Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Season Of Mist
Anno: 
2009
Line-Up: 

:
- Manne Ikonen – vocals
- Tommi Kiviniemi – guitar
- Wille Naukkarinen – guitar
- Veli-Matti Suihkonen – drums
- Janne Julin – bass
- Aleksi Munter – keyboards

Tracklist: 

:
01. Suffocated
02. My Heart Is A Tomb
03. Into The Black Light
04. Lost In A Loop
05. 2222 – Nihil
06. Architect Of New Beginning
07. Birth
08. Concealed Revulsions
09. Secrets Of The Earth
10. A Storm Inside
11. Liar [bonus track]

Ghost Brigade

Isolation Songs

Sulla scia dei loro più celebri connazionali Amorphis, che da una miscela di melodic death metal, folk metal e progressive metal hanno saputo estrarre un sound pressoché unico ed immediatamente riconoscibile, i Ghost Brigade, giovane formazione finlandese di Jyväskylä, propongono una forma di metal dal mood tipicamente nordico,  estremamente personale e soprattutto accessibile (ma non per questo meno complessa e strutturata), fondendo con sapiente maestria melodic death metal, gothic metal, doom metal e, in parte, progressive metal e forgiandone la ferrea unione con un senso melodico innato e dominante che pare ispirarsi a certo melodic metal di derivazione Sentenced. Dopo un debutto tanto positivo quanto trascurato quale Guided By Fire, ormai risalente al 2007, i Ghost Brigade si ripropongono all’attenzione del grande pubblico con un album non troppo innovativo (sarebbe stato eccessivo pretenderlo) rispetto al precursore ma decisamente più raffinato, elegante e soprattutto intimo: proprio come la band di Tomi Joutsen fra il roccioso Eclipse e l’ammaliante Silent Waters, anche la formazione di Manne Ikonen ha deciso di alleggerire il proprio sound alla ricerca di un equilibrio sonoro più sottile, meno granitico, più introspettivo e decisamente meno roboante, sebbene molto più avvolgente e persuasivo. L’aumento considerevole delle sezioni puramente strumentali, mai come in questa occasione glaciali, malinconiche e penetranti; la netta relegazione delle tastiere ad un ruolo di sotterraneo accompagnamento; la portentosa esaltazione dei riff di chitarra, inseriti a profusione pressoché ovunque, tanto intuitivi ed essenziali quanto accattivanti e coinvolgenti; l’appiattimento delle linee di drumming, meno incalzanti e rabbiose, molto più lineari ed altere; tutte queste soluzioni, per quanto apparentemente semplici, contribuiscono a fare di Isolation Songs un’ora esatta di viaggio silenzioso e decadente, fra oscurità invernali, inquietudini boschive, gelo notturno e il placido tepore di un focolare montano.

Isolation Songs
, come suggerisce il titolo stesso, è un album invernale, ombroso, da vivere nella pace silenziosa della solitudine, rilassando i propri sensi ad ogni scoccar di nota e accarezzando ogni movimento di partitura con serenità genuina, con euforia quasi infantile: solo in questo modo è possibile apprezzarne il melodic death metal fortemente ritmato e mai asfissiante (nella stringente Suffocated come nella vorticosa Architect Of New Beginnings, certamente la traccia più heavy del disco), coglierne le velate sfumature di gothic metal pulsante e romantico (nell’albeggiante My Heart Is A Tomb ma soprattutto nell’imperiosa ballad Into The Black Light), sopravviverne il doom metal straziante e irrequieto (nell’ipnotica Lost In A Loop, dalle candide trame di violoncello, e nella lunghissima suite Birth, 9 minuti di assoluto dark metal). E’ evidente che una simile catalogazione non può essere che rappresentativa, in taluni casi addirittura simbolica, tuttavia proprio questa considerazione va a merito della band, che è riuscita ad amalgamare le diverse estrazioni stilistiche in maniera così compenetrante ed armonica da evitare la fastidiosa impressione che si tratti di isolati episodi di singolo genere piuttosto che di un’unica e univoca proposta: è questo il caso della suadente terna di ballad post-Birth, vale a dire la delicata Concealed Revulsions, la maestosa Secrets Of The Earth e la gelida A Storm Inside (il miglior capitolo dell’album insieme alle già citate Architects Of New Beginnings e Into The Black Light), tracce fondamentalmente simili ma che, prese singolarmente, sanno davvero farsi valere ed apprezzare.

Il solo difetto realmente imputabile ad Isolation Songs è, appunto, una certa monotonia di base, acuita solo in parte dalla lunga durata delle tracce (elemento di cui troppe volte ci si trova a lamentarsi, ma certo non in questa circostanza), che si ripercuote gravemente sull’ascolto dell’album nel suo complesso: per quanto sia indubbiamente apprezzabile che il lavoro si mantenga sempre su sonorità similari, offrendo una buona impressione di coerenza generale e chiarezza di idee, ciò non giustifica il fatto che la struttura canora adottata per le singole tracce sia molto spesso identica (con l’ovvia eccezione di Birth e della strumentale 2222 – Nihil) e che persino la successione dei momenti salienti all’interno dei diversi brani diventi pressoché ripetitiva e quindi prevedibile. E’ un vero peccato, tutto ciò, perché, negli istanti di maggiore tensione emotiva così come negli intermezzi più rilassati, i Ghost Brigade sanno davvero esprimersi in maniera convincente, con una grazia ed una leggerezza veramente encomiabili, e soprattutto riescono a padroneggiare le dinamiche musicali e sentimentali con perfetta consapevolezza, catturando l’ascoltatore sia nei momenti più graffianti e aggressivi sia in quelli più pacati e riflessivi; tutto questo viene automaticamente meno quando, sulla base delle precedenti considerazioni, quest’ultimo è in grado di intuire in anticipo cosa l’aspetta e dunque non può più esserne completamente coinvolto e assorbito.

Per tutto ciò che non riguarda strettamente il songwriting e la performance tecnica, infine, basti dire che ci troviamo di fronte ad un lavoro ai massimi livelli: l’erogazione del suono riesce a distribuire con la massima efficacia nitidezza, compattezza (i riffs e le distorsioni, soprattutto nel momenti maggiormente esplosivi, offrono un muro sonoro realmente massiccio e potente) e incisività; le vocals del bravo (sebbene talvolta un po’ piatto) Manne Ikonen sono sempre precise, azzeccate e piacevoli, sia nella cupa profondità dei growls, sia nella carezzevole dolcezza dei clean (pregio non da poco, considerando quanto spesso capiti che proprio un timbro sgradevole o un’interpretazione scadente demoliscano l’intero apporto del cast strumentale); l’artwork, in ultimo, fascinoso e sofisticato nella sua accattivante immediatezza, aggiunge un ulteriore tocco di appetibilità commerciale che offre all’album una completezza artistica sicuramente degna di nota. 

Alla fine dei conti, i Ghost Brigade si confermano l’ennesima realtà scandinava da tenere in grande considerazione, nel presente come nel futuro: il loro dark metal visivamente impressionistico (aggettivazione non casuale, ve ne accorgerete durante l’ascolto), intriso della disarmante sapienza degli Opeth, della glaciale oscurità dei Katatonia, dell’accogliente armonia degli Amorphis, manifesta in questo ammaliante Isolation Songs un ulteriore e deciso passo avanti verso la sua forma definitiva, esplorando in questa occasione i territori più segreti e silenti della psiche umana. Solitamente si dice che il terzo album è quello della definitiva maturità, della consacrazione finale e noi non ne dubitiamo certamente: se Guided By Fire ci aveva presentato una band promettente ma in parte ancora grezza, il suo successore dimostra una netta crescita sia tecnica che soprattutto compositiva da parte di un gruppo dalle grandi prospettive cui manca, però, ancora un po’ d’estro (o forse soltanto coraggio) per assurgere alle vette dei suoi illustri conterranei.

Giudizio finale, 7.5
: una maggiore fantasia, all'interno di uno stile comunque unico ed indefinibile, avrebbe certamente giovato ad un album e ad una band sempre al di sopra della media. Bravi.   


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