Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Lorenzo Iotti
Etichetta: 
Valery Records/Frontiers
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Terence Holler – voce
- Andrea Martongelli - chitarra
- Mirko Nosari - chitarra
- Giulio Bogoni – tastiere, piano e organo hammond
- Lucio Piccoli - basso
- Marco Piran – batteria

Tracklist: 

1. Craving For Light
2. The Edge Of Insanity
3. Blind
4. Home
5. Carved (pt. 1)
6. Carved (pt. 2)
7. The Tunnel
8. The Things That Have Yet To Come
9. The Days Of Betrayal
10. Never Heaven

Fear of Fours

Never Heaven

I neoformatisi Fear Of Fours sono in realtà una all-star band formata da personaggi di spicco della scena metal italiana, come Mirko Nosari e Marco Piran, rispettivamente chitarrista e batterista dei Mothercare, Andrea Martongelli, chitarrista di Arthemis e Power Quest, e Terence Holler, vocalist degli Eldritch.
A prescindere dalla copertina di dubbio gusto, il debutto della band, Never Heaven, si configura come un interessante tentativo di coniugare la musica progressiva e psichedelica, Porcupine Tree in primis, con le sonorità pesanti caratteristiche del metal; questa descrizione potrebbe sembrare piuttosto banale, in quanto la nostra penisola, così come la scena internazionale, brulica di band prog-power fatte con lo stampino che si attengono pedissequamente ai canoni del genere mancando totalmente di iniziativa personale.
In questo caso ci troviamo invece di fronte ad un’interpretazione musicale piuttosto variegata, che pur strizzando l’occhio a diversi gruppi non si rivela quasi mai banale, dimostrando l’abilità della band a livello di songwriting; abbiamo così ritmiche varie e complesse, riff che spaziano dal prog metal più tradizionale al thrash e un uso moderato ma sapiente di tastiere e pianoforte, accompagnati dalla voce di Holler, che si riscatta dalla performance piuttosto piatta data sull’ultimo disco degli Eldritch, The Blackening, spaziando dal tono accattivante tipico della sua band ad incursioni in vocals più rabbiosi e perfino in un growl profondo e gutturale. Anche l’atmosfera del disco è piuttosto varia, e si passa anche all’interno di un singolo brano da toni sognanti a parti oscure, da sfuriate rabbiose ad intrecci dolci e melodici.

Si ha l’ironica impressione che Never Heaven sia concepito per dissuadere gli ascoltatori superficiali, in quanto, oltre alla già citata copertina non troppo attraente, il primo brano, Craving For Life, si rivela anche il meno riuscito del lotto, complice una certa disorganicità tra le parti che lo compongono, e un’interpretazione vocale quanto mai banale che, sulla scia dell’ultimo Eldritch, si sviluppa in modo piuttosto slegato dalla musica, creando una sensazione fastidiosa che si acuisce con una terribile stonatura; non mancano comunque elementi interessanti, come lo stacco acustico spagnoleggiante in stile Porcupine Tree. Gli stessi problemi si ritrovano nella successiva Edge Of Insanity, che pur risultando più riuscita nel suo accostamento di parti acustiche e riff presi in prestito addirittura dai Testament (e, sia chiaro, opportunamente ammorbiditi) non convince a pieno.
Le vere capacità dei Fear Of Fours emergono finalmente nella terza traccia, Blind, che si sviluppa su toni più opprimenti e oscuri costruiti da arpeggi sussurrati e sfuriate metalliche accompagnate dal growl, con numerosi richiami agli Opeth sia nelle ritmiche sia nei riff; a ciò si accostano parti più spensierate, dove il lato prog della band emerge nelle scale di tastiere sempre ben integrate nel complesso. Home è invece la prima di una serie di ballad dolci ed eteree, costruite da veloci accordi di chitarre classiche spagnoleggianti, e così come le seguenti The Tunnel e Never Heaven si rivela riuscita e di buon gusto pur con frequenti e consistenti richiami a Opeth e Porcupine Tree.
L’influenza di queste due grandi band domina la musica di tutto il disco, a partire dalle sferzate elettriche della lunga e complessa Carved, che compensa alcune parti anonime con atmosfere sognanti ed imprevedibili costruite da riff leggeri e contorti e brevi tappeti di elettronica, sotto cui si dipana una ritmica varia e coinvolgente, sulla scia di Martin Lopez degli Opeth.
Buoni anche i pezzi più pesanti, come Of The Things That Have To Come, che alterna anch’essa parti acustiche e ottimiste a sfuriate pesanti e distorte che sembrano prese direttamente da Deliverance degli Opeth, e la complessa e articolata The Days Of Betrayal, che riassume tutti gli elementi del disco in un brano lungo e un poco prolisso, impreziosito però da soluzioni riuscite e commoventi, come l’intreccio di basso e piano accompagnato dalla voce filtrata di Holler.

Never Heaven è dunque un buon disco, che piacerà sicuramente a chi cerca strade particolari e lontane dai soliti schemi all’interno del progressive metal; ciò nonostante, ci sono ancora numerose cose da rivedere, a partire dai richiami un poco esagerati alla band di Steven Wilson, e per finire con la voce non sempre ben integrata e le composizioni a volte eccessivamente lunghe e disomogenee. In ogni caso, un buon esordio, e un gruppo da tenere d’occhio per il futuro.

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