Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Emanuele Pavia
Etichetta: 
Temporary Residence Limited
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Zak Riles - Chitarra acustica
- Emil Amos - Batteria, Chitarre, Pianoforte, Synth, Tape
- Alex John Hall - Chitarra elettrica, Mellotron, Synth, Sampler
- William Slater - Basso, Pianoforte, Synth

Guests:
- Ash Black Bufflo - Synth (traccia 7)
- Timba Harris - Arrangiamenti d'archi

Tracklist: 

1. Future Primitive
2. All The Colors Of The Dark
3. Corridors Of Power
4. Deep Politics
5. Daughters Of Bilitis
6. Almost Grew My Hair
7. I Led Three Lives
8. Deep Snow

Grails

Deep Politics

Il quartetto strumentale dei Grails, originario dell'Oregon, si è distinto nel corso degli anni '00 per un post-rock dilatato e soffuso, condito di volta in volta da soluzioni provenienti dai più disparati generi musicali, spesso esulando anche dal contesto rock.

Dopo essersi cimentati nella fusione di psichedelia lisergica, folk rurale, jazz vellutato e anche world music, i Grails ritornano nel marzo 2011 con il loro settimo full-length, Deep Politics, che con tutta probabilità rappresenta anche uno degli episodi più felici della carriera della band.
Senza accantonare totalmente gli elementi più aggressivi del sound di Doomsdayer's Holiday (richiamati in ogni caso più nelle atmosfere oscure che nella distorsione acida che caratterizzava l'album precedente) e riprendendo la forma già consolidata della jam psichedelica dei tre volumi di Black Tar Prophecies e Burning Off Impurities - forse i due migliori lavori di tutta la carriera del combo americano -, i Grails si ripresentano quindi con la solita panoplia di generi e stili rivisti secondo l'ottica dilatata del post-rock più moderno, a cui si aggiunge inoltre un maggiore e inedito impiego dell'elettronica ad arricchire ulteriormente il loro raggio d'azione.
Se, dal punto di vista dello stile e dell'esecuzione della proposta, Deep Politics non si allontana di molto da ciò che già avevano offerto con i primi lavori, è la nuova aura misticheggiante che aggiunge un nuovo fascino alla musica del gruppo: le grintose partiture del disco vengono confinate in atmosfere esotiche e selvatiche, risultando particolarmente arcaiche e distanti, nel tempo e nello spazio. È proprio questo sapore più primitivo - contrapposto all'austerità psichedelica dei lavori precedenti - a distinguere Deep Politics dalla restante discografia dei Grails, nonché a renderlo più interessante della solita riproposizione dei clichè - che abbondano comunque anche in questo lavoro - del gruppo.

Future Primitive rispecchia, già nel titolo, il nuovo ambiente descritto dalla band, non più solo spaziale e cosmico bensì naturale e rurale, muovendosi tra progressioni folk e sonorità psichedeliche sospese su un evocativo tappeto di sintetizzatori, mentre i suoni distorti di All the Colors of the Dark (forse uno dei capolavori del disco, viste le molteplici sfaccettature che la compongono), introdotta da un oscuro tema di pianoforte, riportano alla mente specie di animali esotici e foreste pluviali.
Con Corridors of Power, che cita perfino il capolavoro Trust Us di Captain Beefheart nel fraseggio orientale di chitarra, i Grails si cimentano in un trip-hop vagamente orientale e dilatato, mentre più asettico e spettrale risulta il tappeto simil-elettronico di Daughters of Bilitis. La band lambisce anche territori di tragicità crimsoniana nella title-track, che con i suoi arrangiamenti sontuosi ma decadenti cita un'intera generazione di musica progressive rock; al contrario, Almost Grew My Hair si gioca tra arpeggi folk e assoli di chitarra reminescenti dell'hard rock..
I Led Three Lives, il brano forse più vicino allo stile di Black Tar Prophecies per via della sua psichedelia suadente e onirica e al contempo sofisticata e vagamente sensazionalista (vicina ai fasti dei Porcupine Tree in The Sky Moves Sideways), avvia quindi l'album verso la sua conclusione, che giunge con la rapsodia pseudo progressiva di Deep Snow.

Deep Politics è in definitiva l'ennesimo lavoro discreto confezionato dai Grails e, come tale, interessante per tutti gli estimatori sia del post-rock che della psichedelia di ogni genere. Ma nonostante la classe del quintetto e la qualità delle composizioni inserite in questo full-length, l'album non rappresenta assolutamente il percorso su cui il gruppo può permettersi di proseguire: la proposta rischia di risultare stantia e prevedibile e il genere di novità che i Grails decidono di adottare di volta in volta per rinfrescare la propria musica non può bastare a lungo per mantenere alti i livelli di creatività.

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