Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Anneke Van Giesbergen - voce, chitarra
- René Rutten - chitarra
- Frank Boeijen - tastiera
- Hugo Prinsen Geerligs - basso
- Hans Rutten - batteria


Tracklist: 


1. Rollercoaster (04:45)
2. Shot To Pieces (04:10)
3. Amity (05:57)
4. Bad Movie Scene (03:49)
5. Colorado Incident (04:53)
6. Beautiful War (02:32)
7. Analog Park (06:05)
8. Herbal Movement (04:10)
9. Saturnine (05:11)
10. Morphia's Waltz (06:37)
11. Pathfinder (04:38)

Gathering, The

if_then_else

A due anni di distanza dalla svolta di How to Measure a Planet?, i Gathering espandono quanto avevano sperimentato: l'influenza shoegazing nella cura effettistica si avverte ancora molto in alcuni punti, ma al contempo l'approccio si fa più "d'impatto" rispetto al precedente disco, con delle chitarre distorte spesso più corpose e degli arrangiamenti più diretti, addirittura relativamente più "metallici" tanto che questo if_then_else sembra il successore di Nighttime Birds più di How to Measure a Planet - o comunque un punto d'incontro a metà strada fra i due album.
La musica viene in ogni caso sviluppata unendo il tutto ad un rock ancora una volta molto intenso ed emozionale. Così i muri sonori densi ed eterei di Slowdive e Ride si fondono con spruzzi più psichedelici, contemporaneamente riprendendo riff corposi che possono esser fatti risalire persino ai Black Sabbath; mentre atmosfere ora cupe, ora sognanti permeano l'album sostenute dalla versatilità del chitarrista Rutten (capace di incorporare nel suo approccio sia un bilanciamento intelligente nel complesso sonoro, amalgamandosi con gli altri strumenti ed equilibrando il suo ruolo con quello degli altri musicisti, sia una presa di redini maggiore con alcuni riff più decisi), ma il tutto è molto più intenso e massiccio che nel precedente album!
A completamento, piccoli e sporadici cenni d'elettronica trovano ancora il loro spazio, inserendosi perfettamente come ciliegine sulla torta. Come al solito, i Gathering ci mettono del proprio per rendere ogni loro album un'opera unica, densa di emozioni, originale e coinvolgente; e la prestazione vocale di Anneke è più in forma che mai. Questa è la prima retorica premessa con cui scoprire if_then_else, una spinta più in là attraverso la soglia aperta l'anno prima in cui si sintetizzano le aperture più sperimentali con l'approccio più roccioso rimasto nel dna dei chitarristi, senza rinunciare alle novità.

Come per il predecessore, ad un primo ascolto per i novizi che stanno scoprendo il gruppo questo disco potrebbe non convincere appieno e suonare ancora ostico e indigesto: difatti l'entrata in questo crogiolo di influenze diverse non fu un passo apprezzato da tutti, facendo storcere il naso ai (non solo vecchi) fan che, maggiormente abituati allo stile più immediato di dischi come Nighttime Birds, mal digerirono il caleidoscopio di sonorità miscelate fra loro negli album di questo periodo.
In ogni caso il nostro consiglio è di non limitarsi e cercare di approfondire le proprie conoscenze musicali, scoprendo anche lavori come if_then_else perché esso è un lavoro di gran classe, molto più assimilabile di quel che potrebbe sembrare: un disco dal duplice aspetto rilassante e trascinante, che scorre liscio e perfettamente godibile, anche più compatto nella composizione del suo predecessore - e come sempre non mancano brani molto melodici ma dotati di una certa raffinatezza e ricercatezza.

Fin da subito abbiamo uno dei migliori brani fra tutti: e così le atmosfere evocative che introducono Rollercoaster vengono subito squarciate da riff corposi e ribassati, attorniati da effetti elettronici oscuri e dalla voce cristallina di Anneke. L'entrata nell'album non poteva essere più esauriente.
Più spedita Shot to Pieces, veloce ed energica (ma resa profonda dai bassi da shoegazing), e lo è ancora di più in rapporto alla successiva Amity, dove ritmi cadenzati e sonorità eteree fanno da padroni, per un vero e proprio dream pop + rock che ha il suo culmine nell'interludio di tastiera largamente emotivo.
Bad Movie Scene inizia come una soffice ballata incentrata solo sui suoi tenui giri di chitarra clean, a cui verso metà canzone si sostituisce la distorsione, accompagnata dai bassi pulsanti e sostenente un climax psichedelico ed etereo, quasi spaziale; pur essendo una trovata semplice e già collaudata, quella del crescendo emotivo, rimane sempre d'effetto se non espressa con ridondanza. Viene ora la rocciosa ma psichedelica Colorado Incident, impreziosita da effetti elettronici liquidi. Su di essa c'è un aneddoto curioso, parla infatti di un'esperienza realmente vissuta dal gruppo che dovette cancellare una data in Colorado a causa della stanchezza, dei troppi impegni e di un po' di raffreddore, lasciando i fan ampiamente delusi. Gli olandesi sono sempre rimasti molto spiaciuti per questo "incidente", al punto da ricordarlo in una loro canzone.
Vengono ora i riff quasi alla Black Sabbath di Beautiful War, ma ad attirare l'attenzione sono principalmente le trombe di questa strumentale. In realtà però non è nulla di particolare, visto che viene suonato un solo breve motivo ripetuto varie volte (l'intera traccia è un po' ripetitiva), ma tutto sommato è un inserto interessante, lo sarebbe stato ancora di più se fosse stato maggiormente approfondito.
Analog Park è costruita sul contrasto espresso fra le dolci note di sottofondo e il basso intermittente, il cui ritmo a metà traccia viene trasferito alla chitarra elettrica, dando un'atmosfera ancora più ossessiva con le sue distorsioni, per poi rimescolare il tutto prima dell'epilogo finale: fra la fine della canzone e l'inizio della successiva viene recitato un passo di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, una scelta curiosa, ma subito le note delicate di Herbal Movement si pongono in primo piano, sostenute dalla leggera tastiera che riempie l'atmosfera e facendo tornare alla mente i Radiohead più dolci ed eterei.
Il dream rock della famosa Saturnine rimescola le consuete tastiere atmosferiche e i riff cavernosi, al contempo piccoli inserti acustici ed un semplice e nostalgico giro ripetuto di pianoforte elevano l'emotività della canzone rendendola forse la migliore del disco. Come per Beautiful War c'è un inserto interessante, cioè alcuni violini sul finire del brano; questa volta però il loro ruolo viene espanso (anche se non di molto), ma ciò accade di più nella successiva Morphia's Waltz. E' una ballata semiacustica dolce e rilassante, a metà strada fra alt rock, pop/rock e dream folk, dove gli archi non prendono banalmente il sopravvento, ma rimangono un accompagnamento vellutato, ben calibrato all'interno della canzone.
Dopo l'ormai tradizionale breve periodo di silenzio si passa all'ultima canzone, la strumentale Pathfinder, interamente costituita da melodie tenui e cullanti. Si può sentire anche un violoncello appena accennato, ad ogni modo l'atmosfera notturna ricreata è perfetta per chiudere l'album.

Considerando il suo sottovalutato valore, ITE merita un approfondimento decisamente migliore di quello che gli è stato spesso riserbato dal particolare settore che nel 2000 ancora costituiva la maggior parte del pubblico conoscente i Gathering.
Un'ottima conferma per gli olandesi, che sicuramente non consigliamo come inizio a chi è nuovo a questa musica in modo da concedere maggior tempo per apprezzarla, ma che raccomandiamo di esplorare quanto prima. Però in fondo c'è da dire che forse una piccola critica alla svolta dei The Gathering si può fare, e cioè che le loro sperimentazioni a tratti sembrano un po' evanescenti e appaiono come se mancasse qualcosa per completare il cerchio; in ogni caso, questo non ha impedito loro di realizzare lavori di buona fattura. Possiamo quindi tranquillamente contemplare quell'ottimo disco che risponde al nome di if_then_else.


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