Voto: 
5.7 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Russ Anderson – vocals
- Steve Smyth – guitars
- Craig Locicero – guitars
- Matt Camacho – bass
- Mark Hernandez – drums 

Tracklist: 

1. Alpha Century 02:00 
2. Forsaken at The Gates 04:54
3. Overthrow 04:43
4. Adapt Or Die 05:14
5. Swine 06:30
6. Chatter 02:16 
7. Dragging My Casket 06:44
8. Hopenosis 05:30
9. Immortal Wounds 05:29
10. Behind The Mask 05:39
11. Inhuman Race 06:25
12. Omega Wave 06:00   

Forbidden

Omega Wave

I Forbidden dalla California furono sicuramente tra gli esponenti di spicco della seconda ondata di bands thrash metal anni 80. La loro prima incarnazione portava il nome di Forbidden Evil e l’anno era il 1985. Addirittura sei demotapes vennero dati alle stampe per poi, nel 1987, cambiare nome in Forbidden. I tempi erano maturi per un album ufficiale, il primo, ed ecco che il loro debutto dal titolo Forbidden Evil venne pubblicato grazie alla mitica Combat Records, che curò anche la pubblicazione del secondo Twisted into Form (1990).
Il loro stile era in perfetta linea  con le produzione della Bay Area di allora, quindi un mix perfetto di melodia ed aggressione. Il thrash metal si fondeva con il power Statunitense per creare composizioni complesse ma anche catchy. Presto, tuttavia, il gruppo prese le distanze da tali sonorità perché gli anni 90 si fecero sentire con il loro carico di innovazione e Locicero e soci scrissero musica dal tocco più groove ( o post-thrash) per degli album che segnarono inesorabilmente la caduta del gruppo.

Questo Omega Wave vuole essere il ritorno ufficiale del gruppo dopo la reunion del 2007 e sin dalla copertina si capisce come quanto il gruppo tenga a riportare alla vita quelle sonorità che tanto piacquero al pubblico metal ormai quasi venticinque anni fa. Se le intenzioni sono più che buone, il risultato finale è alquanto controverso giacché inesorabilmente alcune delle influenze del periodo non felice della band ritornano, intaccando la qualità dell’album.
Alpha Century apre le danze con un preludio composto da linee di chitarra solista intrecciate per sfociare nella potentissima, completamente legata alle radici del genere Forsaken at The Gates. Gli stop and go, le ripartenze e  la voce potente di Russ Anderson sono ottime a darci il benvenuto affinché i periodi migliori della band ci possano tornare in mente. La produzione è potente, impastata al punto giusto e sicuramente dà molto rilievo al lavoro operato dalla due chitarre, in costante bilico tra linee soliste più accessibili e attacchi frontali a base di palm muting.

L’euforia del primo momento presto viene meno ascoltando la successiva Overthrow, canzone dal completo stile anni 90 con groove in evidenza, coretti di voce pulita in puro post-thrash style e conseguenti riffs dissonanti. Ahinoi, amanti del thrash genuino e speranzosi per questo album, ci dovremmo fare il callo a questo stile perché, come anticipato, più di metà album viaggia su questi stili. Altri esempi si possono avere con la lunga, darkeggiante Swine, dal retrogusto sludge o con Draggin my Casket. Alcune trovate non sono affatto male ma la durata eccessiva delle composizioni e l’uso di vocalizzi a volte non propriamente thrash, fanno sì che a lungo andare la proposta diventi dispersiva o noiosa, senza colpire nel segno. Le strutture sono sempre abbastanza complesse ed il riffing risulta sempre abbastanza buono ma leggermente anonimo, ovvero senza momenti veramente esaltanti.
Ciò lo si può constatare anche in occasione di tracce più dinamiche come Adapt or Die o in alcuni momenti di Immortal Wounds. Tuttavia, molte volte il gruppo sembra perdersi in un bicchier d’acqua cercando in tutti i modi la soluzione più difficile che li porta a riempire le canzoni di fillers con conseguente risultato di calo dell’attenzione da parte dell’ascoltatore.

La parte finale dell’album sicuramente non cambia molto le carte in tavola e non alza granché la qualità generale della proposta. Sì, vi sono alcune discrete parti thrash in Behind the Mask ma tutto viene smorzato in termini di potenza dalle continue influenze groove che invadono il sound dei Nostri. Persino inutile soffermarsi sulle due ultime tracce, Inhuman Race e la title-track, perché non dicono veramente nulla di nuovo e abbiamo ancora una volta a che fare con gli stessi riffs e le stesse influenze che i Forbidden ci hanno proposto finora. Il risultato dell’album è alquanto deludente e ciò che fa più rabbia in questi casi è notare che le composizioni migliori sono posizionate in apertura, come a voler illudere l’ascoltatore non troppo attento. Non fatevi ingannare, i Veri Forbidden rivivono solo sporadicamente in questo album.   

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