Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Matteo Mainardi
Genere: 
Etichetta: 
Metal Blade/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Alan - voce
- Thad - chitarra
- Tim - chitarra
- Gary - basso
- Brandon - batteria

Tracklist: 

1. Burned out
2. Anthem for the unemployable
3. Dead reckoning
4. Time is not on our side
5. Fear will keep them in line
6. Water into wine cooler
7. The ultimate nullifier
8. Marked for death
9. Some skynyrd
10. Nuked from orbit
11. Life in ruin

If Hope Dies

Life in Ruin

Gruppo canadese con spiccate influenze Hardcore e Metalcore, gli If Hope Dies escono sul mercato con questo loro secondo lavoro: Life in Ruin. Qui in Europa, non sono ancora troppo conosciuti o, perlomeno, non così tanto come negli States. La loro fama è dovuta alle massicce presenze nei numerosi festival americani e nell'essere stata la band di supporto di gruppi quali gli In Flames, i Lamb of god e i Soilwork. Nonostante tutta questa "propaganda", però, ancora sono poco seguiti qui nel vecchio continente, nonostante il loro sound sia interessante e molto fresco. Con Life in ruin, gli If Hope Dies dimostrano di saperci fare con gli strumenti ma soprattutto riescono a trasmettere la giusta dose di potenza che, solitamente, si richiede a un gruppo come loro. Andiamo quindi ad analizzare meglio questo ultimo lavoro.

L'album parte subito a mille con Burned out. In effetti la canzone incendia l'ascoltatore sin dalle prime note. Una voce rabbiosa a metà tra il growl Death e quello più scream, riesce a trasmettere la pesantezza adeguata. Le chitarre sono serratte e, a tratti, cadenzate; il tutto accompaganto da una batteria ben scandita. Molto bello il pezzo a metà in cui si utilizza un effetto di filtraggio della strumentazione intera, che potenzia ulteriormente il sound generale. Passiamo alla traccia successiva e quindi a Anthem for the unemployable. In questo brano si possono ascoltare le pesanti influenze Metalcore che gli If Hope Dies presentano. Abbiamo anche un pezzo melodico che, però, rispetto all'andare generale della canzone, stona un pò e abbassa i ritmi tirati e potenti dell'intero album. Dead reckoning ha un'inizio travolgente con chitarre e batteria serratamente cadenzate. Si sente proprio che c'è una grande affinità tra i musicisti, perchè nessuno copre il ruolo dell'altro e, l'unione di ognuno, rende il brano davvero travolgente creando sonorità a metà tra il tirato da Death e quello più ritmico del Nu Metal. La cosa che rende meglio, sono i riff terzinati delle chitarre; davvero un bel contrasto. Con il brano successivo, Time is not on our side, sentiamo per la prima volta il duetto tra una voce bassa e gorgorreggiante e una più grezza dalle tonalità medie. Ascoltando questo brano viene in mente il Grind core di gruppi come i Bloodshoot. Sempre di matrice Metalcore è Fear will keep them in line in cui vengono aggiunti anche dei riff più tipici del Death melodico per rendere il tutto un pò più "gentile" all'orecchio. Probabilmente, proprio questo, è il punto debole della canzone che raggiunge l'apice nei momenti in cui si rallenta il ritmo per scandire tutto al meglio e dare quella sensazione di lenta potenza in cui viene da piegarsi e seguire il tempo con il capoccione.

Water into wine cooler
, ritorna ai tempi serrati ascoltati nelle prime tracce dell'album. Molto probabilmente, questa è una delle tracce meglio riuscite di tutto il disco. La voce si esprime al meglio lasciandosi trascinare dai riff che le chitarre sfoderano in modo deciso e compatto. Per gli amanti del Death melodico, bisogna passare a The ultimate nullifier in cui si cerca di metttere insieme una batteria con doppio pedale tiratissimo e chitarre leggermente più cadenzate. Il contrasto non è male ma la parte melodica presente come ritornello, non convince molto soprattutto per quanto riguarda la creatività. A livello musicale, invece, raggiunge livelli piuttosto alti anche se non degni di nota. Finalmente si ascolta del sano Nu Metal con Marked for death. In questo brano vengono rispecchiate tutte le caratteristiche che fanno di una canzone, un pezzo tipico del panorama del "nuovo metallo": batteria non eccessivamente veloce ma ben scandita, chitarre che danno il senso di continuità con riff che si ripetono continuamente a mò di loop e voce bella arrabbiata. Un pezzo notevole. Some skynyrd vuole continuare a portare avanti le caratteristiche toccate nel brano precedente con la differenza che qui vengono aggiunte anche piccole particolarità più accostabili al mondo Hardcore. Un esempio è la voce che smussa un pò gli angoli delle tonalità basse, cercando di alzarsi a quelle medie e sporche. Inizio Trash con chitarre belle massicce e pesanti, in Nuked from orbit che, con l'andare del tempo, scema in sonorità meno monocorde e spazia su frequenza più aperte e melodiche. Life in ruin si conclude con la title-song, Life in Ruin appunto. La cosa che salta subito all'orecchio, è la forte dose di potenza che questo brano presenta. Soprattutto è merito delle chitarre che adottano uno stile basato principalmente sul suono pesante e trainante che i riff serrati possono trasemttere. Un bel modo per concludere l'album.

Gli If Hope Dies sono un gruppo molto interessante che dimostra di saper amalgamare in modo intelligente generi diversi che, però, hanno alcuni aspetti in comune. E' proprio questo che gli permette di non far sentire troppo i passaggi da un sound all'altro. Life in Ruin non è un disco innovativo e non presenta nulla di particolarmente nuovo, ma ripsetto a molti altri album, dimostra che gli If Hope Dies sono capaci di fare tesoro di quello che i gruppi storici del Nu Metal hanno fatto, e rimescolarli a loro piacimento.

A tutti gli amanti del genere, un disco che si consiglia per animare le giornate fiacche e monotone.


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