Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Etichetta: 
Peaceville Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Fenriz - Batteria, Voce
- Nocturno Culto - Voce, Chitarra, Basso


 

Tracklist: 

:
1. These Shores Are Damned
2. Canadian Metal
3. The Church Of Real Metal
4. The Banners Of Old
5. Fuck Off And Die
6. Splitkein Fever
7. Raised On Rock
8. Pervertor Of The 7 Gates
9. Wisdom Of The Dead
 

Darkthrone

F.O.A.D.

Anno nuovo, album nuovo, vita semi-nuova. “F.O.A.D.” è il tredicesimo parto dei Darkthrone, e segue il controverso ed anomalo “The Cult Is Alive”, disco che ha proposto una svolta Heavy-Punk per una band ch’era portabandiera del più ortodosso e tradizionalista Black Metal di scuola norvegese; ovviamente il 2007 non vede nessun ripensamento da parte del duo, che proponendo un’attitudine vagamente “Manowar-iana” in difesa del ‘vero’ Metal Estremo old-school, prosegue testardo e fiero con questo nuovo stile, come già anticipato dall’EP “NWOBHM” .

Sarà che mancano il fattore-sorpresa e la freschezza di “The Cult Is Alive”, sarà che le poche innovazioni inserite rispetto a quel platter (ovvero, un’accentuata propensione ai tempi lenti e cadenzati tipici del Doom Metal) falliscono nell’obiettivo e peggiorano la resa complessiva, ma “F.O.A.D.” finisce per convincere in misura minore rispetto al diretto predecessore, pur restando sicuramente un prodotto di buon valore, peraltro arricchito da alcuni fra i migliori brani del ‘nuovo corso’ Darkthroniano.
E’ il caso di “Canadian Metal” o “Fuck Off and Die”, durante le quali non ci si può esimere dallo scatenarsi con un headbanging sfrenato, o della tremendamente adrenalinica “Raised on Rock”, che si rivela un brano degno dei Motorhead per sonorità ed atteggiamenti; altrettanto convincente l’iniziale “These Shores Are Damned”, con superlative trame chitarristiche, godibilmente marce e sporche, a dare lustro ai rauchi ululati di Nocturno Culto.
Fra i brani meritevoli di giudizio (parzialmente, in questo caso) positivo rimangono da annoverare “The Banners of Old” (unico esemplare Heavy-Doom riuscito sufficientemente bene, poiché dotato di melodie ed atmosfere meno prevedibili e più varie), e l’altalenante “Splitkein Fever”, una delle poche a portare con sé effettive reminiscenze Black Metal: brano, questo, che lascia un po’ d’amaro in bocca perché mescola tratti davvero esaltanti con altri piuttosto blandi; proprio la poca incisività è il principale difetto delle restanti tracce, tutte giocate su tempi medio-bassi, ed insistiti nel voler ricercare un’atmosfera oscura e cupa con cadenze al limite del Doom: un esempio lampante è quello di “The Church Of Real Metal” (probabilmente il titolo più orrido partorito in vent’anni di carriera da Fenriz e Culto), che potrebbe essere un brano eccezionale se fosse suonato al doppio della velocità, mentre il passo funereo che gli viene affibbiato per quasi tutta la sua durata ne affossa le potenzialità e lo costringe a scivolare nella mediocrità. Discorsi simili possono essere fatti per “Pervertor of the 7 Gates” e “Wisdom of the Dead”, prive della brillantezza necessaria per incentivare l’iterazione degli ascolti.

Poco altro da aggiungere, visto che “F.O.A.D.” segue binari stilistici tutto sommato analoghi a quelli in cui c’eravamo imbattuti durante l’ascolto di “The Cult is Alive”: quando i Darkthrone provano a dare libertà al proprio lato più ‘bastardo’, catchy ed energico, ci si diverte ancora, ed anche molto (forse perfino di più che in “The Cult is Alive”!); al contrario, quando ad essere enfatizzata è la pesantezza fine a sé stessa, o il voler esser grezzi a tutti i costi, ad uscire dalle casse è un suono spesso piuttosto monotono e con scarsi spunti d’interesse: la speranza, ora, è che i Darkthrone continuino sì per la loro ‘nuova’ strada, ma lo facciano lasciandosi alle spalle gli ultimi residui Extreme Metal rimasti (Black e Doom) e si concentrino sul potenziamento della loro capacità di trascinare con grinta e aggressività, dando libero sfogo alle tendenze Heavy-Thrash-Punk e facendo esplodere gli amplificatori a colpi di esaltanti rasoiate ritmiche, ruvidi fendenti solisti e ritornelli da urlare a squarciagola. Lunga vita al Rock’n’Roll!
 

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