Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Lorenzo Iotti
Etichetta: 
InsideOut/Audioglobe
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Nicolas Chapel - voce, tutti gli strumenti

Tracklist: 

1. The Perfect Simmetry
2. Shine
3. Sapphire
4. Naive
5. Unspoken
6. Temple
7. Empire
8. Sand

Demians

Building An Empire

Demians è il progetto personale del musicista francese Nicolas Chapel, che con il debutto Building An Empire ha confezionato un lavoro davvero interessante e curato, degno di ricevere i complimenti di una leggenda del prog rock moderno come Steven Wilson dei Pocupine Tree, nonchè l’interessamento della InsideOut, sempre alla ricerca di nuovi e validi artisti che tocchino il campo del progressive.
La musica che riempie i 56 minuti di questo album di debutto è infatti un alternative rock degli spunti prog: avvolgente, toccante e a tratti malinconico, che affonda le sue basi nella musica di band come Katatonia, A Perfect Circle, Opeth, Anathema e i già citati Porcupine Tree, ma anche talvolta nelle ballate dei primi Dream Theater; insomma, tutte band che hanno trovato un punto di unione tra una matrice progressive e un’anima intimista e sentimentale. Elementi di questi gruppi affiorano qua e là in Building An Empire, all’interno di una struttura di base che ricerca la semplicità e l’immediatezza, con un uso frequente del binomio arpeggio-voce, a cui vengono progressivamente ad aggiungersi ritmiche sommesse ed effetti avvolgenti e atmosferici; la voce rappresenta un elemento importantissimo in questo stile che punta all’essenzialità, in quanto Chapel riesce a trasportare alla perfezione l’ascoltatore con la sua voce soave ed emozionante.

Questa ricerca di una soluzione semplice, che raggiunga istantaneamente le emozioni dell’ascoltatore, non va scambiata per uno stile banale o ripetitivo: anzi, essa convive alla perfezione con brani lunghi e articolati, come nel caso della conclusiva Sand, che riesce a non affossarsi mai nei suoi ben 16 minuti di lunghezza; merito della lezione di Katatonia e Porcupine Tree, che ritroviamo nell’alternanza efficace di momenti di riflessione e “sfuriate”distorte, nonchè nell’aggiunta degli elementi tipici del progressive come i synth e le ritmiche complesse.
Il maggiore punto di forza del disco è comunque la bellezza radiosa, immediata e genuina che scaturisce dal binomio musica-voce in brani come Naive (titolo decisamente appropriato) o Shine, dagli arpeggi tipicamente Opethiani, bellezza che testimonia la passione di un musicista che non ricerca nè un’eccessiva complessità espressiva elitaria nè soluzioni troppo immediate e commerciali, trovando un valido punto di unione tra queste due correnti.
Ecco però che in questa bellezza è racchiuso anche il tasto dolente del disco: essa rimane fin dal primo ascolto, e senza riuscire a decollare con i successivi, a livello di “piacevole atmosfera”, senza riuscire a catturare l’ascoltatore con momenti forti e prorompenti nella loro carica emotiva. Building An Empire è un album talmente sommesso e scorrevole che rende difficile ricordarsi di un momento particolare in esso, un momento che abbia veramente colpito, per quanto l’impressione generale sulla musica sia positiva; insomma, un album che induce una generale, indistinta sensazione di armonia piuttosto che emozioni forti e definite.

Dal momento che tali emozioni sono un elemento fondamentale nella musica, possiamo dunque affermare che Building An Empire è un lavoro non ancora del tutto riuscito; tuttavia, non si può non associarsi a Steven Wilson nel considerarlo un validissimo esordio nel mondo della musica, ottimo biglietto da visita per un artista che ha il suo maggior talento nella capacità di creare un ottimo equilibrio armonico nella sua musica, e di esprimere emozioni semplici e immediate senza mai cadere nel banale. Almeno l’ascolto è consigliato dunque agli appassionati del genere, sia esso progressive o alternative: se non farà gridare al miracolo, si rivelerà comunque interessante.

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