Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Jon Reine - chitarra, voce
- Mike Smith - batteria
- Titus Decker - tastiera
- Matt Patrick - basso, voce


Tracklist: 

1. Learning To Remain
2. Revenge
3. Goodbye Sweet Youth, Goodbye
4. An Echo In The Dark
5. La Resistance
6. That Great And Terrible Day
7. Monarch Wings
8. Watchmen, What Is Left Of The Night?
9. Make Me Like The Moon
10. Spiritual
11. Not Afraid

Greycoats

Setting Fire To The Great Unknown

Originari di Minneapolis (Minnesota), i Greycoats si possono definire una delle rivelazioni più interessanti nel panorama Indie Rock di nicchia, poiché l’esordio discografico Setting Fire To The Great Unknown rappresenta un gioiello dai toni disillusi e dalle tinte grigie, in grado di stregare gli appassionati del filone più meditativo del genere.
Pur essendo statunitense, il quartetto esibisce le delicate sonorità tipiche della scena britannica, costruendo un magico equilibrio tra i meandri dell’Indie Rock più noir, la vena mesta dei maestri Radiohead e Coldplay e una certa reminescenza dallo stile degli eterni Pixies e Smiths.

La fotografia della copertina ben riflette l’atmosfera che permea buona parte di Setting Fire To The Great Unknown, aperto da un brano, Learning To Remain, che sembra incastonato fra le ritmiche degli Editors e l’introspezione dei Pineapple Thief.
L’album scorre via rapidamente data la sua estrema fluidità di composizione, che rende leggera e fine ciascuna canzone: immagini sbiadite prendono vita con Revenge, monologo che rende omaggio ai Radiohead di Ok Computer, e con An Echo In The Dark, una traccia dal sapore melodrammatico, provvista di un tessuto avvolgente che trasuda sensazioni intime e profonde. L’ottima resa di tale brano è garantita anche dall’impiego di un tono vocale adatto allo stile posato e composto dei Greycoats, fatto di pianoforti retro’, di oniriche architetture orchestrali e di spruzzate jazzistiche di notevole effetto.
La forza della band di Minneapolis è raffigurata dalla sua estrema versatilità stilistica, che consente di giungere alla realizzazione di una La Resistance vicina alle meste simmetrie degli Interpol, o di una Watchmen, What Is Left Of The Night?, dialogo voce-pianoforte che scava nel lato più sensibile e cupo dei Greycoats per trovare uno sviluppo inatteso e carico di atmosfera.
E se Monarch Wings appare il tributo più sentito alla Wave ottantiana con il suo timbro vacuo e squisitamente spento, Make Me Like The Moon è l’episodio più contemporaneo, dotato di un fascino alternativo unico all’interno di Setting Fire To The Great Unknown.
Il finale del platter viene affidato a due capitoli che appaiono imprevedibili nella loro evoluzione e che delineano ancora una volta il gusto ricercato dei Greycoats: Spiritual è il più evocativo dei due, a cavallo tra memorie Dark e tensioni verso lo stile più tenebroso dei vari Blackfield e Porcupine Tree, mentre Not Afraid è la risoluzione acustica che riporta ad una dimensione più solare a conclusione di un viaggio malinconico e tormentato.

Setting Fire To The Great Unknown
ritrae una delle opere più singolari pubblicate nella folta scena Indie Rock attuale da una formazione promettente che purtroppo gravita ancora priva di contratto discografico.
Ci si auspica pertanto che l'integrità e la qualità esibite su questo toccante debutto possano essere conservate nei prossimi traguardi di una band capace di fondere passato e presente in uno stile sì carico di influenze ma estremamente gradevole ed elegante. Una nota finale dev'essere spesa per sottolineare come i Greycoats attraverso il loro sito e il loro MySpace cerchino di impersonificare i pionieri di una nuova scuola di pensiero, i portavoce di una disillusa rivoluzione culturale di cui non si conosce ancora il nemico.

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