabbioso Character. Dei primi però non c’è la potenza estrema sul fronte vocale di Strid, la perfetta coniugazione fra melodia vocale e growl/scream feroce, dei secondi invece non c’è la loro classe particolare e la capacità di personalizzare al massimo ogni influenza (oltre che il forte lato elettronico). Comunque si possono trovare sottili riferimenti anche a band come gli aggressivi Dimension Zero e i più pop Passenger. Ma come già detto la parte del leone la fa l’America, non solo grazie a storiche band Thrash/Death seminali come Machine Head o Pantera e ai movimenti Alternative che si stanno ritagliando un posto loro nella scena, ma anche con la sua nuova moderna scena di metalcore melodico, mai come ora apprezzata e riutilizzata da Stromblad e compagni nella composizione. Questo rende sempre molto moderno il lavoro degli In Flames, ma decisamente meno di nicchia rispetto al controverso Soundtrack to your Escape: merito per loro la pesantezza derivata dal genere unita a molteplici sfaccettature di melodia, le sfuriate veloci e rabbiose, la batteria prepotentemente tesa all’uso intensivo del pedale; ma più di tutti alcuni ponti e riff che un tempo erano abbozzati a Gothenburg (comunque non furono inventati lì, si potrebbe fare un viaggio a ritroso in lungo e in largo attraverso varie scene musicali) e che, dopo esser stati temporaneamente trascurati, sono stati espansi e rifiniti proprio in America anche e soprattutto ascoltandosi a ripetizione gruppi come At the Gates o In Flames, ed ora vengono ripescati dal ripostiglio degli svedesi proprio con il tocco dato a questi riff dall’America. Il tutto filtrato dall’ottica In Flames attuale. Purtroppo però l’originalità e l’innovazione sono meno che in qualsiasi altro album degli In Flames, e alcuni potrebbero azzardarsi a dire che si è perso pure qualcosa di personalità (su questo punto il precedente Soundtrack to your Escape è migliore). Ma in fondo gli In Flames non sono mai stati grandi inventori e si sono guadagnati la loro fama con produzioni potenti e melodiche, e in Come Clarity effettivamente c’è tutto questo: aggiungiamo una produzione ben più nitida degli album precedenti ed una batteria registrata come Dio comanda (finalmente Svensson torna a demolire come deve, ma forse è un po’ ripetitivo nel proporre valanghe di pedale che alla fine risultano un po’ banali) e abbiamo un vaso traboccante di feeling e energia.

Da un punto di vista tecnico inoltre abbiamo ritmiche dure e ben marcate, di quelle che richiedono non solo una buona capacità muscolare per sostenerle, ma anche molta coordinazione e pulizia d’esecuzione per non incappare in spiacevoli incidenti. Sul fronte vocale, Anders Fridén è più diretto nella sua prestazione vocale e spesso canta adottando linee vocali generalmente più rifinite e limate, scelta azzeccata per la melodia. Le intessiture elettroniche di sottofondo e contorno sono state in larga parte tralasciate, e questo da un certo punto di vista è un passo negativo perché taglia molte atmosfere, ma dall’altro forse è necessario per preservare l’impatto e il groove delle canzoni.
Ad un ascolto di primo acchito può sembrare l’unione dei vecchi In Flames con quelli nuovi, la realtà è ben diversa: l'attitudine alla radice è differente dai vecchi (anzi volendo è più simile a quelli nuovi anche se non sembra) e con idee differenti, mentre lo stile segue binari differenti dall'ultimo disco. Eppure i collegamenti, più o meno indiretti, si nascondono ugualmente in ciascuna delle tredici canzoni di Come Clarity. Per la potenza melodica (sempre e comunque espressa in uno stile differente) ricorda Colony, volendo. Gli In Flames si dimostrano ottimi camaleonti nel fare tanti album diversi tra loro e sorprendono anche quando i loro passaggi sembrano ovvi: sicuramente dopo aver ascoltato quest’album vi sembrerà che sia un proseguimento naturale dopo i due precedenti dischi, ma quanti pensarono quest’ipotesi all’epoca dell’uscita di Soundtrack to your Escape? Davvero pochi. Anche senza contare che molti pensavano più a fare la caccia alle streghe su sonorità “alla Linkin Park” che con i Linkin Park avevano ben poco a che vedere e che proprio con quest’album diviene evidente, con buona pace di chi li dava a torto per finiti e venduti. Sicuramente è un pregio degli In Flames questa capacità di sorprendere, ma bisognerebbe dire che hanno anche disseminato, fra dichiarazioni nelle interviste ed elementi sparsi degli album precedenti che fanno da ponte verso quest’ultimo, vari indizi che nessuno ha colto. Come Clarity si tratta ad ogni modo di un album di passaggio per gli In Flames, come hanno sempre fatto con la nuova formazione in alternanza ad uno di consolidamento delle nuove sonorità e al contempo di ulteriore sperimentazione, mentre le atmosfere vengono percepite generalmente come più cupe: era così Clayman in confronto a Colony ed era così Soundtrack to your Escape in confronto a Reroute to Remain. Un’altra caratteristica che capita seguendo questo alternarsi è la presenza della chitarra acustica (in Colony e in Reroute to Remain, mentre in Clayman e Soundtrack to your Escape era sostituita da una elettrica clean), che viene proposta nella titletrack per la gioia dei vecchi fan che volevano questo elemento del loro passato: però non si tratta di un brano folk, ma vediamo di cominciare,

Si parte direttamente con Take this Life che come uno schiacciasassi di fattura alla Killswitch Engage fa entrare nel vivo dell’album con il suo impatto e la sua melodia. Ritmiche made in USA e gusto melodico svedese di coniugano in quella che dal vivo sarà di sicuro una delle maggiori hit, che nel vivo si getta in un mid tempo vocale elusivo ma bruciante.
Leeches
inizia con un duetto riff/batteria insieme granitico e allucinogeno, con qualche influenza addirittura dai Sepultura, mentre leggeri effetti elettronici di sottofondo condiscono l’atmosfera. Il chorus richiamante in parte i Trivium è pulito e molto melodico e l’assolo è breve ma d’effetto.
Reflect the Storm
poggia le sue fondamenta su un uso intensivo del muting mescolato alla melodia e al tempo stesso fa tornare alcune influenze degli Iron Maiden innestandole in melodie simil-Hatebreed. Il pre-chorus è costituito da un muro sonoro elettrico mentre Fridén filtra leggermente il microfono con la sua voce disperata che richiama alla mente di nuovo le band alternative americane, ma il chorus vero e proprio è un banale ritornellino melodico ed emotivo di come ne abbiamo già sentiti dagli In Flames e non dice nulla di nuovo.
Per la gioia di tutti i maschietti ora c’è Dead End, dove la cantante pop svedese Lisa Miskovsky duetta con Fridén; una voce melodica ma decisa, inoltre pulitissima nell’interpretazione e senza sbavature. Il brano è una sfuriata veloce e molto melodica e di gran impatto, ma sa proporre anche dei bridge duri ed oscuri, forse si può obbiettare che la voce di Lisa non sia propria di determinati toni pesanti e che live, senza lei, il risultato del brano sarebbe dubbio, ma nulla di tragico.
Riagganciandosi in momenti ai Machine Head di Davidian e in altri agli Slipknot più orecchiabili, Scream attacca subito con il suo riff thrash corrosivo, e non ci mette molto la sezione ritmica a seguire con le sue percussioni micidiali; particolarmente infuriato è Fridén nel suo screaming, fino al chorus che di controbalzo ruota attorno ad un riff quasi Korniano secco ed infuocato.
Ora viene alla titletrack Come Clarity, che in una struttura simile ai Celldweller di Under My Feet (ma senza elettronica) si sviluppa quasi come una ballad con le sue chitarre acustiche e il chorus nu con un forte muro sonoro delle chitarre elettriche. La potremmo definire come una Dawn of a New Day (per le atmosfere) che incontra Evil in a Closet (per la distorsione nel chorus) e accanto a queste perché no, potremmo mettere anche Metaphor (per la presenza di basso e batteria) e Pallar Anders visa (per le due chitarre acustiche che intrecciano arpeggi fra loro) seppur sembrerebbe una definizione ridondante.
E se dovesse sembrarvi un brano troppo sdolcinato ed emotivo, apprezzerete molto che Vacuum si scateni violentemente con dei riff vicinissimi al lato più melodic death dei vecchi In Flames, con lo stesso ruolo che aveva In search of I in Soundtrack to your Escape (soprattutto per l’unione con alcuni bridge più moderni e per un effettino elettronico sul finire che fa tanto Soundtrack). Di contrasto il suo chorus di netto stampo Soilwork che è il lato più melodico della canzone.
Viene il turno di Pacing Death's Trail che è più vicina al Metalcore, nel chorus decolla con un up-tempo che ricorda in parte il punk melodico e si chiude con una grossa sfuriata alla batteria intensa quanto purtroppo breve, isolata ed anonima di Svensson. Giunge ora, strizzando l’occhiolino ora ai Naglfar più melodici, ora ai Submersed, Crawl Through Knives, l’ex-titletrack (come era nei piani originari degli In Flames), ed è senza parole aggiuntive il brano più banale di tutti, nella sua struttura e nella sua proposta, ma di un impatto talmente forte che quasi non sembra che si noti. Il chorus iper-melodico viene molto originalmente raddoppiato alla seconda esecuzione e aggiungendo in questa, chissà come mai, una sovrapposizione della voce pulita con lo scream e una triplicazione del pedale, e dopo l’assolo parecchio catchy riecco di nuovo lo stesso chorus raddoppiato; tutto allo scontato fine di aumentare l’impatto melodico, e davvero ci riesce: forse sarà la hit maggiore e promette scintille dal vivo. Se però preferite più originalità non aspettatevi molto da questo brano.
Archiviata anche questa canzone, Versus Terminus irrompe con una colata thrash/melodeath rapida ed ustionante che poi si ricollega leggermente al lato più melodico dei Dark Tranquillity, tranne che nel chorus che parrebbe un tentativo di fondere in una sola cosa il lato più violento e quello più emo/melodico, ma con una prestazione vocale che lascia qualche dubbio.
Our Infinite Struggle
riesce maggiormente nell’intento precedente e il canto metà sporco metà pulito di Fridén nel chorus si fa particolarmente espressivo. Da notare il break centrale dove si lascia spazio ad un breve arpeggio di chitarra clean, quasi a smentire il discorso precedente dell’alternanza acustico/clean, che in non molto tempo sfocia nuovamente nella distorsione elettrica, efficace e concisa.
Vanishing Light è l’ultima canzone prima della strumentale, e parte con un riff estremamente catchy e solare che viene poi sostituito da un’esecuzione aggressiva e a tratti un po’ oscura con dei riff che ricordano gruppi come i Dimension Zero e i Nightrage e che in questo punto dell’album risaltano di più (ovviamente per contrasto con il riff iniziale). Il chorus è tendente al muro sonoro ma viene cantato in screaming senza cercare ritornellini puliti; chiusura con lo stesso riff melodicissimo dell’inizio. L’ultimo brano è come già detto una strumentale, e data la mancanza di un testo si può facilmente dire che il titolo è un tantinello strano... ma con una rapida lettura degli altri testi ed un’altrettanto rapida interpretazione si può avanzare qualche ipotesi interessante su cosa rappresenti. Comunque Your Bedtime Story Is Scaring Everyone è una lenta e malinconica uscita eseguita soltanto da un pianoforte che emette una o due note malinconiche in simultanea a distanza di qualche battuta, con soltanto degli effetti elettronici (ed un televisore distorto) di sottofondo che immergono in un ambiente moderno e nostalgico.

In conclusione, Come Clarity sarà sicuramente apprezzato da molti, moltissimi fan degli In Flames per la sua scarica di melodia e potenza, di violenza e emotività, tranne che dagli irriducibili più ostinati di tutti, da chi non digerisce certe sonorità, da chi invece le adora ma non apprezza la particolare linea musicale degli In Flames e da chi esige che una band tanto famosa e con un nome così pesante detti le regole, piuttosto che seguirle.
Un album che ha il solo, ma pesante, difetto di seguire troppo ciò che in più di un’occasione si è ispirato agli stessi In Flames, come quando il maestro inizia ad imitare l'allievo. Sarebbe stato un ottimo lavoro se solo fosse uscito diversi anni fa, forse senza le atmosfere particolari di The Jester Race, Clayman o di Reroute to Remain nei suoi picchi (i tre più particolari tralasciando ogni altro discorso), ma comunque un ottimo album che sicuramente avrebbe fatto esso stesso da punto di riferimento per molti gruppi successivi.


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