Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Stefano Puccio
Genere: 
Etichetta: 
Underground Impresarios
Anno: 
1967
Line-Up: 

- Mick Farren - voce, piano
- Sid Bishop – chitarra elettrica, sitar
- Cord Rees - basso, chitarra classica
- Russell Hunter - batteria, voci
- Duncan Sanderson, Stephen Sparkes e Ashworth - voci e mumbling

Tracklist: 


1. Opening
2. I’m Coming Home
3. Child of the Sky
4. Charlie
5. Nothing Man
6. Garbage
7. Bun
8. Deviation Street

Deviants, The

Ptooff!

Tra i complessi musicali più eversivi della scena underground inglese negli anni Sessanta, di certo i Deviants occuparono un posto di rilievo: L'atteggiamento rivoluzionario scaturito dall'impegno politico, poi confluito nel prodotto musicale da loro proposto, li pose di certo tra i portabandiera della controcultura, nonché tra i maggiori innovatori della musica rock dell'epoca.
Quasi come risposta ai newyorkesi Fugs, i Deviants (originariamente conosciuti sotto il moniker di The Social Deviants) rappresentano uno dei primi gruppi "politicizzati" nella scena inglese; nacquero difatti ufficialmente nel 1967 per mano del giornalista e singer-songwriter Mick Farren che oltre ad essere un uomo molto attivo nella vita politica, era un collaboratore dell'International Times, il giornale di punta della cultura alternativa londinese avente centro focale nella comunità UK Underground di Ladbroke Grove—da sempre luogo di incontro per freaks, bohemiens e hippies.
Farren trasfigurò le sue idee anticonformiste in musica usando la band come proprio e principale veicolo d'espressione, al fine di manifestare il disagio sociale della sua generazione; egli stesso in un'intervista affermò infatti: "I concerti rock possono rappresentare un'alternativa alla violenza, uno sbocco per la violenza [...] Io credo nel fatto che prendere in mano una chitarra, piuttosto che una pistola, potrebbe fare la differenza". Così, circondatosi di musicisti come il chitarrista Sid Bishop, il bassista Cord Rees ed il batterista Russel Hunter, e con l'aiuto di altri politicanti della comunità, nell'anno stesso di formazione del gruppo riuscì a dare alle stampe, prima con l’aiuto economico di un amico benestante e poi per l'etichetta indipendente Underground Impresarios, l'album d'esordio intitolato Ptooff!, distribuito tramite la testata giornalistica.

Ptooff! tuttavia non rappresentò solamente un semplice veicolo d'espressione tramite le liriche di critica sociale; è soprattutto un manifesto sonoro dal rilevante valore artistico.
Le idee musicali contenute in esso contribuirono difatti a dare una forte scossa al circuito underground esistente, e funsero da richiamo per le band che da li a poco ne avrebbero preso parte, ampliandole e/o estremizzandole, ponendo in questo modo sotto scacco le comuni “forme” della musica britannica di quel periodo.
Partendo da una base di spontaneo, crudo ed immediato garage-rock, l'album venne pensato e creato come una serie di composizioni parodistiche; facendo confluire poi all'interno di queste - grazie ad un intelligente lavoro di cut-up - un freak di stampo zappiano riscontrabile nelle gag dissacranti, un nichilismo sonoro pressoché anticipatore dell’animo punk, intermezzi collage-caotici di evidente ispirazione fugsiana ed elementi folk/psichedelici ed acid rock.
La traccia Opening fa da vera e propria presentazione all'album, e lascia subito il posto alle sette tele dell'opera: I’m Coming Home, che, caratterizzata da un ebro incedere, in- ed evolve da uno sporco blues-rock a improvvisazioni anarchiche e caotiche in bilico tra Yardbirds e Velvet Underground, formando un tutt'uno con l'evocativa immagine sulla custodia del disco.
Il languido folk dall'aria sognate di Child of the Sky sostenuto da un dolce flauto, ossimoro all'interno dell'album; il genuino blues di Charlie caratterizzato dalle scorribande solistiche di Bishop; la jam tribale di Nothing Man, primo pezzo veramente ad effetto che, presentando percussioni di vario genere, voci sconnesse, schiamazzi, rumori ambientali ed elettroacustici, rimanda inevitabilmente al collage dei Fugs di Virgin Forest.
Ancora un esempio di blues-rock, questa volte di connotazione "Mothers of Invention", con Garbage, spezzato infatti da singolari digressioni chitarristiche, elementi jazz e gag vocali assimilabili a quelle consuete di Zappa; il siparietto acustico della strumentale Bun rappresenta infine la quiete prima della "tempesta" di Deviation Street, nella quale culminano contemporaneamente le ideologie politicamente scorrette ed un atteggiamento avanguardistico dei Deviants: Una intro hendrixiana con in cattedra una chitarra acida, orchestrazioni, rumori di guerriglia, parentesi di duro blues-rock sporcato dalle urla di una folla, gag demenziali sovrapposte, pause silenziose o condite da un sitar vanno a comporre quello che è probabilmente il capolavoro del disco, ed inoltre uno dei primi esempi di "affresco sonoro astratto" da parte di una band rock.

Per questo motivo è importante sottolineare l’importanza di una delle più sincere, spregiudicate ma allo stesso tempo poco conosciute opere sperimentali del tempo, probabilmente adombrata dalle più imponenti uscite discografiche dello stesso anno (The Velvet Underground & Nico, Safe as Milk, Absolutely Free, The Parable of Arable Land…) ma alla quale va reso il giusto merito per aver portato anche in Gran Bretagna lo spirito avanguardistico da un lato ed anarchico dall'altro, ponendo con quest'ultimo uno dei semi dai quali scaturirà la generazione punk.

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