Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
V2 / Downtown / Cooperative
Anno: 
2011
Line-Up: 

-Jens Moelle
-Ismail Tüfekçi

Tracklist: 

01. Stratosphere

02. 2 Hearts

03. Circles

04. Blitz

05. Forrest Gump ( feat. Julian Casablancas)

06. Reeperbahn

07. Antibiotics

08. Just Gazin'

09. Miami Showdown

10. Encore

Digitalism

I Love You, Dude

Jens "Jence" Moelle e Ismail "Isi" Tüfekçi, i due componenti del progetto Digitalism, devono aver avuto la testa fra le nuvole ed aver oziato troppo durante i quattro anni che hanno separato l' esordio Idealism dalla loro nuova creatura discografica, ovvero I Love You, Dude. La dance sottoforma di electroclash del duo si è vista sorpassare a sinistra, in successione, dalla electro-punk dei Does It Offend You, Yeah?, dalla new rave di Klaxons, dal cantautorato elettronico di Patrick Wolf ed infine dalla dubstep targata James Blake, per non parlare delle influenze che nomi come Caribou e Four Tet hanno avuto sul panorama elettronico ( cliccando proprio qui si può consultare l' articolo sulla storia dell' elettronica riguardante questa nuova parte, a dir poco chiarificatore). Il duo tedesco invece no, ha continuato imperterrito a riproporre la stessa identica proposta di Idealism. Ma se il disco d' esordio era sufficientemente scaltro ed impulsivo, il secondo lavoro - di norma più ragionato e tecnico - delude le attese, dimostrandosi ancora più flebile e fugace.

In I Love You, Dude la sola e unica caratteristica positiva sono i singoli, che i due tedeschi - mai come adesso intelligenti e consapevoli dei loro tanti punti deboli - si curano di piazzare a dedita distanza, per poi riempire lo spazio restante con tracce insapori legate l' una all' altra, tanto che è assai difficile comprendere dove inizia un brano e dove finisce l' altro, considerando che la melodia si evolve sempre in un unico stesso mood, al cui corso vengono date sfumature mediocri attraverso l' uso dei sintetizzatori, che come si compete a gruppi quali i Digitalism vengono usati solo per coprire un' urgenza espressiva allarmante. Le melodie dell' album, in particolare, rivelano nemmeno troppo velatamente l' unica gracile idea che li può contraddistinguere, ovvero il fatto di voler ( non saper) miscelare in un sol colpo i francesismi di Justice e Daft Punk con la dance senza troppe pretese di MSTRKRFT, anche se in I Love You, Dude il duo assomiglia molto più ad una fotocopia dei Friendly Fires, solo in scala più pop ma soprattutto con trame nemmeno paragonabili rispetto al gruppo inglese. Più semplicemente, potremo iniziare a precludere i Digitalism nell' alveo mainstream di bagordi appagati, dove tutt' ora soggiorna gente come i Groove Armada o John Legend, e ricordarli per quello che hanno veramente fornito al panorama elettronico: le sole Pogo e Zdarlight, che poi sono il motivo principale per cui il gruppo si è formato.

Forrest Gump, il singolo di punta dietro al quale sembra si celi pure un timidissimo Julian Casablancas ( qualcuno dice ai cori, altri suppongono abbia scritto il testo... Insomma alla fine è risultato più decisivo metterci il nome che altro), ad esempio non riesce ad elevarsi dallo status di b-side dello stesso Idealism, riassumendo nei tre minuti di pop velato da effettini e sinth quello che I Love You, Dude in fondo è, ovvero solamente un disco con pezzi ballabili. Del lotto recuperiamo pure 2 Hearts, copia in versione piuttosto slow del singolone precedentemente citato usato per uno spot, ed anche Circles che stecca solo in parte, riuscendo a salvarsi per l' alone di grasso Depeche Mode in versione dancefloor che fa sembrare buona una traccia con uno dei peggiori handclapping che si sia mai sentito. Il resto, a partire da una Just Gazin' a rischio plagio ( ma forse gli Air ci farebbero solo una grassa risata) e per finire con riempitivi pronti solo per fare la soundtrack di qualche film stile Fast and Furios ( Reeperbahn e Miami Showdown in primis), fa parte di una retorica a sè che vuole i Digitalism famosi solo per essere arrivati in vetta all' Olimpo del motivetto facile, tesi da me ovviamente non condivisa.

Una programmatica Encore, messa lì come riprova del massiccio ed esagerato uso della drum machine, conclude i quaranta minuti scarsi di I Love You, Dude, che senza infamia e senza lode potremo definire come un Dj set di second' ordine. La maggior parte dei pezzi, come abbiamo detto, è puro allenamento, che apparirà senz' altro insensato e fumoso agli appassionati del genere. La restante parte viene risollevata per lo più da un cantato piuttosto adatto, ma in fin dei conti l' album non riesce mai ad elevarsi dal torpore che lo contraddistingue, nemmeno con gli episodi più fortunati. Ma siamo sicuri che la generazione dallo skip facile con la cuffia nelle orecchie giusta riuscirà pure a gradire alcuni di questi deboli intermezzi tra un brano grunge ed un altro folk.

 

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