Voto: 
9.2 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
New European Recordings
Anno: 
1987
Line-Up: 

- Douglas P.

Ospiti:
- Rose McDowall
- Gary Carey
- Tibet 93
- John Balance
- Bee
- Ian Read
- Jan O'

Tracklist: 


1. Heilige Tod
2. Touch Defiles
3. Hail! The White Grain
4. Runes and Men
5. To Drown A Rose
6. Red Dog - Black Dog
7. In the Fog of the World
8. We Are the Lust
9. Punishment Initiation
10. Brown Book
11. Burn Again

Death in June

Brown Book

Punto d’origine del Folk apocalittico, pietra miliare della musica post-Industriale e interessante evoluzione del Dark ottantiano, ma anche pomo della discordia e lavoro profondamente controverso, “Brown Book” è l’album-principe della discografia dei Death in June, quindi non solo il punto più alto di una carriera lunga, carismatica e prolifica, ma anche un disco che è perfetta rappresentazione delle sonorità e dell’iconografia che accompagnavano il progetto di Pearce nei tardi anni ‘80.

E’ proprio con “Brown Book” che il Dark Folk trova un’identità ben precisa, tanto che con gli anni questo disco diverrà talmente influente e rinomato da diventare d’ispirazione per innumerevoli nuove leve desiderose di seguire i passi dei Death in June non solo nell’impostazione musicale, ma anche in quella tematica: ambientazioni morbose, oscure e torbide, legate all’ambigua personalità di Douglas (“Punishment Initiation”), a scenari ombrosi e mortiferi (“The Fog of the World”), alla Seconda Guerra Mondiale od alla traumatizzante epoca nazista, fanno da sfondo a ballate angoscianti ed ipnotiche oppure a tenebrosi affreschi atmosferici. Curioso, infatti, come il disco si possa dividere fondamentalmente in due sezioni: la prima metà del platter vede difatti Pearce alle prese con il perfezionamento delle nuove strutture Neo-Folk, esperimenti già accennati in “The World That Summer” e qui realizzati compiutamente; le chitarre acustiche (“Touch Defiles”) e i tenui cori femminili (“Hail! The White Grain”) divengono quindi elementi imprescindibili, e i vari brani, piuttosto brevi e melodiosi, rimangono sostanzialmente vicini alla forma canzone, nonostante qualche accompagnamento di fondo più o meno rumorista. Nella rimanente parte del disco vengono invece esplorate tonalità tetre e grottesche, attraverso tracce Ambient terrorizzanti e silenti, tra le quali s’annoverano ossessive minacce Industrial (“We Are the Lust”) o inquietanti atmosfere spiritate (“Red Dog – Black Dog”) – perfino quando riemergono le chitarre acustiche ed il pianoforte (“The Fog of the World”), ci si ritrova comunque in sentieri musicali dimessi e monotoni, avulsi rispetto ad un inizio di disco assai più coinvolgente – nonostante ciò, a rimanere costanti sono la grande teatralità e la notevole brillantezza della proposta musicale dei Death in June, con Douglas & Co. decisamente a loro agio anche in una situazione relativamente scarna rispetto ad un più movimentato “Nada!” o ad un più eclettico “The World That Summer”, in cui fiati e percussioni intervenivano con maggiore frequenza e copiosità per arricchire l’espressività del gruppo.

Pur rimanendo assolutamente organico, sia per merito dell’omogeneità dei contenuti affrontati che per la credibilità delle ambientazioni rappresentate, “Brown Book” risulta ragguardevole anche per la bontà delle svariate ‘hits’ sparse per tutta la tracklist, come ulteriori ornamenti al disco. A spiccare tra questi episodi, destinati a diventare classici del Folk apocalittico, è la pietra miliare “Runes and Men”, con tanto di marcetta militaristica in apertura ed avente come sfondo i samples di un discorso di propaganda tedesco risalente con ogni probabilità agli anni ’30; una semplice ma indimenticabile linea di chitarra, la voce distinta e matura di Douglas, avvolgenti loop sonori in background e gli aggraziati gorgheggi di Rose McDowall sono accorgimenti bastanti a trasformare questo brano in una delle ballad più memorabili mai uscite dalla scena Dark. Altrettanto famoso è il singolo “To Drown a Rose”, canzone squadrata dalle percussioni elettroniche ma addolcita dalla riproposizione del dualismo vocale Pearce-McDowall e dai brevi ma azzeccati inserti trombettistici: si tratta inoltre del brano che più esplicitamente risulta debitore del sound che si poteva trovare in “The World That Summer” in momenti memorabili quali “Come Before Christ and Murder Love” o “Torture By Roses”.

Altre sorprese sono in agguato alla conclusione del disco: “Punishment Initiation” e “Burn Again”, entrambe cantate da David Tibet (leader dei Current 93 e protagonista in quegli anni di prolifiche collaborazioni con Pearce: è dall’unione delle loro menti che nascono dischi come questo o “Swastykas for Noddy”, entrambi rappresentanti la genesi del Folk apocalittico) nel suo consueto stile sommesso ma enfatico ed allucinato, possono essere accostate ai coevi esperimenti dello stesso Tibet in “Imperium”, essendo due brani estremamente suggestivi, con tocchi pianistici (la prima) e chitarre acustiche (la seconda) ad aggiungere discrete ma preziose dosi di melodia a scenari Ambient piuttosto seri ed occulti; a separare questi due ultimi brani è, in decima posizione, la scioccante title-track “Brown Book”, vale a dire l’esecuzione lenta, impressionante ed esclusivamente corale, dell’Horst-Wessel Lied, l’inno delle SA e successivamente del partito nazionalsocialista di Hitler: ennesima, enigmatica provocazione di un artista che ha sempre giocato (puntato?) su simili espedienti per meglio incanalare le impressioni derivanti dalla sua musica ed enfatizzare contrasti e combinazioni fra liriche, immagini e suoni.

Complicazioni ideologiche a parte (che derivino da una visione artistica sincera, piuttosto che da una volontà di scandalo accuratamente calcolata, è tutt’ora argomento d’acceso dibattito), “Brown Book” rimane un disco clamorosamente valido e assolutamente storico, dall’importanza enorme per tutti gli appassionati di quella ‘grey area’ musicale a cavallo fra Industrial, NeoFolk, Gothic e Ambient, un disco foriero d’innovazioni musicali pesanti e largamente imitate nel ventennio successivo: in “Brown Book”, l’integrazione eccellente tra l’immediatezza sognante delle melodie Folk e l’oscurità delle situazioni sonore post-Industriali segnò la nascita di un nuovo genere, e consegnò i Death in June ad un’ideale ‘hall of fame’ della musica Dark.


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