Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Potomak/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Alexander Hacke – Basso Elettrico, Batteria, Mandolino, Banjo, Chitarra Elettrica, Processi elettronici, Vihuela
- Blixa Bargeld – Voce, Chitarra Elettrica, Organo Hammond, Rhodes, Vibrafono, Piano, Processi elettronici, Clavicordo
- Jochen Arbeit – Chitarra Elettrica, Batteria, E-Bow, Melodica, Xylofono
- N.U. Unruh – Batteria, Percussioni varie, Plastic Pipes, Rhodes, Bacchette d’alluminio
- Rudolf Moser – Percussioni varie, Batteria, Yang Qing, Vibrafono, Vetri

Ospiti:
- Ari Benjamin Meyers – Piano in “Die Wellen”
- Stefano Macor – Viola
- Jan Schade – Violoncello
- Claudia Gubisch e Anton Teslia – Violino
- Ash Wednesday – Sampling, Organo da chiesa in “Nagorny Karabach”


Tracklist: 


1. Die Wellen (3:49)
2. Nagorny Karabach (4:26)
3. Weil weil weil (4:58)
4. Ich hatte ein Wort (4:21)
5. Von Wegen (5:38)
6. Let's Do It a Dada (5:54)
7. Alles wieder offen (4:15)
8. Unvollständigkeit (9:40)
9. Susej (4:50)
10. Ich warte (6:10)

Einstürzende Neubauten

Alles Wieder Offen

Nonostante la serie impressionante di lavori -secondari e limitati- uscita negli ultimi tempi (dischi appartenenti perlopiù alla Musterhaus Series, espressamente dedicata ai propri supporters), solamente tre anni separano “Alles Wieder Offen” (“tutto è nuovamente aperto”), decimo album degli Einstürzende Neubauten, dal predecessore “Perpetuum Mobile” (Mute Records, 2004): eppure, la sensazione è che ci sia un’atmosfera tutta nuova, nel collettivo sperimentale tedesco.
Primo capitolo ‘maggiore’ della band a essere pubblicato in maniera totalmente indipendente, con i soli fans (quelli entrati a far parte del progetto come ‘supporters’) a finanziarlo, “Alles Wieder Offen”, mostra come Blixa & compagni abbiano definitivamente deciso di fare le cose per proprio conto; intendiamoci, i berlinesi non si sono mai fatti condizionare granché dal mondo esterno, ma ora più che mai pare che gli Einstürzende Neubauten vogliano dedicare un po’ di tempo (leggasi: un po’ di musica) a loro stessi: come confermatoci da Alexander Hacke nell’intervista e come annotato da Blixa Bargeld in vari messaggi di presentazione all’album, “Alles Wieder Offen” è un disco che vuole parlare (anche) degli Einstürzende Neubauten stessi, con auto-citazioni nelle liriche, con riferimenti tematici al loro passato (il più esplicito dei quali è forse tra la vecchia “Armenia” e la nuova “Nagorny Karabach”), con la possibilità di scrivere musica solo per sé stessi e per i propri diretti e più fedeli sostenitori, con l’idea di parlare di Einsturzende Neubauten creando un ibrido che sia sunto di venticinque anni di carriera e proposta di nuove vie per il futuro.

E allora ci troviamo a dare il benvenuto ad un “Alles Wieder Offen” che vuole proseguire lungo le linee tracciate dagli ultimi, interessanti “Silence is Sexy” (2001) e “Perpetuum Mobile”, ovvero con una ricerca melodica più accentuata rispetto al lontano passato, che ha condotto all’emancipazione dei concetti di silenzio e pausa, dando loro quella dignità che ad inizio carriera avevano ottenuto elementi come il suono, il rumore, il ritmo. In particolare, in questo nuovo disco troviamo i Neubauten alle prese con i brani più immediati e piacevoli della loro storia: tante ballate eleganti e raffinate, tante armoniose sezioni Ambient con organi ed archi, tanta espressività vocale, tanta attenzione ai particolari graziano “Alles Wieder Offen”, permettendo a Blixa di prendere il sopravvento e di poter quindi dare sollievo a quella voglia di raccontarsi e raccontare che così a fondo impregna questo capitolo discografico. Immaginate quindi di avere di fronte un disco fatto per gran parte di potenziali singoli, di brani caratterizzati dall’immediatezza che avevamo già assaporato in episodi come “Stella Maris”, “Sabrina” o “Ich Gehe Jetz” (esempi volutamente vicini nel tempo); a questo aggiungete come produzione, registrazione e mixaggio, affidate alle sapienti mani di esperti del suono così abili e sofisticati, risultino di livello assolutamente superlativo, rendendo possibile all’ascoltatore il godimento di ogni singolo suono ed estendendo quindi la longevità di un disco che ha la possibilità di regalare molto, per quanto concerne la profondità di suono.

Il crescendo emotivo e sonoro di “Die Wellen” (“Le Onde”), guidata da pianoforti e percussioni ossessionanti e da arrangiamenti maestosi di violini, crea un clima di tensione palpabile, che esplode sonicamente nel silenzioso boato finale ed implode emotivamente nel rilassato e nostalgico incipit di “Nagorny Karabach” (un’enclave armena in territorio azero, spersa nel Caucaso), basata sui sottofondi dolci di un organo del sedicesimo secolo e sugli esotici giri di basso di Hacke: è la prima di quelle ballad memorabili cui si faceva riferimento poco fa, e pur non aggiungendo granché a livello di trovate geniali nel corso dei propri quattro minuti, questo secondo brano si fa comunque apprezzare per le splendide melodie e i sognanti paesaggi evocati, mentre gli elementi di curiosità sono rappresentati dalla progressiva aggiunta di ulteriori suoni e strumenti in corso d’opera. L’anti-climax finale conduce alla più movimentata ed industriale “Weil Weil Weil”, con un gospel meccanico (che ricorda la titletrack di “Halber Mensch”) a costituire il ritmo fondamentale, ulteriormente esaltato dai disegni delle percussioni di Unruh e Moser: l’incedere tellurico della canzone rimarrà in mente fin dalle prime listening sessions, tanto che i Neubauten hanno fatto cadere la scelta del singolo apripista proprio su questa traccia, una delle più efficaci ed immediate; si torna sui territori atmosferici e distesi che avevamo già incontrato in “Nagorny Karabach” con la quarta “Ich hatte ein Wort” (“Avevo una Parola”) – chitarre e basso sono utilizzati come piccoli tamburelli, un mellifluo organo costruisce il background, e nel frattempo si viene intrattenuti dalla recitazione appagante ed eloquente di Blixa:

“...I’ve travelled to the farthest corners
in search of the meaning, of this proof
of a word I now finally know again
that I bore within myself that I will never surrender again
I will never ever surrender it again...”

E’ una delle tracce più ‘canzoni’ degli Einstürzende Neubauten, con l’onomatopeico “...di di di di di...” del vocalist che gioca ad inseguire gli arpeggi ritmici di Hacke e Arbeit, ed è giustamente posta nel cuore del disco, assieme alla successiva “Von Wegen”, via di mezzo tra i due brani che la precedono in tracklist: i momenti oscuri ed inquietanti, sommati a una certa tendenza logorroica, si uniscono ad arrangiamenti grandiosi ed a vocalizzi ben inseriti nel tessuto sonoro del brano, dotato di una buona varietà melodica e di molti dettagli ‘nascosti’ sullo sfondo.
Ancora tanta carne al fuoco con il fantastico divertissement “Let’s Do It a DaDa”, che torna a percorrere strade di moderno Elettro-Rock industriale, senza però cercare significati e propositi avanguardistici, limitandosi invece ad offrire una valvola di sfogo per i propri creatori, ritrovandosi a girovagare in territori effettivamente vicini all’estetica Dada, con un desiderio d’anarchica caoticità che trova possibilità d’esprimersi sia in attimi ritmicamente esaltanti e trascinanti, che in intermezzi costituiti da anomali fraseggi recitati, samples registrati e allucinati collage rumoristi.

La title track “Alles Wieder Offen”, con il basso di Hacke eterno protagonista, si ricollega alle varie “Ich Hatte ein Wort” e “Von Wegen” per le grandi dosi di melodia, la vicinanza alla forma-canzone e il buon livello di coinvolgimento proposto dai ritmi dei due percussionisti; al contrario, l’ottava “Unvollständigkeit” è una lunga pièce Ambient sulla falsariga di “Perpetuum Mobile” o “Redukt” (sempre rimanendo in tema di esempi recenti), e rappresenta il momento più ‘sperimentale’ del lavoro, nonostante sia priva di innovazioni particolari: silenziosa e sommessa per gran parte della propria durata, “Incompletezza” raggiunge comunque un buon livello d’intensità a cavallo del settimo minuto, riuscendo quindi a risvegliare l’interesse dell’ascoltatore in vista della successiva “Susej” (l’inverso di Jesus): inutile sottolineare come anche qui sia il basso a dirigere i lavori, mentre le orchestrazioni per violino, viola e violoncello s’intersecano a percussioni rituali e ad un triste canto corale; è ancora Hacke, ma questa volta alle prese con il suono dolce di una specie di liuto messicano a cinque corde, la vihuela, ad aprire la conclusiva “Ich Warte” (“Sto Aspettando”), in cui il tema dell’attesa è esplicitato da un interminabile monologo di Blixa: assai intrigante nelle sue movenze ricorsive, “Ich Warte” è costituita anche di momenti più visionari e fragorosi, prima dell’arpeggio finale di Alexander, che pare lasciare tutto in sospeso. Ancora una volta.

Molti vedranno “Alles Wieder Offen” come il definitivo abbandono, da parte degli Einsturzende Neubauten, di quella volontà sperimentale che animava quei dischi che tentavano l’unione di musica e concetto (e quindi, in parte, anche i recentissimi “Silence is Sexy” e “Perpetuum Mobile”): difficile dare torto a costoro, visto che “Alles Wieder Offen” non finge nemmeno di voler proporre qualcosa (importante o meno) di inaudito (come lo era stato l’uso dei tubi plastici ad aria compressa in “Perpetuum Mobile”, tanto per dirne una); ma al contempo “Alles Wieder Offen” è anche il disco della maturità per quanto riguarda l’approccio (distinto, artistico, intelligente e fine) alla forma canzone: i puristi della sperimentazione tout-court rimarranno (giustamente) sui loro piedistalli con aria indifferente, ma chi ricerchi un ingresso tanto gustoso quanto accessibile al mondo dei cinque tedeschi troverà in “Alles Wieder Offen” una miniera d’oro; ed anche qualche fan di lunga data potrà concedersi un sorriso di soddisfazione, nel sentire Blixa e i suoi compagni d’avventura sfoderare un lotto di piacevolissime ‘canzoni’ marchiate a fuoco dalla classe dei propri beniamini.


LINKS PER L'ASCOLTO:

- Mp3 di "Weil Weil Weil", primo singolo


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