Voto: 
7.2 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Candlelight Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

 
- Jim Adams - chitarra
- Steev Esquivel - voce
- Mike Kaufmann - basso
- Mark Hernandez - batteria
    
 

Tracklist: 

 
1. Prion (03:21)  
2. The Prophecy (03:46)  
3. Bastard Son (04:36)  
4. The War Inside (04:27)  
5. Fuel The Fire (03:43)  
6. Eschaton (01:12)  
7. Sloth (03:24)  
8. Desert Sands (03:05)  
9. Dissolving Around You (04:53)  
10. Asthmaphere (03:44)  
11. Eyes Of The Front (04:09)

Defiance

The Prophecy

I Defiance da San Francisco sono stati sempre troppo sottovalutati solo per il fatto di appartenere alla seconda ondata di thrash metal dalla Bay Area, ovvero quella che va dalla seconda metà degli anni 80 fino all’inizio degli anni 90. Formatisi nel 1985, i nostri musicisti sono stati capaci di regalarci album veramente buoni, a cominciare dal più spontaneo e aggressivo Product of Society (1989), per continuare l’evoluzione tecnica col seguente Void Terra Firma (1990)e terminare con le sperimentazioni groove/progressive di Beyond Recognition (1992). Il demo Wasting Creation del 1994 non faceva altro che accentuare l’inflessione groove della band, ponendo fine alla carriera della stessa.  

Ora, dopo quindici anni ecco che li ritroviamo tra di noi con un album nuovo di zecca, The Prophecy,  che riprende la strada interrotta in precedenza, riportando alle nostre orecchie una buona combinazione di thrash e groove metal che sovente strizza l’occhio ai Testament di metà anni 90. La Candlelight Records si occupa di questo ritorno e in occasione la registrazione è potente e  ruvida al punto giusto per il genere proposto. In apertura troviamo un pezzo esplosivo, Prion, che ci assale con la sua foga distruttiva. I tempi viaggiano su binari veloci anche se non mancano rallentamenti pregni di groove. Tuttavia l’elemento che si fa notare di più è il vocione in stile Chuck Billy di Steev Esquivel, cantante del gruppo dal 1990. Le influenze dei Testament esplodono nella marcia groove della title track e i Defiance qui sembrano quasi dei cloni della band del gigantesco Chuck. Le chitarre e la batteria si muovono perfettamente attraverso passaggi intricati e momenti quasi progressive, prontamente ripresi e messi in risalto dalla successiva Bastard Son. Gli stacchi arpeggiati, il solismo eccellente e i momenti dissonanti sono caratteristiche fondamentali del sound anche se finora non ne riscontriamo un livello tale da mettere in confronto questa release con il demo del 1994.  

Proseguendo l’ascolto, ci imbattiamo nel groove arrembante con tanto di ottime cavalcate di chitarra di The War Inside che ci riporta direttamente all’inizio degli anni 90 per quel mix di thrash che viaggia su tempi medi ma non perde di vista la quantità di riffs. Il vocione di Steev crea un ottimo contrasto con il solismo leggermente più melodico delle chitarre.  Fuel The Fire recupera l’anima aggressiva della band in alcuni momenti, anche se il refrain mostra ancora i cori tipici dei Testament seguiti da attimi rallentati. Eschaton rappresenta una breve pausa a base di arpeggi e linee soliste della chitarra per affrontare al meglio quella bordata di Sloth, ovvero la traccia più tirata e violenta del lotto. Il groove è sempre ben presente nel riffing, come anche durante i pochi momenti rallentati, ma in generale la velocità di esecuzione si assesta su livelli superiori. Desert Sands mostra un eccellente lavoro di doppia cassa di Mark Hernandez a sostenere riffs serrati e con Dissolving Around You l’intensità non accenna a calare, anche attraverso cambi di tempo ed atmosfere. Asthmaphere con il suo inizio tranquillo non deve ingannare poiché è pronta ad esplodere attraverso sezioni in up tempo cariche di aggressività. Le parti meno impulsive sono sempre ben incastonate e convincenti, complici voce e solismo delle chitarre.  

Per terminare questo buon ritorno troviamo l’assalto frontale di Eyes Of The Front la quale tra l’altro, consolida la mia opinione sull’ottimo drumming di Mark, precisissimo nei cambi di tempo nella sezione centrale come nelle ripartenze al fulmicotone di doppia cassa. Alla fine dell’ascolto, se si esce leggermente rintronati è un segno positivo e una cosa normale perché l’intensità di questi thrashers è rara da trovare oggigiorno, persino tra i gruppi di ragazzini che suonano una versione meno groove e più diretta del genere. Album di ritorno consigliato.
 

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