Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Andrea Rubini
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Mathias Benedikt von Ockl - voce
- Markus Ruf - chitarra
- Patrick Hagman - chitarra
- Bartosz Wojciechowski - basso
- Norman Lonhard - batteria

Guests:
- Marcel Schirmer (Destruction) - voce e basso
- Mike Sifringer (Destruction) - chitarra
- Kim Olesen (Anubis Gate) - tastiere e programming

Tracklist: 

1. Accompanied By Death
2. Blankness
3. Culture Of Fear
4. Accelerate Or Die
5. Stamp Of Credence
6. Survival Scars
7. Vulcanus
8. Soul Consumer
9. Both Blood
10. Gates To Nowhere
11. Lost In Black
12. Wasteland

Fear My Thoughts

Vulcanus

Fromatisi nel 1998, i Fear My Thoughts sono una band che ha fatto una lunga gavetta sotto le ali della Lifeforce Records prima di approdare quest'anno alla Century Media, label che almeno dal punto di vista della distribuzione può garantire al combo teutonico di uscire ufficialmente dalla sfera dell'undergrund. Il combo di Friburgo dunque va ad accostarsi con tutti i diritti agli ormai internazionali (Maroon, Heaven Shall Burn, Fall Of Serenity, Heaven And Hell e Caliban, per citarne alcuni) come vera e propria realtà tedesca che miscela sapientemente heavy, thrash, death e le più recenti espressioni musicali, quali il metalcore.

Infatti rinchiudere la band in una scatola identificativa stretta vorrebbe precluderne l'impatto artistico che ha maturato fin dall'esordio Sapere Aude, Ep con cui esordirono nel 1999. E sempre più dalla Germania arrivano nuove realtà, come i Nayled o i Sinworks, capaci di leggere le nuove correnti post-thrash americane e combinarle con i dettami più classici dello Swedish Death, alias Gothemburg.

Prodotto da Jacob Hansen (già con Maroon e Hatesphere), Vulcanus si presenta come prima vera "botta" dell'anno, essendo uscita nei primi di Gennaio. Ed è proprio una delle tracce più pesanti dell'album ad inaugurare la release: Accompanied By Death infatti è molto veloce, combinando scream e growl e creando davvero un impatto fulmineo nell'ascoltatore, catturandone l'attenzione fin dalle primissime note introduttive. Non da meno la seguente Blankness, e il suo sapiente dosaggio di ritmiche incalzanti e riff decisi e taglienti. Inoltre dai cori clean e dalla struttura delle chitarre si intende chiaramente il potenziale di Von Ockl e compagni, capaci di incarnare esattamente la proposta individuata dai Soilwork ma che purtroppo Speed non ha saputo portare avanti ed elaborare a questo stadio. E se le prime due tracce ci inchiodano allo stereo per la loro aggressività, la successiva Culture Of Fear è decisamente più emotiva, pur non calando l'impatto del full: atmosfere dark ed evocative grazie alle chitarre e alle scelte per quanto riguarda il microfono non difficilmente strizzano l'occhio ad Opeth ma anche alle strumental-tracks dei Borknagar. Dopo un avvincente drumming di Lonhard, ecco Accellerate Or Die, brano personalmente di punta di questo Vulcanus, in grado di racchiudere ogni singolo elemento dei tedeschi, dalle metriche serrate ai riff taglienti, dai soli mirati al dosaggio delle parti vocali. Da menzionare la presenza di Marcel Schirmer e Mike Sifringer dei Destruction, che rendono ancora più aulico l'impatto della canzone. Sarebbe da spendere almeno una riga per traccia, ma per non rovinare il sapore del brano l'ultimo cenno dovuto va fatto per la title-track Vulcanus, brano strumentale che nonostante una durata superiore ai cinque minuti riesce a regalarci ottima musica, combinando parti lente a parti più serrate, ed evocare con la sua varietà di elementi un pathos veramente raro.

Come accennato in precedenza, dalla Germania stanno arrivando, o si stanno confermando, sempre più band di questo genere, mercato dunque da tenere controllato, perchè ne stanno uscendo veri e propri capolavori; capolavori come questo Vulcanus, che decisamente apre egregiamente questo 2007 musicale. I Fear My Thoughts hanno quindi evoluto il proprio standard, già assolutamente più che discreto dopo due album quali The Great Collapse e Hell Sweet Hell. Inutile a questo punto ricordare, o affermare, che il metalcore è talmente vasto che come etichetta in quanto tale non può avere una valenza definita.

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