Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Mikael Stanne - voce
- Niklas Sundin - chitarra
- Martin Henriksson - chitarra
- Michael Nicklasson - basso
- Anders Jivarp - batteria
- Martin Brandstrom - tastiere

Guests:
- Nell Sigland - voce in The Mundane and the Magic
 

Tracklist: 

1. Nothing to No One
2. The Lesser Faith
3. Terminus (Where Death Is Almost Alive)
4. Blind at Heart
5. Icipher
6. Inside the Particle Storm
7. Empty Me
8. Misery's Crown
9. Focus Shift
10. The Mundane and the Magic

Dark Tranquillity

Fiction

L'attesa che si è venuta a creare attorno a Fiction è stata davvero ansiosa: da un lato, coloro che avevano apprezzato moltissimo Character speravano di poter gustare un'altra portata della stessa pietanza, dall'altro, coloro che avevano qualche dubbio (al grido di "bello, ma manca qualcosa") speravano invece in un album dove i Dark Tranquillity osassero di più. Character era sì un buon album, ma a tratti ripetitivo e privo dell'innovazione che molti si aspettarono giungesse dopo Damage Done (un ottimo mix delle sonorità già incontrate dagli svedesi, proiettate verso una direzione più dura e d'impatto ma anche più oscura), per questo quando iniziò a diffondersi la voce che il suo successore non si sarebbe discostato di molto dalle sue sonorità si diffuse una quasi pregiudizievole delusione fra i molti fan, timorosi di ritrovarsi un Character 2 nato sull'onda del successo di pubblico riscontrato dalla formazione di Gothenburg nel 2005 e 2006. Tranquilli, Fiction non è un clone di Character come qualcuno temeva sentendo le piccole anticipazioni nelle interviste e facendo un rapido confronto con le precedenti evoluzioni, seppure a conti fatti potrebbe non bastare. Potrebbe sembrare uno mero clone all'ascoltatore occasionale, ma chi ben conosce i Dark Tranquillity noterà come, pur presentando un filo conduttore che in un certo modo collega fra di loro gli ultimi due (facciamo anche tre) dischi della combo svedese, questi mantengono caratteristiche che li rendono differenti, sebbene più nel particolare che nel generale e lasciando ugualmente a volte un retrogusto di già sentito. Quindi, certo, non ci sarà la netta diversità che capitò con Projector (o l'ancora più grande cambiamento con Haven), e la base musicale permane sulla base di partenza che già era su The Mind's I, ma da allora si è evoluta, mutando anche nell'approccio, che sfocia in un puro metal moderno (con anche alcuni piccoli spunti dei Soilwork moderni di Stabbing the Drama), in contrasto con chi addirittura si aspettava un disco che riciclasse i primi album. Fiction è un ulteriore passaggio per consolidare il proprio stile per i Dark Tranquillity, in cui si sfrutta l'occasione anche per rivedere i punti più opachi del disco precedente, rimescolarli e correggere dove possibile. Purtroppo, così facendo la portata innovativa che il gruppo ebbe in passato non viene riportata alla luce, lasciando la sensazione che gli svedesi ormai, dopo tanti successi, siano giunti ad un punto in cui il desiderio è quello di assestarsi su particolari sonorità e proseguire orbitando comunque attorno ad esse. Magari sviluppandole ed eventualmente variando qualche schema, ma sempre procedendo per una linea continua e sicura, anche raccogliendo elementi dalle nuove generazioni per svecchiare lo stile (come l'ultima corda ribassata di un altro tono, seguendo altri gruppi svedesi che si sono modellati in questo al metal d'oltre oceano degli anni '90 e oltre). E per una formazione che solo fino a qualche anno fa scelse "In retrospect and denial" come sottotitolo ad un bootleg di b-sides, potrebbe essere una scelta difficile da portare avanti.

Le influenze del moderno thrash americano, appena accennate in Damage Done e più tangibili in Character, sono ora più alla luce, ma non si sfocia nel metalcore che ha contraddistinto i cugini In Flames, anzi al contrario il tutto viene insospettatamente mescolato a tonalità melodiche ma potenti più tipiche di certo goth melodico europeo. Ma non fraintendete, i binari rimangono quelli di un puro personalissimo metal scandinavo, melodico ma potente, rabbioso ma emozionante, anche per via della particolare sensibilità svedese di sua natura portata a mescolare melodia e durezza. I riff più melodici per certi versi riprendono leggermente qualcosa dallo stile di Haven, assieme alle linee di basso che pervadono maggiormente lo sfondo dei brani. Contemporaneamente vi è un recupero di sonorità maggiormente d'atmosfera (che in alcuni casi ricordano certi passaggi di, nuovamente, Haven), con anche piccole parti calme, più vicine alla malinconia romantica di Projector che all'oscurità post-industriale di brani come Derivation (vedi l'EP Lost to Apathy). In realtà invece che Projector dovremmo citare piuttosto My Negation, ma il fatto è che proprio da quell'album torna una piccola sorpresa: le clean vocals. Ma i "semi-vecchi" fan trattengano l'entusiasmo, si tratta di brevi interventi in due sole canzoni, tutto un altro discorso rispetto all'album del 1999 dove il canto pulito era una costante, così come Emptier Still su Haven non era un proseguimento di quanto intrapreso l'anno precedente. Un po' per accontentare chi sperava tanto in un loro ritorno, ma anche per dire che più di così i Dark Tranquillity non concedono, perché non avrebbe avuto senso ripescare un approccio lasciato da ormai più di sette anni, se non per specularci sopra. Nel complesso, in un rapporto con addirittura qualche spunto nascosto dei nostrani Novembre, Fiction è un album più atmosferico di Character, dove il lato "duro", certamente ancora nucleo dei Dark Tranquillity del nuovo millennio, prevaleva sul resto lasciandovi però molti meno spiragli; inoltre l'intero full-lenght è improntato su un mood relativamente più nostalgico... le sfuriate comunque ci sono ancora, a volte un po' ripetitive, seguendo lo stile veloce e furioso di The New Build. Potremmo anche dire che il collegomento con Character viene dato proprio da questa canzone, assieme a My Negation come già detto prima. In ogni caso il songwriting rispetto al disco del 2005, anche per lo sviluppato approccio appare migliore: molto più rifinito, pulito, e non c'è quella ricerca di una struttura generale forzatamente estrema che toglieva spessore alle canzoni. Si fa notare positivamente la maggior cura riposta nel ruolo della batteria, più versatile, pur non rinunciando a blast-beats e a martellamenti impulsivi. Le tastiere mantengono un ruolo di contorno (prevalentemente atmosferiche più che elettroniche) riempendo gli spazi lasciati dalle chitarre, oppure costruiscono un piccolo impianto melodico di sottofondo che si combina con le chitarre e le vocals per sostenere la melodia portante, con la piccola pecca di essere a volte un po' monotone. Ad ogni modo, eccetto che per alcuni riempimenti dello sfondo sonoro, non sono mai predominanti come accadeva in Haven, mantenendosi sugli standard quantitativi di Damage Done e Character, con un po' meno di elettronica. Sono però ben inserite e alcuni effetti particolarmente azzeccati. Viene quindi facile ipotizzare che avremmo potuto avere con tutta probabilità un grandissimo disco, se il lato tastieristico/elettronico fosse stato espanso di più, andando ad assumere una parte rilevante come per esempio in Haven (ovviamente nello stile, nelle atmosfere e nell'attitudine dei Dark Tranquillity attuali, perché un generico "album metal con molta elettronica" non deve per forza essere dello stesso genere di Haven sia come elettronica che come lato metal). Ma se Fiction fosse stato composto nel 2004, con al posto di alcuni brani più deboli i migliori di Character, avremmo avuto lo stesso un disco eccellente, perché nel bene e nel male in questi full-lenght abbiamo una selezione di canzoni comunque di alto livello ed un marchio di fabbrica (quello dei Dark Tranquillity) invidiabile e garanzia di qualità.

Si parte dunque con Nothing to No One: subito salta all'orecchio la piacevole intro accattivante di basso e batteria in cui si inserisce una chitarra molto incalzante, a metà fra groove, metalcore e melodeath, che non rinuncia a sfuriate più feroci (quasi black in certi punti) assieme ai blastbeats lungo il corso del brano; le tastiere invece sono abbastanza in secondo piano. Come brano non è nulla di sorprendente od originale, ma è dannatamente catchy e promette scintille soprattutto in sede live, ma un po' tutte le canzoni sono potenziali grossi successi nei concerti. Si fa notare ancora di più The Lesser Faith, con il suo riff groovy che ricorda Drive dei Textures e con le sue sonorità quasi da alt metal e le melodie sempre ispirate e memorabili e alcune atmosfere di tastiera che ricordano le parti tranquille di Haven, e come canzone è una delle migliori. Terminus (Where Death Is Almost Alive) inizia con un giro elettronico, che va a costituire anche il cardine dell'elemento tastieristico della traccia, molto trascinante seppur nulla di eclatante; come impostazione ricorda Senses Tied, da Character. La canzone mantiene un piglio altamente orecchiabile, anche se per puro impatto Senses Tied rimane superiore. Blind at Heart si presenta come il brano più adrenalinico, con il suo veloce riff tendente al deathcore... ma l'apparenza inganna, perché nel tutto viene innestato anche bel chorus molto melodico, un po' emotivo anche. Pur non essendo un'idea innovativa, rimescola le carte in tavola evitando che divenga un brano veloce e pieno di grinta, ma banale. Passiamo ora ad Icipher, titolo abbastanza ambiguo (e le speculazioni sul significato che si trovano per la rete sono di tutti i colori). Un altro brano interessante, dagli spunti di tastiera melodica piccolini ma di per sè gustosi, combinati con con riff alla Hypocrisy riavvicinati al gusto che era proprio di Haven in un contrasto interessante; rimane sempre metallica ma rispetto a Blind at Heart assume un ruolo più calmo e meditato, anche osservando la prossima canzone. Inside the Particle Storm inizia come una digressione gotica con pochi arpeggi timidi di chitarra clean, mentre i synth rivestono leggermente il sottofondo per ricreare un'atmosfera malinconica, e sembrerebbe che questa volta ci sia un brano calmo in senso assoluto e non relativo; tuttavia, nonostante inizi come una ballad tetra, subito la sezione ritmica si fa più incalzante e dopo un po' sopraggiungono anche corpose schitarrate, che non intaccano l'aura di oscurità che si percepisce nelle atmosfere, ma la rende più drammatica. Una soluzione interessante, ma ci chiediamo cosa sarebbe potuto venir fuori privilegiando la parte non metal. Empty Me è forse il brano migliore: potente ma melodico, oscuro ma emozionante, ricco di riff thrasheggianti più aggressivi ma anche di giri di tastiera tenui e gradevoli, per certi versi per questo ricorda il particolare binomio aggressività/dolce melodia del chorus di One Thought (Character), ma il finale atmosferico invece sembra rievocare più quello di My Negation in una versione più corta e diretta. Rimane sicuramente suggestivo, e se prolungato e posto alla fine del disco sarebbe stato davvero molto d'effetto. E ora vengono le tanto attese clean vocals con Misery's Crown, una hit diretta e trascinante che fa dell'orecchiabilità il suo fine, uno dei pezzi più vicini al goth melodico. Il canto pulito e le melodie ricordano la proposta di In Sight (b-side di Haven rilasciata più tardi nel bootleg Exposures), differenziandosi per i riff più spediti e trascinanti e per la presenza di un growl nel melodicissimo chorus. E' una canzone molto godibile e che richiama Haven anche per molti riff e le linee di basso che riempiono l'atmosfera, ma sicuramente non molto originale. Focus Shit è invece la canzone più debole di tutte: rispetto alle altre appare davvero povera di idee, sembrando più una b-side di Character leggermente influenzata dagli ultimi Soilwork e con tastiere ancor più marginali. Per via della vena orecchiabile di maggiore impatto rispetto alla maggior parte del disco e per il suo essere stata scelta come anteprima dell'album, il paragone dal full-lenght precedente con Lost to Apathy, che sfrutta meglio le sue caratteristiche, è inevitabile e Focus Shift ne esce sconfitta. Il finale simil-goth di The Mundane and the Magic è la conclusiva traccia del disco: gli arpeggi melodici iniziali sostenuti dalla batteria cadenzata ricoprono un ruolo di primo piano per circa un minuto, lasciando poi il spazio ad ordinari giri di note di tastiera e all'aggiungersi delle chitarre e del growl (riavvicinandosi di nuovo ad Haven negli arrangiamenti). La sorpresa è nel chorus dove il canto pulito di Stanne si combina alla voce pop di Nell Sigland (recente new entry dei Theatre Of Tragedy). L'idea della voce femminile sembra essere sulla scia di Dead End degli In Flames (vedi Come Clarity), pur spaziando su sonorità molto diverse. La voce di lei è sensuale e trascinante, ma qui le clean vocals di Stanne sono davvero sotto tono, soprattutto perché Mikael può fare molto di meglio e per questo lo si nota.

Le bonus tracks sono invece A Closer End, pezzo abbastanza banale che ricorda una versione più estrema di Haven, e Winter Triangle, strumentale atmosferica molto orecchiabile anche se alla lunga prevedibile e monotona.

Giunti alla fine dell'album si continua ad avvertire la sensazione che manchi qualcosa, che non è completo (cosa a cui si spera possano porre rimedio le bonus tracks delle edizioni giapponese e australiana al momento della recensione non ancora disponibili). E ci si chiede se proprio non si poteva cambiare di più. Ma non ha senso definirlo un clone di Character, naturalmente Fiction non è troppo diverso dal predecessore ed è certamente poco ambizioso, ma differisce, ne è la continuazione ed evoluzione verso sonorità (relativamente) moderne con un riagganciamento ad un lato più melodico. Attenzione, con evoluzione non intendiamo quella che ha dato vita a Projector dopo The Mind's I, e ad Haven dopo Projector, quelli furono netti cambiamenti, con evoluzione intendiamo la normale continuazione lungo un certo percorso. Lo ripeto, con questo non si vuole dire che è un disco inferiore, ma rimane di qualità, fine a sè stesso non sembra proprio, e un suo perché come già detto parrebbe averlo. Fiction è semplicemente un buon album, non inventa nulla, non è coraggioso (come lo furono gli album del 1999 e 2000), è privo della sorpresa e del suo fascino che i Dark Tranquillity seppero dare in passato, ma è ben fatto e con diversi pezzi da ricordare. Anche se manca quella freschezza che ci sarebbe stata se solo Fiction fosse uscito qualche anno fa e si continua a sperare che il prossimo disco degli svedesi sia il tanto atteso grande cambiamento, possiamo gustarcelo lo stesso.

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