Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Etichetta: 
Modular
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Dan Whitford – vocals, keyboard, guitar
- Tim Hoey – guitar, sampler
- Mitchell Scott – drums
- Ben Browning – bass guitar

Tracklist: 

01. Need You Now
02. Take Me Over
03. Where I'm Going
04. Pharaohs & Pyramids
05. Blink And You'll Miss A Revolution
06. Strange Nostalgia For The Future
07. This Is All We've Got
08. Alisa
09. Hanging Onto Every Heartbeat
10. Corner Of The Sky
11. Sun God

Cut Copy

Zonoscope

Otto ottobre millenovecentonovantuno: nasceva Screamadelica. Un disco cult per il gruppo, che successivamente dovrà per forza di cose deviare il suo percorso, la fotografia perfetta per immortalare quegli anni così eclettici, ancora fortemente influenzati dagli eighties. Punto d' incontro più sincero tra l' elettronica - intuita come un mix tra club culture, rave ed house - e l' affollatissimo mondo del rock, con la C86 in prima fila, per un episodio che non avrà eguali, ma solo molti figliastri ( tra cui i Kasabian). Esattamente tre anni prima la stagione acida di Madchester veniva interpretata in chiave neo-psichedelica dagli Happy Mondays di Bummed, uno dei picchi massimi dell' espressione open-minded dell' epoca, dove un attitudine alla corrosione punk entrava in contatto con l' asprezza di certe battute dance, a far da apripista nientemeno che al nuovo fenomeno britpop che sfocierà di lì a poco.

Il fatto che tutte queste intuizioni furono perlopiù dettate dal caso, dalla voglia di azzardare, spinse molti altri gruppi - giovani o non - ad avvicinarsi alle suddette modalità di sperimentazione, ma negli anni a venire non si riscontreranno risultati anche solo paragonabili a quel determinato periodo, con il male peggiore di una successiva suddivisione dei generi che porterà ad un nulla di fatto, se non al pallido tentativo di nu-rave di nomi recenti come i Klaxons, ed una volta passata di moda si preferì piuttosto puntare sui canonici idiomi britpop. Non bisogna stupirsi quindi se a raccogliere i migliori frutti è stata la dipartita elettronica, con una schiera di interpreti che possono variare dal più edulcorato dei synth-pop al più oscuro dei progetti sperimentali. In mezzo al mucchio, del duemilaundici la vera eccellenza in tale campo la costituiscono i Cut Copy, un quartetto australiano fattosi conoscere per la facilità di produrre hit di successo miscelando melodie dance e pop. Se con il precedente In Ghost Colours, da considerarsi più come una raccolta che un disco, la band si era costruita una nomea dovuta più a concetti fini a se stessi, come ad esempio quella di electronic new-wave, decisamente incomprensibile e derivativa, con il nuovo Zonoscope (Modular, 2011) prova ad azzardare, prendendosi sul serio.

L' esperimento funziona benissimo, e quello che si prospettava essere un altro lavoro di successi a metà si rivela invece il perfetto riassunto ( anche se la sua durata si attesta intorno a poco più di un' ora) dell' elettronica bianca più appetibile e canticchiabile. Anche la copertina, sebbene non di buon auspicio considerato lo scarso successo del disco dal quale si è preso ispirazione per l' artwork ( ovvero da quel Flying The Flag dei Climax Blues Band, che soprattutto grazie a questo lavoro si guadagnarono l' appellativo di one hit wonder), rivela molto del mood di Zonoscope, a cavallo tra l' humor non sense ed una estaticità balneare, piacevolmente soffuso attraverso i perfetti scambi melodici di synth e chitarre, orchestrati in maniera prossima alla perfezione grazie ad uno stuolo di personale in fase di produzione e missaggio altamente competente per aver puntato tutto verso un sound limpido, galoppante e scoperto verso le modalità indie-pop. Definibili come la risposta più credibile al Non Stop Ecstatic Dance di marca Soft Celliana, questo pugno di canzoni / climax sonori decisamente eccelle da qualunque lato le si guardi, e questo si deve soprattutto ad un lato versatile ed intelligente del frontman Dan Whitford ( che per la verità sfuggiva un pò a tutti) nel fornire diversi volti, sfaccettature persino minime, ad ogni singolo brano, ricco, oltre che di armonie prettamente pop, di una miriade di leggere e godibili sottigliezze immancabili per ambizioni del genere.

Ma adesso arriva il bello, ovvero la stesura generale di ogni composizione, parte del processo che gli stessi Cut Copy definiscono vitale per l' impronta che il disco subirà ( e di cui potete sbirciare qualcosina sul link qui accanto, riferente proprio alla preparazione di Zonoscope). La materia di tanta facilità sonora e complessità di intenti è presto detta: ogni canzone si appoggia sempre su dei loop elettronici messi in circolo, quasi sempre da una drum-machine, a cui poi si aggiungono le varianti originali da aggiungere per diversificare il tutto. Si pesca guardacaso a grosse dosi dagli eighties, chiamando in causa per gli episodi di maggiore appeal i tribalismi africani apportati nella musica funky proprio in quel periodo da geni del calibro dei Talking Heads, del cui Remain In Light si apre fin da subito la caccia, senza disdegnare qualche battito alla Pop Group, da cui naturalmente non vengono però riprese nè le tematiche nè le sonorità essenziali, mentre per i pezzi dal solo impatto dance viene in mente la produzione hip-hop di Arthur Baker per i New Order - dalle cui somme risulta un approccio maggiore alla tecnica da parte dei Cut Copy, dai risultati ostici e quasi nordici, forse derivanti da aspetti primari di basi ispirati direttamente dagli U2 di Achtung Baby ( sembra un paragone impossibile, ma alla fine si rivela quello più plausibile) - oppure ancora il ribollire electro-pop dei coevi Holy Ghost!, o l' altra produzione, di nuovo richiamante il funky, dell' ultimo sottovalutatissimo album degli !!!.

Così facendo ogni parte dell' album non solo viene legata ad una ad una con un collante in grado di far richiamare gli aspetti in comune, ma ogni episodio apparirà come un continuum tematico in successione, ognuno intessuto da un astratto riferimento all' altro ma allo stesso tempo diverso per il ritmo portante. Ma il cuore dei quattro scalpita soprattutto per l' elettronica. L' opener singolo Need You Now è un pezzo da discoteca, materiale wave terrificante nella sua galoppata da strobo a colori chiari quanto nel ritornello, calzante e pulito, fresco e gay-friendly al punto giusto. La successiva Take Me Over è altrettanto esplosiva; i campioni presi da Madonna e Fleetwood Mac conferiscono un aspetto balneare facilmente accomunabile ai Blondie di Parallel Lines, ma anche qui il risultato si dimostra fuori dal comune, originale nel suo languido galleggiare. La solidità di Zonoscope viene consolidata pure negli episodi di minore potenza: Where I'm Going è un gioiello surf-pop dotato di un ritorno corale devoto ai sorrisi di Wilson ed a qualche sconquassata outtake beatlesiana, un' ondata di tamburelli e maracas breve e concisa.

Pharaohs & Pyramids, Blink And You'll Miss The Revolution e Strange Nostalgia For The Future si immergono invece sulle good vibrations della musica dance e di quella da club per formare proprio a metà album un notevole trittico in grado di passare nel giro di poco dai Depeche Mode agli Hercules And Love Affair: in particolare la prima traccia si muove verso brume techno, la seconda è una danza tra filigrane sintetiche e versi pesanti mentre l' ultima ripropone l' originale risvolto wave. Dopo aver introdotto certe trame areose, quasi ambient, i Cut Copy ci prendono gusto: This Is All We've Got continua sulla stessa serie delle altre, impacchettando un perfetto indie-rock fatto di percussioni lo-fi, corde vocali effettate e linee di chitarra da interporsi a quest' ultimo snaturato elemento. Alisa col suo gusto barocco cede più volte al funk, con lodevoli slabbrature di basso che sono la dimostrazione di come suonerebbe Toro Y Moi se avesse una band. Hanging Onto Every Heartbeat riprende il discorso lasciato in sospeso da Where I'm Going rallentando i ritmi, concedendo una pausa agli strumenti, qui usati in modo del tutto minimale, in cui traspaiono richiami folk inusuali. A chiudere, con la consueta infallibilità, ci pensano le due bellissime Corner Of The Sky e Sun God. La prima ricorda i fasti del miglior Eno, con quella atmosfera sperimentale che pare dipanarsi alla stessa stregua di quanto fatto dal Bradford Cox di Parallax, mentre l' ultima lunghissima seconda traccia è una pregevole gemma elettronica, dal cui loop ripetuto si svolge prima un tributo al Moroder di Battlestar Galactica e successivamente si alternano una serie di scambi ritmici tra psichedelia e glitch.

In definitiva Zonoscope è la consacrazione dei Cut Copy e dell' elettronica fino ad ora definibile come più diretta e spensierata. Un' ora di perfetti brani dance-pop si susseguono l' un l' altro senza fare prigionieri, suggellati da una perfetta esecuzione e da schemi compositivi mai ovvi o derivativi. Ciò che stupisce ed ammalia di questa band proveniente dall' Australia è la poliedricità dei canoni utilizzati, che possono spaziare dal più introverso dei techno act ad una epifania indie-rock, senza però mancare di un proprio evidentissimo input ideologico, che nel caso di Zonoscope si attesta sulla parola acid e sull' italo-disco. Cercando di codificare il dettato imposto dai quattro, si può dire che mancando di rispetto al lato sperimentale del genere in questione, i Cut Copy ne hanno conseguito grandi, grandissimi benefici, trasformandosi nel giro di un solo full-lenght da rane a principi.

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