Voto: 
7.9 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Etichetta: 
Lion Music/Frontiers
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Rob Van der Loo - basso, Chapman Stick
- Roel Van Helden - batteria
- Nick Hameury, Irene Jansen, A.A.Lucassen, Andrè Vuurboom - voce

Guests:
- Steve DiGiorgio, Sean Malone - basso
- Ron Baggerman - Chapman Stick
- Marcel Coenen, Chris Godin, James Murphy - chitarra
- Joost van den Broek - tastiera


Tracklist: 

1. Characters
2. Talking Chair
3. I’m The Hero
4. I Understand
5. Downtown
6. Beyond the Garden
7. Bulldozer Blues
8. Café Supreme
9. Jaba
10. Absence

Freak Neil Inc.

Characters

Freak Neil Inc è un progetto davvero sorprendente che nasce dalla mente di Rob Van Der Loo (Sun Caged), il quale dopo l’EP, Six Arms, da alla luce nel 2005 Characters, in collaborazione con il “collega” batterista Roel Van Helden. Si tratta di un concept molto originale, centrato sulle caratteristiche psicologiche di vari personaggi che vengono ritratti di track in track. Dal punto di vista stilistico il disco è dominato dal basso e da Chapman stick che sono stati proprio concepiti da Rob come struttura portante dell’album. Questo presenta poi delle non comuni capacità di conciliare generi completamente differenti. Infatti trova modo di esistere qui una generale tendenza prog, decisamente estremizzata, che racchiude in sé vari contributi: nu metal, thrash, death o addirittura jazz. L’aspetto schizofrenico, come è suggerito dall’artwork, è sicuramente importante, oltre che ben evidente. L’insieme vocale ad esempio esplicita in modo significativo tale caratteristica con risate, urla inquietanti e disumane, miste a parti graffianti o anche in clean.

La varietà del sound rappresenta poi la grande varietà all’interno della line-up. Oltre alla mente creante il progetto, si hanno una serie di guest di “lusso”, dal passato non trascurabile. Al basso Steve DiGiorgio (Death, Testament, Artension, Sadus, Iced Earth) e Sean Malone (Cynic, OSI, Gordian Knot), alla chitarra Marcel Coenen ( Sun Caged, Time Machine, Stormrider) e James Murphy (Obituary, Death, Testament Cancer), alla tastiera Joost van den Broek (After Forever, Ayreon, ex Sun Caged); senza dimenticare nemmeno A.A. Lucassen (Ambeon, Star One, Ayreon), Andrè Vuurboom (ex Sun Caged) e Irene Jansen (Ayreon, Star one) alla voce.
L’intenzione del bassista dei Sun Caged è proprio quella di unire i background di artisti ad altissimo livello, i quali sono tra i protagonisti indiscussi della scena extreme metal europea e mondiale.
In questo modo il platter inizia con un intro piuttosto inquietante, che rimanda a una scena mista pazzia-inferno. Dopo questo scorcio ironico, si entra subito nel caldo della produzione con Talking Chair, brano molto efficace per l’incisività strumentale. Il ritmo è ai limiti tra prog e death, grazie a riff di chitarra molto potenti, che si abbattono come macigni sull’ascoltatore. Il lavoro per quanto riguarda la batteria è realizzato con grande classe e precisione. Questi aspetti strumentali si conciliano con l’esplosione vocale che, in un raptus di follia, unisce vocal gutturale nu metal, urla sgraziate e linee vocali graffianti in stile thrash americano. Da qui si stacca una parte centrale dove la voce si ripulisce e sale di tono, in corrispondenza a patterns jazz di grande qualità e effetto. La terza track, I’m the Hero, ha una prima parte quasi alternative di drums, con tempi irregolari, molto coinvolgenti, che si fondono all’imperioso contributo di Chapman Stick che segna svolte importanti. Un solo esilarante di guitar concilia poi il tutto in modo alquanto tecnico e raffinato. I Understand, brano seguente, si differenzia poi dai precedenti per un maggiore contributo elettronico; anzi certe parti se ascoltate isolate si direbbero anche industrial.

Con Downtown si entra nella parte avanzata del disco che si fa ancora più particolare, rarefatto in alcuni punti, e radicalmente estremo in altri. Questa quinta track è quella maggiormente influenzata da sonorità jazz. Le atmosfere calde e avvolgenti di basso e stick scandiscono i primi minuti per essere poi coadiuvati da un complesso solenne drums-guitars e da effetti orientali; scende poi di volume gradualmente con effetti electro sfumati che si collegano dolcemente al successivo brano. Beyond the Garden è una bellissima prova con voce femminile. Le linee melodiche sono malinconiche, eleganti, eteree e cristalline. Si entra in una dimensione rilassata e onirica, lontana dal caos della prima parte del full-length. Questa pausa di riflessione cede il passo dopo quattro minuti e mezzo all’esilarante e aggressiva Bulldozer Blues. Questa song si potrebbe anche definire da psicoanalisi. E’ quasi un ossimoro musicale. Molto efficace, per il connubio della parte strumentale piuttosto ragionata, orientata verso il progressive classico, con un growl animalesco, da Machine Head.
Cafe Supreme porta ai limiti dell’immaginabile questi impensabili abbinamenti sonori. Si inizia con voci da bar e percussioni latin per sfociare nella forte soluzione sonora di basso e stick, connotabili in senso jazz, i quali si avvicendano e attorcigliano su soli intricati di chitarra da Guitar Heroes. Il capolavoro strumentale viene sfiorato con Jaba, per la perfetta prestazione di Van der Loo, che si differenzia da tutto l’insieme sonoro. Sono fuori posto forse le improvvise sfuriate vocali, ma del resto le analisi psicologiche dei singoli personaggi nelle diverse track ci hanno abituati ormai a tutto. Quindi non ci si sconvolge a sentire neanche musichette da partita di baseball, interrotte da pattern jazz che poi, senza un filo stilistico, per misteriosi retroscena della psiche umana, si tramutano in selvagge esplosioni death.

A questo punto, anche se l’ascoltatore è arrivato stremato alla decima song, l’artista olandese insiste con un’ultima track di ben tredici minuti. Absence si ricollega però a Beyond the Garden e recupera quindi toni pacati e vaghi. Rimane il fatto che sarebbe effettivamente banale una conclusione del genere. Quindi arriva inevitabile, come un castigo divino preannunciato, un climax strumentale trainato di forza da un ritmo assillante di batteria, che crea un’atmosfera affascinante con chitarre e vocals, lasciando spazio a un solo irrompente. Lo stick riprende da qui le redini e insieme a batteria campionata scandisce tempi altalenanti. L’evoluzione sonora di questo brano è travolgente e impressionante. Tutte le idee di Van Der Loo qua si concretizzano in un’onda di energia, dinamismo e mistero.
Insomma Characters è un’opera dai mille risvolti. Il calderone stilistico dal quale viene fuori questo disco dimostra delle potenzialità senza pari, d’altra parte può comportare però un appesantimento eccessivo dell’ascoltatore. Il livello tecnico di ciascun artista che ha contributo, chi più, chi meno, all’elaborazione del platter è indiscussa e indiscutibile. E’ un disco quindi interessantissimo, da ascoltare, che può rivelarsi una perla o un’assurdità; nonostante ciò bisogna stringere la mano al grandissimo talento Van Der Loo, anche solo per aver messo mano a un’impresa di tale impegno.

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