Voto: 
6.4 / 10
Autore: 
Massimiliano Barbieri
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione/Risestar
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Juan Luis Burquez - voce
- Piero Dittus - chitarra
- Pablo Ciudad - chitarra
- Carlos Espejo - basso
- Fernanda Mánquez - tastiera
- Fran Muñoz - batteria


Tracklist: 

1. Down (05:01)
2. Kingdom Of My Own (03:44)
3. Holding Tight (03:23)
4. Face Your Guilt (04:03)
5. Parasite (03:43)
6. Withered Perfection (02:27)
7. Protect Your Fake (03:26)
8. Dominion (03:24)
9. Turning Your Life Into My Hatred (03:51)
10. Support (03:22)
11. Coming Back (02:02)

Darkemist

Mindseek

I cileni Darkemist (nome derivante dalla fusione delle parole Dark e Alchemist) si sono formati nel 1995 in ambito scolastico, nel 1998 registrano un demo intitolato Black Blood con il nome di Hate. Nel 2001 cambiano nome prendendo il moniker attuale e decidono di aggiungere una
tastierista alla loro line up per dare più profondità alla loro musica. Con questa line up nel 2004 registreranno questo Mindseek, full lenght autoprodotto che li porterà nell'estate del 2005 ad entrare a far parte della scuderia Risestar, un'agenzia di promozione cilena che gli permette
di essere distribuiti in molti paesi compreso il nostro amato stivale.
Quando si pensa al Sud America la mente viaggia subito a colori sgargianti e balli latino americani; i Darkemist, con questo Mindseek, dimostrano che un po' del gelo scandinavo è riuscito a intrufolarsi in quella terra calda e ci consegnano 11 tracce in stile di Goteborg con pochi intrusioni esterne ingenerando la paura di trovarsi di fronte l'ennesima band troppo debitrice alla sacra trinità che nel 1995 insegnò al mondo che è possibile fare musica di altissima qualità avente come base portante la cattiveria e la potenza del death ma portatrice sana di melodie gustosissime. Purtroppo questi quasi 40 minuti di musica non riescono a confutare totalmente questa paura.

L'opener Down, introdotta da poco più di un minuto di synth, fa ben sperare pur non essendo particolarmente originale. Le melodie sono ben costuite (ma molto Dark Tranquillity), il verse, nonostante la presenza di una voce filtrata abbastanza irritante usata per un botta risposta con il canto growl, risulta essere gradevole, il ritonello risulta essere molto catchy e il tappeto ritmico grazie ad una batteria incalzante è molto buono. Resta comunque la sgradevole impressione che, a parte la voce filtrata (che non è certo il punto forte della track), non ci sia niente che non si è già sentito. La successive Kingdom Of My Own e Holding Tight destano le medesime impressioni avendo un mood praticamente identico e distinguendosi per pochi particolari che rimandano ora al primissimo periodo Swedish, con riff in tremolo picking, ora a Whoracle per la voce quasi parlata venata di apatia e sofferenza. Face Your Guilt inizia in modo più ritmato, si apre con una voce filtrata e sembra rimandare ad amosfere più depressive per poi cedere il passo a melodie tipicamente di Goteborg. Giunti alla successiva Parasite, nonostante un aumento di velocità e violenza, ci si rende conto che le prime 5 canzoni oltre a non essere particolarmente originali risultano a tratti indistinguibili facendo tutte perno su melodie e mood molto simili. Whitered Perfection in questo senso risulta una ventata d'aria fresca grazie a un retrogusto più "americano". Si entra effettivamente in un'altra fase dell'album meno legata a Goteborg e più a un sound americano e metalcore. Protect Your Fake pur mantenendo per gran parte tinte Swedish ha degli inserti gothicheggianti e, a tratti, un cantato alla Moonspell. La nona traccia, Turning Your Life Into My Hatred, mischia efficacemente thrash, doom, death americano e svedese, e risulta essere abbastanza piacevole non riuscendo comunque ad uscire dagli schemi classici di ogni genere a cui rimanda nei vari momenti. Anche la successiva Support nonostante un inizio industrialeggiante e alcune tinte thrash non riesce a infondere nell'ascoltatore il minimo barlume di originalità e l'ultima Coming Back, come si può ben immaginare, non si distacca dal trend generale dell'album pur tentando di dare nuova linfa con un ritmo in your face molto debitore ai The Haunted.

In definitiva un album che scorre liscio senza particolari scelte che fanno storcere il naso a livello musicale e dotato di una buona produzione, ma che purtroppo scopre proprio in questo il suo limite, cioè quello di scorrere senza risultare incisivo, senza stupire minimamente l'ascoltatore il quale, ascoltandolo, può trovarlo carino ma arrivando alla fine si accorgerà che gli è scivolato addosso non lasciandogli niente, neanche una particolare voglia di riascoltarlo. A livello tecnico/musicale ci siamo ma compositivamente c'è un grande buco di originalità non solo come stile generale ma anche come singole sezioni e singoli riffs che lasciano tutti un retrogusto di già sentito. In questo senso anche il cantato non aiuta essendo un growl abbastanza anonimo in cui purtroppo si denota una carenza di espressività e personalità troppo marcata. Nemmeno la scelta di unire più stili relegando a inizio album i pezzi più "svedesi" e alla fine quelli più metalcore permette ai Darkemist di raggiungere un livello di originalità accettabile.
Naturalmente gli amanti del genere possono trovarlo piacevole ma non di certo memorabile e difficilmente, infilandosi nella marmaglia di gruppi praticanti questo genere inflazionato, proponendo un mix trito e ritrito si può emergere. Magari puntanto di più sulla tastiera, tra l'altro praticamente invisibile nella quasi totalità delle 11 tracce, per creare atmosfere più particolari e avendo il coraggio di rischiare a proporre qualcosa di personale anzichè battere la sicura strada tracciata da altri, questi Darkemist potrebbero fare qualcosa di buono perchè, e questo debutto lo dimostra, non sono degli sprovveduti e lo sono, lo sono solo di coraggio.
Per concludere la sufficienza c'è tutta, per qualcosa in più si aspetta un nuovo lavoro, magari più originale.

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