Voto: 
4.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Fire
Anno: 
2012
Line-Up: 

- Robert Pollard
- Tobin Sprout
- Mitch Mitchell
- Kevin Fennell
- Greg Demos

Tracklist: 

01. Laundry And Lasers
02. The Head
03. Doughnut For A Snowman
04. Spiderfighter
05. Hang Mr. Kite
06. God Loves Us
07. The Unsinkable Fats Domino
08. Who Invented The Sun
09. The Big Hat And Toy Show
10. Imperial Racehorsing
11. How I Met My Mother
12. Wave
13. My Europa
14. Chocolate Boy
15. The Things That Never Need
16. Either Nelson
17. Cyclone Utilities (Remember Your Birthday)
18. Old Bones
19. Go Rolling Home
20. The Room Taking Shape
21. We Won’t Apologize For The Human Race

Guided by Voices

Let's Go Eat the Factory

Se fino a metà degli anni duemila la questione ristampe / reunion era un fatto relegato ai pochi eletti dalle major e comunque limitata, nel caso di tour allegati, a sporadiche apparizioni, dopo nemmeno un lustro la faccenda è divenuta oramai prassi comune e consolidata, in quanto rappresenta un perfetto compromesso tra band e pubblico: i primi si concedono in cambio di utilissimi introiti ( che nella maggior parte dei casi sono addirittura maggiori a quelli ricavati, che so, da dieci e passa anni di attività) mentre i secondi possono finalmente tornare al riparo del tiepido nido materno, sguazzando in continuazione nel passato per tramite di perfette, fin nei minimi dettagli, operazioni di recupero, tributi ed altre varie appendici.

La mancanza di una cura come si deve in fatto di musica moderna dovrebbe portare in futuro ad uno stato delle cose alquanto parossistico, se consideriamo che stanno decidendo di ricomporsi gruppi come i Guided By Voices, assenti dalle scene solamente da sette anni, tenendo presente che il loro effettivo ritorno risale ad un anno fa, quando ebbero l' occasione di calcare palchi anche piuttosto importanti come quello del Pitchfork Music Festival. Proprio nelle succitate date il gruppo non si è dimostrato, in parole povere, all' altezza di una reunion come si deve.
Rispetto ai fasti dei novanta, dove il gruppo si impose alla grande tra la miriade di nomi indie-rock facendosi conoscere prima per il caustico episodio "Propeller" ( davvero notevole, a metà tra il post-grunge e l' indie sporcato di noise pavementiano) e poi su scala maggiore per il tandem "Bee Thousand" - "Alien Lanes", in cui cominciava ad infiltrarsi un' indole power-pop, i Guided By Voices in data odierna risentono della leadership sempre più insopportabile ed opprimente di Robert Pollard, membro cardine che nel frattempo si è dedicato a proseguire la striscia di album solisti con titoli piuttosto effimeri ed oggi cerca evidentemente di prendere un secondo stipendio col minimo sforzo.

Perché se è vero che "Let's Go Eat The Factory" dall' esterno assomiglia in tutto e per tutto ad un canonico album dei Guided By Voices - il numero delle tracce, l' alternanza tra le durate di ognuna di queste e non per ultima la consueta irriverenza che da sempre segna indelebilmente la loro filosofia - lo stesso non si può dire dell' effettiva qualità dell' insieme, decisamente impalpabile e troppo poco incisiva, indolente e scevra dall' imboccare alternative interessanti, come successo in occasione dell' ultimo "Half Smiles Of The Decomposed", che seppur mediocre sapeva elevare le sue sorti con saltuari effetti jazz-rock. I ventuno episodi non fanno altro che riproporre lo stesso schema di cantato e distorsioni, in fin dei conti nemmeno così aggrovigliate e frenetiche come ad inizio duemila, dove si avvertiva perlomeno la permanenza una certa freschezza di spirito. In modo molto evidente è andato perdendosi quel tocco magico di R.E.M. e B-52's che la compagine di Dayton aveva velocizzato ed incattivito: adesso non rimane che piangere sulle macerie di uno dei tanti divertissement duri a morire, ma non basta conoscere per filo e per segno l' archivio dei Beatles per recuperare credibilità.

Valgono qualcosa soltanto il singolo estratto Chocolate Boy / As The Girls Sing Downing e Doughnut For A Snowman, episodi per altro appena sopra la media che anche i fan più accaniti faranno fatica a digerire.

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