Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Eibon Records/Audioglobe
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Morgan Bellini - chitarra, field recordings, samplers
- Ivan Strajn - tastiera, field recordings, samplers


Tracklist: 

1. Non Mi Hai Mai Voluto Bene
2. Aveva Solo Nove Code
3. Forse Vinceremo
4. Dove?
5. Under
6. Cattinara
7. Italo II
8. Stara Baba
9. Franco

IAM.

Bol

La genesi del progetto IAM. risale al 1997, ad opera delle menti dei due polistrumentisti Morgan Bellini, conosciuto ormai nell’ambiente underground italiano per il suo magistrale lavoro con i Vanessa Van Basten, e il croato Ivan Strajn: dopo aver realizzato nel 2008 un primo ep registrato interamente nell’appartamento di Morgan a Genova nel corso di una giornata, la realtà IAM. emerge dal folto sottobosco del panorama strumentale solo nel 2009, dando alle stampe il primo capitolo discografico, denominato Bol.
Pubblicato sotto la Eibon Records, l’etichetta che negli anni ha raccolto le formazioni più promettenti della scena oscura della Penisola, l’album di esordio è introdotto da una minacciosa copertina che apparentemente non sembra trovare collegamento con la proposta musicale del duo: il timbro tessuto nelle nove tracce composte è figlio del Dark-Ambient più tetro ed avvolgente, che scava nella tradizione di celebri acts quali Elend, Black Tape For A Blue Girl o Dargaard.

A differenza di tali progetti però, IAM. è una creatura che non presenta tinte neoclassiche, esoteriche o industriali, ma rimane sospesa in un vortice di tenebra per enfatizzare la propria essenza negativa.
Se si esegue un confronto con il sound tipico dei Vanessa Van Basten, risulta evidente che il nichilismo velato dei secondi trova linfa vitale nella buia dimensione IAM., poiché i tappeti di sintetizzatori conducono ciascuna sezione del platter dentro atmosfere rarefatte e soffocanti.
Già da alcuni titoli conferiti alle tracce che costituiscono Bol (come Non Mi Hai Mai Voluto Bene), si comprende la peculiarità di un lavoro destinato ad inserirsi con efficacia in una scena poco accessibile alla totalità del pubblico.
Un episodio degno di nota nel funereo contesto plasmato dai due polistrumentisti è il sesto Cattinara, in cui almeno si percepisce una luce fioca che sferza la densa nebbia di cui sono intrise le composizioni.
Forse il duo Bellini-Strajn avrebbe potuto privilegiare maggiormente la patina distesa, senza sfiorare i meandri dei Vanessa Van Basten, ma conferendo un cromatismo più velato a certi tratti dei brani; a tal proposito l’assenza di voci avrebbe consentito all’ascoltatore di accostarsi ad un’opera carica di nero esistenzialismo, in grado di divincolarsi tra sezioni meditative e tensioni verso il sublime.
Non si deve inoltre dimenticare l'ambito della registrazione, non impeccabile come quella esibita sulle pubblicazioni dei Vanessa Van Basten, ma capace di sottolineare il senso di vuoto delineato da pezzi come Aveva Solo Nove Code.

In definitiva, sebbene siano svariati gli spunti interessanti presenti in Bol, Morgan Bellini e Ivan Strajn dovranno continuare ad affinare il proprio sound, per far acquisire maggior profondità e riflessività ai traguardi discografici futuri.
Un’ultima nota può essere invece spesa per il contesto grafico in cui è stato inserito il full-length: aprendo la confezione digipack si ritrovano disegni che ritraggono individui senza volto, dai tratti statici e metafisici, che ben tratteggiano l’aura malata su cui si fonda l’opera e che costituiscono un’inusuale variazione rispetto ai tipici cliché del Dark-Ambient.

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