Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Psychonaut Records
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Frank Boeijen - tastiera, programmazione
- Anneke Von Giesbergen - voce
- Marjolein Kooijman - basso
- Hans Rutten - batteria, percussioni
- René Rutten - chitarra


Tracklist: 

1. Shortest Day
2. In Between
3. Alone
4. Waking Hour
5. Fatigue
6. A Noise Severe
7. Forgotten
8. Solace
9. Your Troubles are Over
10. Box
11. The Quiet One
12 - Home
13 - Forgotten reprise

Gathering, The

Home

Molti attendevano con ansia il nuovo album dei Gathering: saranno proseguiti sulle sonorità dell'ultimo disco o le avranno accantonate per dedicarsi ad un lavoro maggiormente acustico, come nel live Sleepy Buildings? Avranno, improbabile, rinnegato la loro evoluzione per tornare sui dischi precedenti o saranno cambiati ancora?

Il nuovo album si intitola Home: meno dolente (anche se ugualmente malinconico) del suo predecessore, si nota soprattutto l’espansione della melodia senza sminuire il lato più intimista e quello più psichedelico. La base è derivata da quanto proposto con Souvenirs, ma i Gathering si evolvono di nuovo in favore di una vena melodica più "pop" e aperta, elaborano ancora il loro suono abbinandolo a spunti relativamente più sperimentali, reinterpretano ulteriormente quello stile personale con un tocco maggiormente melodico, aggiungendoci sempre del loro e dando alla luce un’opera personalissima, singolare e dall’anima profonda e dalle molte sfaccettature.
Il loro personalissimo rock continua ad essere saldo e consolidato nel loro stile, ma ciò che lo rende più fuori dagli schemi e alternativo mantiene alta la sua presenza: e lo stile del gruppo si mantiene fresco e vitale.

La capacità compositiva del chitarrista René Rutten e del tastierista Boeijen è più ispirata che mai, i due riescono a ricreare atmosfere evocative e densi scenari su cui si adagia la voce di Anneke, ma anche brani più catchy e tirati interpretati da lei con una prestazione promossa a pieni voti. Sì, perché la voce di Anneke è limpida e chiara come non mai, nonostante siano passati tanti anni dalla giovinezza degli esordi si mantiene candida come quella di una dolce bambina dalle corde vocali di un angelo; forse è un effetto collaterale della sua recente maternità. Da un punto di vista tecnico tende ad utilizzare un canto a “mezza-voce”, entrando in acuti cantati leggermente, quasi sottovoce, e con una delicatezza incredibile. Anche se cantare in questa maniera e ai livelli di Anneke è molto difficile, d’altra parte sono ormai rarissime le occasioni in cui prende di petto le canzoni (Alone) e questo potrebbe portare i suoi fan di lunga data a storcere un po’ il naso per questa mancanza. È comunque anche grazie a lei che la musica dei Gathering può esprimersi al massimo.
La nuova bassista Marjolein Kooijman, inoltre, si integra quasi alla perfezione nel gruppo (anche se il basso tende a farsi coprire ogni tanto).

La nota più gradevole di Home è la sua grande melodicità, caratteristica consueta degli olandesi ma qui ancora più in rilievo. Una melodicità presente ovunque, senza tuttavia nascondere lo spirito malinconico e le atmosfere oscure che compongono l’album. L’eccezione a questa cupezza può venir rappresentata dall’apertura dell’album, più vivace e spensierata del solito: e così l’iniziale hit pop Shortest Day, che venne già rilasciata come singolo scaricabile gratuitamente online, dopo un riff quasi psichedelico sfocia in una sezione ritmica sicura nella sua esecuzione e in un canto timido ma deciso e, soprattutto, estremamente orecchiabile. I successivi melodiosi vocalizzi sono il culmine della cristallinità e del timbro innocente di Anneke, in una canzone gradevole pur nella sua semplicità.
Anche In Between (che si sarebbe dovuta chiamare Zyon) è una canzone dalla concezione molto più orecchiabile del solito, ma più progressiva (addirittura si arrivano ad accennare tempi dispari di esecuzione). Ed il cardine è sempre il chorus dove Anneke mostra tutta la sua versatilità vocale e fa capire che questo è solo un assaggio di quel che dimostra per tutto l’album.
Ad ogni modo è con la terza canzone si comincia a fare sul serio quanto a tappeti di effetti oscuri e strumentazioni malinconiche: Alone è decisamente meno spensierata di Shortest Day, e probabilmente rappresenta il vero inizio dell’album (ma volendo possiamo pure includere In Between). La componente elettronica è maggiore, espressa tramite refrain tenebrosi di synth ed una batteria filtrata elettronicamente a sostegno delle chitarre melodiose ma acide. L'intermezzo trance/ambient eleva all'ennesima potenza il lato più onirico dei Gathering, l'unico neo è che forse in certe stratificazioni di sampling di vocalizzi c'è un po' di manierismo.
In ogni caso, non viene meno la grande melodicità che si manifesta ancora di più in Waking Hour, nei duetti fra Anneke e il pianoforte di Frank Boeijen e i tenui, cullanti arpeggi semi-acustici.
Breve parentesi ambient/noise con Fatigue e si passa ad A Noise Severe, dove suoni che rievocano un folklore retrò si congiungono a lenti e massicci riff distorti di sottofondo e ad atmosfere quasi drone/post-rock; quasi una suite con i suoi sei minuti, per compensare il poco più di un minuto e mezzo del brano precedente.
Forgotten
è il brano più denso d’emozioni fino a questo momento, composta soltanto da un timido pianoforte che costruisce tutta la melodia del brano e dal cantare dolcemente di Anneke. Verrà ripresa più tardi, ma intanto due voci recitano in spagnolo alcune frasi che portano a Solace, un brano strano, immersa in effetti allucinogeni di chitarra, ritmi quasi marziali sostenuti dalla batteria e dalle ultime corde in muting della chitarra elettrica e dalle voci in diverse lingue straniere che emergono ogni tanto leggendo freddamente delle frasi simili un po’ ad enunciati.
Una sovraincisione vocale introduce invece Your Troubles are Over, più incalzante, molto orecchiabile ed eterea, ma anche con quel filo di malinconia nascosto sotto la coperta di note che la reggono. Gli effetti in chiusura, con un lento battito in lontananza, sfociano nella sognante Box, timidamente suonata da leggere chitarre appena-appena distorte e da un pianoforte coperto, fino alla tradizionale effettistica trip in chiusura.
La breve The Quiet One è un brano acustico di Rock cupo, che a tratti ricorda i Lacrimosa nei momenti in cui suonano brani simili, ma con senza le imponenti strumentazioni di contorno (al loro posto alcuni effetti più celestiali), e con Anneke che intona solamente dei fraseggi con la sua dolce voce al posto del canto più sofferto e classicheggiante dei Lacrimosa.
La lunga, stupenda Home è un denso viaggio fra distorsioni psichedeliche ed effetti riverberati sullo scenario sottostante. Le melodie si propongono e ripropongono lente e nostalgiche, ma la suggestività creata dall’eterea tastiera di sottofondo, con i suoi tappeti atmosferici, completa veramente il cerchio. Dopodiché un breve minuto di silenzio, prima che inizi Forgotten Reprise che è per l’appunto la riproposizione di Forgotten prima accennata: lo stesso giro di pianoforte, questa volta campionato in tastiera elettronica, insieme agli effetti particolari inseriti nel brano, la rendono la più atmosferica e sognante di tutti. Soprattutto dopo che Anneke smette di cantare intorno al minuto, lasciando scorrere il brano fino a quasi otto minuti che così come possono sembrare ripetitivi, possono anche essere troppo pochi: forse è la campana in lontananza, che stimola anche un certo senso di serenità, o il breve pianto di un neonato accennato sporadicamente, che a sua volta richiama le sensazioni che si provano nel vedere un bambino appena nato che naturalmente piange. Ma la dissolvenza che lentamente sopravanza a partire dai cinque minuti di brano anticipa che l’ora intera che occupa l’album è ormai giunta al termine, senza lasciare nulla di incompiuto.

Non c’è affatto delusione o amarezza alla fine di quest’album, i Gathering si perfezionano ulteriormente e mostrano tutta la loro classe e il loro genio in Home, ancora più caratterizzato, innovatvo ed eterogeneo di Souvenirs, anche se forse con pezzi singoli che colpiscono di meno. Melodia, malinconia, umori ora più tristi ora più leggeri, tappeti di tastiera suggestivi, psichedelia, sperimentalismo compositivo, atmosfere oniriche o celestiali, un certo sentimentalismo lirico e tanto altro ancora: ingredienti amalgamati con raffinatezza in uno scenario molto significativo, un originalissimo album soft molto avvolgente ed evocativo dove ogni brano è una perla che brilla di luce propria, e con quel pizzico di eclettismo nell’album che condisce il tutto.
Solamente gli intransigenti che preferivano il vecchio corso, oppure quelli che preferirebbero un album più dinamico, più rockeggiante, potrebbero non venire soddisfatti appieno da questo disco.
Una lezione di stile in quanto a freschezza compostiva, personalità stilistica e originalità negli arrangiamenti, per moltissime formazioni.

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