Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
1991
Line-Up: 

- Paul Speckmann - voce, basso
- Kirk Miller - chitarra
- John Leprich – batteria  

 

Tracklist: 



1. The Truth (03:21)
2. Mangled Dehumanization (01:58)
3. Pay To Die (03:02)
4. Re-Entry And Destruction (03:35)
5. The Final Countdown (07:05) 
6. Man Killed America/Embryonic Misconceptions (06:02) 
7. Pervert (02:58) 
8. Remorseless Poison (05:25)

Death Strike

Fuckin' Death

Paul Speckmann, personaggio tanto schivo quando inossidabile, all’inizio degli anni Ottanta si trova coinvolto in più progetti. Per la precisione, il 1983 fu l’anno di creazione di ben due band da parte sua. La prima furono i Funeral Bitch, fautori di un primordiale death/thrash dalle chiare tinte Hellhammeriane, influenze che ben presto sfociarono nella naturale evoluzione dei Funeral Bitch, ovvero questi Death Strike. Pochi demo vennero prodotti per le due band e persino quest’ultima durò ben poco poiché nel 1985 essi si sciolsero. Paul aveva in mente di formare gli oggigiorno ben più famosi Master. Solamente un demo venne prodotto per quanto riguarda i Death Strike, ovvero Fuckin’ Death, anno 1985. Il progetto, poi come abbiamo visto, venne abbandonato definitivamente per la più fortunata avventura con i Master e solamente nel 1991 la Nuclear Blast ristampò il nastro su LP e CD affinché potesse avere una maggiore distribuzione. Nel mentre, esso divenne una vera e propria reliquia per gli estimatori e di conseguenza, le poche copie originali raggiunsero delle cifre astronomiche.

Alle quattro canzoni originali del demo, la Nuclear Blast ne aggiunse anche altrettante, mai pubblicate in precedenza. Leggendaria fu la foto scelta come cover del lavoro, raffigurante i membri del gruppo attorno ad una Cadillac e Paul seduto sul tettuccio. Dal punto di vista musicale, i Death Strike mostravano pesanti influenze derivate dagli Hellhammer per poi aggiungerci una forma primordiale di death metal. Questo stile musicale poi avrebbe accompagnato anche i Master per gran parte della loro carriera, seppur con una velocizzazione del loro sound. The Truth esordisce con tempi veloci ed un grandioso tappeto di doppia cassa. Per allora la musica dei Death Strike era veramente estrema: un riffing senza compromessi che molte volte non ammetteva neanche il palm-muting e si dedicava completamente a riversare su disco una quantità incredibile di note oscure, gli up tempo continui, gli assoli Slayeriani ed il vocione di Paul facevano pendere l’ago della bilancia più verso una forma primordiale di death. Certo, l’influenza del thrash era ben udibile ma a voler donare un altro esempio della brutalità del gruppo, ascoltatevi Mangled Dehumanization con i suoi up tempo continui e  i laceranti, assordanti assoli.

La registrazione ed i suoni sono estremamente old school ma ben distinguibili, tanto da trovare qualcosa dei Repulsion nella distorsione a motosega delle chitarre ad introduzione di una ferale, scatenata Re-Entry And Destruction. Tuttavia, è solo con Pay to Die che gli Hellhammer entrano veramente in scena per quanto riguarda il tempo di batteria ed il riffing tenebroso. Tra l’altro, queste canzoni vennero poi riprese e ri-registrate dallo stesso Paul in occasione o del primo, omonimo album dei Master e del suo progetto solista, Speckmann Project. Ciò a testimoniare quanto egli ci tenesse, giustamente, alle sue creazioni in giovane età. La musica qui proposta era di buona fattura, sempre influenzata dal punk, ma pregna di una voglia di evoluzione verso lidi sempre più estremi, raggiunti e sviluppati successivamente con i Master.

Le prime due tracce inedite che qui troviamo rispondono al nome di The Final CountdownMan Killed America/Embryonic Misconceptions. Esse hanno in comune l’uso prolungato del mid-tempo iniziale ad introdurre una velocizzazione del suono sino al raggiungimento di alcune sezioni in up tempo. Esse sono di buona fattura ma non raggiungono certamente in qualità le canzoni del demo, complici alcune sezioni doomeggianti di durata leggermente eccessiva, non mostrando oltretutto cambi di tempo degni di nota. La registrazione è leggermente più pulita anche se in Pervert le solite influenze ed atmosfere derivate dal punk e dagli Hellhammer hanno libero sfogo e colpiscono nel segno. La canzone è decisamente più velocizzata mentre la finale Remorseless Poison sfoggia nuovamente una struttura lenta ma che questa volta si sposa meglio con le atmosfere catacombali. Anche la voce di Paul su queste nuove tracce si fa più cupa e chiaramente death metal.

Fuckin’ Death si propone come un’opera di riesumazione di un ottimo demo di primordiale death metal anni 80, ovvero ancora fortemente influenzato dal thrash e dall’hardcore, con l’aggiunta di bonus tracks a completare un quadro utile a riscoprire un piccolo pezzo di storia dell’extreme metal americano del periodo. È quindi consigliato a tutti i curiosi che vogliono scoprire gli albori del genere grazie ad una band sottovalutata, di nicchia, ma che ha saputo consegnarci una manciata di brani davvero buoni.  
 

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