Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Osmose Records
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Mikael Stanne - voce
- Niklas Sundin - chitarra
- Fredrik Johansson - chitarra
- Martin Henriksson - basso, chitarra
- Anders Jivarp - batteria

Guest:
- Sara Svensson - voce
- Martin Brändström - tastiere

Tracklist: 

1. Dreamlore Degenerate (02.44)
2. Zodjiakyl Light (03.59)
3. Hedon (05.37)
4. Scythe, Rage and Roses (02.33)
5. Constant (03.02)
6. Dissolution Factor Red (02.07)
7. Insanity's Crescendo (06.52)
8. Still Moving Sinews (04.41)
9. Atom Heart 243.5 (04.40)
10. Tidal Tantrum (02.57)
11. Tongues (04.53)
12. The Mind's Eye (03.11)

Dark Tranquillity

The Mind's I

In un clima di crescente saturazione di gruppi nel mercato metal svedese e in particolare del melodic death metal (diverse giovani leve iniziano a muovere i primi passi in questo periodo), i Dark Tranquillity rilasciano il loro terzo album, The Mind's I, che vede alcuni cambiamenti nella loro musica, a cominciare dall'accordatura ribassata ulteriormente per finire nelle composizioni proprie. Lo stile, visto nel complesso, perde gran parte della ricchezza sonora e dell’intricatezza di The Gallery a favore di un approccio molto più diretto, martellante e rabbioso, decisamente più thrashy e anche hardcoreggiante (anche nella brevità di divere canzoni a sottolinearne l'essenzialità, come una breve, infuocata vampata)… vi sono però delle eccezioni, alcuni brani significativamente ben lontani da queste sonorità e che avranno un peso a volte sottovalutato nella successiva evoluzione musicale dei Dark Tranquillity, ma vedremo questo fattore in seguito. Questa semplificazione dei brani in uno stile più “rozzo” e aggressivo comporta per il gruppo un passo indietro a livello evolutivo, molto meno raffinato e creativo. Rimangono comunque di livello nettamente superiore a quello di molti maldestri imitatori, ma certi stilemi iniziano a farsi stanchi e ripetitivi: The Mind’s I non aggiunge molto alla scena metal (in ogni caso se non vi interessa ciò, rimane un album pienamente godibile e potete lasciarvi trascinare appieno dai pezzi più rocciosi e cullare da quelli più dolci), se non per i già citati brani “differenti”. Questi privilegiano il lato prettamente melodico, alcuni anche si basano interamente sulla melodia, atmosferica e sognante, ma anche addolorata ed espressiva, cambiando tonalità con naturalezza e freschezza; sono un’innovazione all’interno della discografia dei DT ed una novità importante all’interno della scena di Gothenburg. Più potenziale che altro, a causa della loro sporadicità all’interno del disco e della pessima produzione del suddetto, che fa perdere spessore e carisma al full-lenght, al punto che molti fan della formazione svedese lo ignorano abbastanza ancora al giorno d’oggi. Contraddittoriamente questo rappresenta anche un immeritato sottovalutare questo lavoro, che le sue piccole perle le offre, e ci chiediamo come sarebbe stato accolto con la registrazione del disco precedente.

Furia martellante e che brucia velocemente, quella di Dreamlore Generate. I piccoli inserti melodici sono come gemme di rosa in un roveto duro e tagliente. Canzone forse troppo spesso dimenticata, eppure non ha nulla da invidiare alla famosissima Zodijackyl Light, certo abrasiva e incalzante ma anche (relativamente) spenta a confronto dei pezzi migliori di sempre dei DT. Non intendiamo dire che è brutta, bensì ridimensionarne la fama, nel corso degli anni è stata sopravvalutata al punto che vi sono fan che la considerano un anthem del gruppo, ma molte altre canzoni non sono affatto da meno, anzi. Interessante Hedon, con un maggior spazio dedicato a melodie dolci e malinconiche, dal vago (e con le dovute proporzioni) sentore quasi gotico, unite a refrain più aggressivi (soprattutto la sfuriata centrale), potremmo dire delle isole thrash-oriented nel pezzo. La sua estensione del lato melodico è un elemento importante in ottica futura, anticipando alcuni elementi di Projector; per ora comunque è ancora in uno stato germinale. Scythe, Rage and Roses ha un titolo che potrebbe riassumere l'album: tagliente come la lama di una falce, impetuoso e carico di rabbia, ma capace di momenti più delicati come delle rose... che però, giustamente, sanno essere irte di spine. La canzone però sembra focalizzarsi solo su "rage", ed è abbastanza anonima. Constant può essere considerata il seguito di Hedon, in una versione più malinconica e cupa, dal retrogusto decadente: anch'essa non è melodeath, bensì un metal ruvido ma che si apre a suggestive venature melodice, alternate a ponti decisamente più duri e fragorosi. Fino ad ora sono i due brani più interessanti. Dissolution Factor Red è invece una SR&R parte seconda, con alcuni riff rassomiglianti, dei bridge ronzanti che riportano alla mente alcuni punti dei due album precedenti ed una durata ancora più breve, appena due minuti di forte impatto. Insanity's Crescendo è la perla dell'album: inizia come una ballata acustica, magica e sognante, accompagnamento ad una carsimatica voce femminile, per poi dare spazio ad un'esplosione di metal melodico. Da notare le tastiere atmosferiche, appena accennate e spesso ignorate. Forse una delle canzoni più belle di sempre dei Dark Tranquillity, e ancora oggi è una di quelle che i fan ricordano con maggiore nostalgia. Still Moving Sinews è più dinamica, un metal tutto sommato divertente ma anche ricolmo di spessore nei suoi riff, meno scontati rispetto ai brani più cattivi fino ad ora incontrati. Interessante anche il breve intermezzo di tastiera, anch'esso appartenente al club del "dettagli dimenticati". Il riff iniziale è simile a quello di Atom Heart 243.5, una sequenza di chords intensi che introducono i riff più veloci e abrasivi (schema di cui i DT molti anni dopo abuseranno un po', soprattutto in Character). Il resto della traccia è ancora più graffiante ed oscura, e sembra promettere uno sviluppo della parte finale dell'album ancora più distruttiva. Non è così: Tidal Tantrum è una dolce, atmosferica e piacevole variazione, un heavy rock/melodic metal totalmente incentrato sulla melodia. Ciò potrebbe ricordare, a posteriori, Projector, ma i riff pieni e catchy addirittura anticipano qualcosa del lato chitarristico di Haven. I metalhead di vecchia data probabilmente schiferanno questa canzone, ma qui ci sono i semi che i DT dovranno coltivare (e così faranno) per evolvere il proprio personalissimo stile. Tongues ritorna sugli stilemi dei brani più duri, addolcendoli con riff più orecchiabili e affabili. Chiusura memorabile con The Mind's Eye, semi-ostinato strumentale di chitarra acustica a cui si aggiungono via via la tastiera anche atmosferica e il resto della strumentazione in una ending molto suggestiva. A parere di chi scrive sarebbe stato bello porre Tidal Tantrum direttamente prima di The Mind’s Eye, in modo da offrire una continuità con le sonorità più melodiche del disco. Invece, ciò viene fastidiosamente spazzato via dalla recente riedizione del 2005, che aggiunge tutti i brani dell’EP Enter Suicidal Angels alla fine del disco, proprio dopo la strumentale (compreso anche l’interessante ma poco riuscito esperimento hc techno di Archetype). Posizionarli all’inizio sarebbe stato decisamente meglio, così invece non si fa altro che disperdere l’atmosfera invece che valorizzarla.

Ad occhio e croce, sembrerebbe proprio che le canzoni più riuscite siano quelle che variano i toni, assestandosi su stilemi maggiormente soft ed atmosferici e allontanandosi di netto da quella che è la linea generale dell’album. Oltre ad essere ricche di pathos, rappresentano una novità interessante e gradita nel repertorio musicale degli svedesi, soprattutto per la variazione di schemi che conferisce spessore ed un pizzico di eclettismo nella loro musica. Ed è in Projector che si vedranno maggiormente i frutti di queste idee, simbolicamente rappresentate dalla dichiarazione di Stanne “non volevamo più essere considerati una semplice melodic death metal band”. Così, il cambio di genere arriva per intero, mescolando un metal melodico ma bruciante e parti decisamente più soffuse e atmosferiche, con anche chitarre non distorte e persino la voce pulita. Il ruolo delle canzoni melodiche del 1997 in questo è importante, anche solo per l’istigazione a sperimentare nuove e differenti strade invece che fossilizzarsi su di uno stile che nel corso degli anni si sarebbe fatto sempre più stanco e abusato (non per niente in questi anni inizia ad esserci l’enorme boom della New Wave Of Swedish Heavy Metal, con un quintupilione di gruppi che cerca di ritagliarsi una propria fetta nella scena svedese attingendo da questo e quell’altro gruppo, rubacchiando abbastanza soprattutto a gruppi come i DT e i loro contemporanei… alcuni hanno qualcosina da dire, altri no: e si perderanno nell’oblio che spetta ai cloni piatti e derivativi). Un ruolo lo hanno anche i testi, maggiormente orientati verso tematiche introspettive e con meno riferimenti "classici" (sparisce anche l'inglese antico) che in The Gallery.

Il confronto con i cugini In Flames della scena metal di Gothenburg vede questi come “vincitori” nel 1997 con il loro Whoracle, ma potenzialmente The Mind’s I aveva tutte le caratteristiche per essere anche più bello, per atmosfera, per mood, per espressività e personalità. Ma l’opera è riuscita solo in parte, offrendo in ogni caso diverse canzoni fra le più belle di sempre dei Dark Tranquillity, seppur insufficienti per compensare la scarsa qualità della produzione e la regressione a livello evolutivo e compositivo del gruppo nella maggior parte del disco. Ciò non significa che esso debba essere dimenticato, e non lo dovrà.

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