Voto: 
8.7 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Black Mark
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Dan Swano - Voce, Chitarra, Tastiera
- Andreas Axelsson - Chitarra, Voce
- Sami Nerberg - Chitarra
- Anders Lindberg - Basso
- Benny Larsson - Batteria

Tracklist: 

1. The Spectral Sorrows
2. Darkday
3. Livin' Hell
4. Lost
5. The Masque
6. Blood Of My Enemies
7. Jesus Cries
8. Across The Fields Of Forever
9. On The Other Side
10. Sacrificed
11. Waiting To Die
12. Feedin' The Charlatan
13. A Serenade For The Dead

Edge of Sanity

The Spectral Sorrows

Se si dovesse fare una storia del death metal, anche soltanto di quello europeo, probabilmente gli Edge Of Sanity non ne farebbero parte, o verrebbero solo citati come qualsiasi altro gruppo scandinavo uscito agli inizi degli anni '90. In fondo la band di Dan Swano è stata una delle più contraddittorie in campo estremo europeo, e questo lo testimonia il fatto che gli Eos siano praticamente (e giustamente, aggiungo) osannati dai fans e, dall'altra parte, guardati con notevole indifferenza dalla critica e dal resto del pubblico. Certo, la storia del Death Metal svedese l'hanno fatta gli Entombed, gli At The Gates , i Desultory , i Dismember (gruppi tra l'altro nati tutti dopo gli EoS) e così via per altre venti pagine, ma bisogna essere per forza imprescindibili per lo sviluppo di un genere per entrare di diritto nella sua storia? No, o almeno questo gli Edge Of Sanity ci hanno insegnato. Perchè la bellezza del metal, il suo più criptico fascino, la sua essenza più atmosferica e melodica passa anche da questo gruppo, che ha rappresentato il death nel suo volto più atipico e singolare: nessun altra band può essere infatti accostata, per un motivo o per l'altro, alla dimensione musicale all'interno della quale gli Edge Of Sanity hanno acceso il loro focolare, perchè quel sound così oscuro e grezzo ma allo stesso tempo raffinato e commovente, quello stile a tratti schietto e diretto a tratti così ricercato, è rimasto come un bagliore unico ed inimitabile, che nell'universo ha brillato al di fuori di qualsiasi costellazione, non andandosi ad inquadrare in un'ottica di rilievo prettamente storico ma raggiungendo la piena espressione musicale in un linguaggio differente, peculiare e, per molti versi, anomalo.

Questo linguaggio ha visto un'importante, e d'altra parte naturalissima, gestazione, partita nel 1991 con Nothing But Death Remains, ovvero quello che rimane come il lavoro più brutale e propriamente "death" del combo svedese, poi proseguita l'anno seguente con Unorthodox, che ne ha incominciato a rinvigorire la caratura più sperimentale e progressive, e The Spectral Sorrows (1993), disco che si pone come emblema assoluto dei primi Edge Of Sanity e che ritrae al meglio i progressi compositivi di Dan Swano dalla nascita del progetto fino ai primi anni dei '90. Qui il registro compositivo del gruppo si apre come non era mai accaduto prima, lasciando intravedere territori sonori inesplorati dall'intera galassia estrema europea: The Spectral Sorrows si basa su una durezza strumentale che molto deve al primo full lenght del '91, le cui atmosfere vengono però smussate e riempite di quel mood malinconico/melodico che in Unorthodox ancora faticava ad emanciparsi e che, da questo punto in poi, verrà sempre più enfatizzato, come dimostrano le altre due perle, rispettivamente pre- e post- Crimson , Purgatory Afterglow e Infernal .

La titletrack spiana la strada all'atmosfera cupa e criptica del disco: basse chitarre riverberate, echi di inquietudine e malessere avvolti in un andamento funereo per un'indimenticabile intro strumentale, prologo del mondo sospeso tra buia fantasia occulta e atmosfere oniriche che, canzone dopo canzone, The Spectral Sorrows va a raccontare.
E se la opener funge semplicemente da apertura atmosferica alla tensione emotiva del disco, allora sta a Darkday catapultarci nel girone più rabbioso e sanguinario di questo bruciante inferno dominato da ritmi e chitarre indiavolate (il pezzo è stato scritto da Andreas Axelsson, quindi non c'è nulla di cui sorprendersi) che si ripercuote nelle più grezze Feedin' The Charlatan e Waiting To Die (pienamente nello stile di Nothing But Death Remains), e soprattutto nella successiva Livin' Hell, un concentrato di violenza, ma di una violenza sporca, marcia, grezza, puzzolente. In Lost la componente emotiva del disco prende finalmente piede, sciogliendosi in un riffing lento e avvolgente, dominato dal growl di uno Swano sempre più maestro del dolore, delle melodie inquietanti e delle trovate geniali, come in questo caso il mini-stacchetto pseudo-fusion a 1:20 della canzone, o come l'intera Sacrified, esperimento che, a cavallo tra dark wave ed electro pop, eleva la follia compositiva del disco e tutta la miriade di particolari che lo compongono.
Arriviamo così alla quinta traccia del disco, The Masque, tra le migliori in assoluto composte dagli Edge Of Sanity, per stessa ammissione di sua maestà Swano: il brano inizia con la pesantezza di un macigno monolitico, attraverso chitarre lente e funeree che man mano acquistano in velocità e apertura melodica prima di trasformarsi nella travolgente cavalcata emotiva del refrain, uno dei più commoventi episodi che il death metal ci abbia mai donato, un canto travolgente colmo di crudele malinconia. L'alchemica fusione tra questa sorta di cupo drammatismo e la furia strumentale è la corrente che dal basso muove l'intero flusso del disco; tutte le canzoni di The Spectral Sorrows, sebbene si distinguano per un impatto violento e travolgente, ribollono di un candore melodico che viaggia senza sosta dall'inquietante allo strappalacrime, arricchendo così la carica evocativo-atmosferica dell'album. Across The Fields Of Forever, fredda e avvolgente allo stesso tempo, Jesus Cries, devastante marcia anticristiana, o ancora On The Other Side, capolavoro assoluto del disco con le sue continue discese melodiche decorate di una decadente malinconia, sono tutti episodi che presentano la dimensione emotiva in maniera intensamente decisa (come anche nel caso dell'ottima interpretazione della cover dei Manowar Blood Of My Enemies), ma soprattutto incastonandola all'interno di un'assetto strumentale sempre votato alla rabbia, all'ira, alla violenza più straziante, e che deve quindi immortalare un mondo devastato e soffocante dentro cui, però, ancora sopravvivono i dispersi echi di quella che è l'interiore tragedia dell'animo umano.

The Spectral Sorrows, nonostante sia passato prevalentemente in sordina dai primi anni '90 fino ad oggi, rimane una delle opere imprescindibili del combo svedese (quale delle loro in fondo non lo è?), nonchè uno degli apici di quello che è il death metal melodico europeo. Primo vero e proprio capolavoro degli Edge Of Sanity, massima espressione del primordiale linguaggio compositivo del gruppo, questo lavoro può essere considerato come lo spartiacque nella produzione del gruppo di Swano: da qui in poi la band virerà notevolmente per approdare a stili ancora più ricercati ed evoluti, accantonando il sound così avventato e rabbioso dei primi dischi fino a giungere ad un processo di rifinitura compositiva che porterà ai successivi capolavori che rispondono ai nomi dei già citati Purgatory Afterglow, Crimson e Infernal.
Per questo tale forma di musica estrema rimarrà intoccata e irripetuta per tutto il corso del decennio, dimostrandosi come un episodio unico nella storia del genere, quella storia che a questo disco non ha quasi fatto caso ma che, in un modo o nell'altro, è rimasta profondamente segnata da ciò che ribolliva al suo misterioso interno.

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