Voto: 
7.2 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Genere: 
Etichetta: 
GUN Records
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Chris Boltendahl - Vocals
- Uwe Lulis - Guitars
- Tomi Göttlich - Bass
- Jörg Michael - Drums

Tracklist: 


1. Tribute To Death
2. The Reaper
3. Ride On
4. Shadows Of A Moonless Night
5. Play Your Game (And Kill)
6. Wedding Day
7. Spy Of Mas'on
8. Under My Flag
9. Fight The Fight
10. Legions Of The Lost (Pt.2)
11. And The Devil Plays Piano
12. Ruler Mr.H
13. The Madness Continues

Grave Digger

The Reaper

Dopo ben 7 anni e più dall’ultimo album studio ed una manciata di EP i Grave Digger tornano alla ribalta con un nuovo lavoro.
Questo potrebbe essere l’inizio di un racconto secolare scritto per anticipare le grandi gesta di una band che ritorna sulle scene per regalare le stesse emozioni degli esordi ma purtroppo ciò solo in parte corrisponde a realtà visto che non possiamo presentarlo come un picco della carriera dei GD: durante i 7 anni infatti è avvenuto un cambio di moniker abbreviando quello vecchio in Digger e dando alla luce Stronger Than Ever oltre ad uno stravolgimento della line-up che vede il solo Chris Boltendahl tenere le redini del becchino con al proprio fianco Uwe Lulis che dall’87 lo accompagnerà fino alla fine del millennio e la presenza alla batteria di Jörg Michael (futuro drummer degli Stratovarius).

Anni quindi non semplici per gli eroi tedeschi ed i problemi vengono a galla ascoltando questo The Reaper solo sulla carta un nuovo inizio che dovrebbe rilanciarli verso le vette dell’ormai affermatissimo classic heavy metal teutonico. Infatti se The Reaper mette in luce dei passi avanti in termini di produzione, merito anche delle migliori tecnologie a disposizione, l’album si attesta su un songwriting eccessivamente in continuazione con il passato: ciascuna traccia si basa su uno o due riff al massimo che si ripetono all’infinito e di conseguenza anche i testi risultano poco variegati, segno di una ispirazione musicale limitata. Le canzoni risultano più orecchiabili, soprattutto nei ritornelli, e seppur l’album scorre tiratissimo (qua e là sono avvertibili alcune influenze speed) gli standard su cui si attesta l’album non sono come i primi tre lavori in studio della band, fisiologicamente associabili alla NWOBHM teutonica ottantiana.

Sicuramente è da segnalare la comparsa di assoli, fattore nuovo per i Grave Digger, capaci di mettere a lustro sopratutto la title-track e l’accattivante And The Devil Plays Piano in cui Uwe Lulis fa capire a tutti di non essere un novellino, mentre le doti del nuovo quartetto vengono messe in risalto tramite l’azzeccatissima Ride On, la ben costruita Spy Of Mas'On, la cavalcata dal nome Fight The Fight e l’epicissima Legions Of The Lost (Pt.2).
Le restanti tracce vivono di un’anima ribelle ma meno rivoluzionaria, scorrono statiche (Play Your Game, Ruler Mr. H su tutte), troppo legate ai vecchi stilemi classici della band e talvolta convincono solo in alcuni passaggi (Shadows Of A Moonless Night ha un riff che sembra uscito dalla chitarra di K.K. Downing e Glenn Tipton).
Sicuramente i brani stanno con gli anni assumendo una forma diversa ma il tempo della maturazione non è ancora giunto.


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