Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Etichetta: 
Ulterium Records/AOR Heaven
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Henrik Båth - voce, chitarra
- Tobias Enberg - batteria
- Magnus Holmberg - tastiere
- Markus Sigfridsson - chitarra
- Karl Wassholm - basso

Tracklist: 

1. 2534167 (Intro)
2. All Eyes On Me
3. Again
4. Habit
5. The Play (part I)
6. The Play (part II)
7. Shattered
8. Tallest Tree
9. In My Dreams
 

Darkwater

Calling The Earth To Witness

Calling The Earth To Witness è il full-length che segna l'esordio dei progsters scandinavi Darkwater, edito dalla svedese Ulterium Records e distribuito nella nostra penisola dalla Frontiers.
Formatisi nel 2003 e guidati dall'interpretazione eclettica del singer Henrik Båth e dalle trame melodiche costruite dalla chitarra di Sigfriddson e dalle tastiere di Holmberg, il quintetto svedese da vita ad un progressive metal talvolta articolato e complesso, sempre ricco di sfumature, grande tecnica e cambi di tempo, ma reso di facile assimilazione grazie ad un'accentuata componente melodica, esternando così un sound già personale che per fortuna evita costantemente di cadere nel frequente tragitto del già sentito, benché si possano riscontrare in loro chiare influenze riconducibili a Symphony X e Shadow Gallery.

Molte delle tracce presenti hanno una durata compresa tra gli otto ed i dodici minuti, cosa che lascia già presagire di trovarsi innanzi a composizioni ricercate e strutturalmente articolate, soventemente sfocianti in intermezzi strumentali e dimostrazioni tecniche sapientemente alternati ad aperture melodiche più orecchiabili di quanto generalmente non avvenga in ambito prog, anche se non sempre coinvolgenti. Chiaro esempio di quanto detto è la lunga Habit, quasi tredici minuti che scorrono tra intrecci melodici, cambi ritmici, orecchiabili aperture melodiche e lunghe parti strumentali che spaziano da atmosfere pacate e rilassate a veloci ed esasperati tecnicismi di stampo quasi neo-classico.
Andando un po' per ordine la brevissima intro 2534167 si interrompe bruscamente per cedere il passo a All Eyes On Me, in possesso di aperture melodiche particolarmente avvincenti e caratterizzata dall'ottimo lavoro svolto da Magnus Holmberg alle keyboards, anche se scema un po' l'interesse nello spezzone centro-conclusivo tirato forse un po' troppo per le lunghe, ed anche Again inizia con i giusti auspici tra buone melodie e svariate sfumature che riconducono allo stile dei Pain Of Salvation, apprestandosi così a divenire uno degli episodi più interessanti e piacevoli del platter, stavolta capace di coinvolgere per tutti i nove minuti della sua durata.
Tutta la loro predisposizione per il melodic metal emerge nei pezzi più brevi e diretti, è il caso di The Play (part I), trasognata e melodica, che funge da preludio a The Play (part II), che mostra ritmi più sostenuti ben eseguiti dal drumming martellante di Tobias Enberg, sempre pronto però a mitigare i battiti in presenza delle ariose aperture melodiche affidate alle tastiere e alla sentita e profonda interpretazione del bravo vocalist, mentre anche in tal caso la durata eccessiva del brano porta la band a ripetersi, fortunatamente senza troppo infastidire l'ascoltatore. Bello l'arpeggio che apre Shattered, che mantiene lo stesso approccio delle composizioni già trattate, come ne mantiene pregi e difetti, caratterizzandosi anche per alcuni inaspettati - e a primo impatto bruschi - cambi di tempo e melodici, sicuramente uno dei brani da assimilare con più pazienza, mentre la chiara influenza neo-classica dei Symphony X emerge in maniera netta nella closer In My Dreams, che alterna parti ariose e ad ampio respiro ad atmosfere soffuse e decadenti.

Peccato solo che talvolta l'emergente combo svedese vada ad urtare contro la propria vanità, nel senso che talvolta cadono nella colpa di piacersi troppo portando a dilungare le composizioni che finiscono così col perdersi nei meandri del tecnicismo avulso e sterile o con il penalizzare quel lato più coinvolgente ed emotivo che tanto influisce sulla buona riuscita della loro proposta. A parte questo però, Calling The Earth To Witness è un debutto ampiamente soddisfacente e da tener sott'occhio, anche e soprattutto, in chiave futura, mentre i Darkwater facendo affidamento sulle buone doti tecniche e compositive di cui sono in possesso e lavorando su quelle pecche di cui si diceva prima potrebbero presto rivestire un ruolo importante nell'odierno panorama prog metal.


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