Voto: 
6.4 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Maldoror
Anno: 
1988
Line-Up: 

- David Tibet – Voce
- Douglas Pearce – Voce, Chitarra, Batteria
- Rose McDowall – Voce e Chitarra
- Tony Wakeford – Basso
- Dik – Piano, Ingegnere del suono
- Steven Stapleton – Chitarra, Cetra, Effetti, Mixing

Tracklist: 


Vinile 12'' originario
1. Dögun
2. Forever Changing
3. The Ballad of the Pale Christ
4. Christ and the Pale Queens
5. Night

Riedizione CD
1. Dögun
2. Forever Changing
3. The Ballad of the Pale Christ
4. Christ and the Pale Queens
5. The Red Face of God
6. The Breath and Pain of God
7. Mighty in Sorrow

Current 93

Christ and the Pale Queens Mighty in Sorrow

Pubblicato nel 1988, in un periodo di clamorosa transizione – poco prima, cioè, di quelle rivoluzioni sonore che in “Swastikas for Noddy” porteranno alla nascita del Folk apocalittico targato Current 93 – questo “Christ and the Pale Queens Mighty in Sorrow” è un album che fa pressoché storia a sé nell'ambito della discografia di Tibet, un po' come era accaduto per il precedente “Imperium”: proprio come in quell'occasione, infatti, anche in questo album il sound è ancora un inclassificabile, disomogeneo ibrido a metà tra l'Industrial esoterico degli inizi e il Folk che verrà – una situazione di stallo piuttosto peculiare perchè presenta, inoltre, alcune soluzioni sonore non lontane dall'elettronica di stampo atmosferico, idee lanciate (ispirate da Stapleton o più probabilmente addirittura da Hilmarsson, vecchio lupo di mare nel campo delle colonne sonore, capace tra l'altro perfino di portare i Current 93 in campi Synth-Pop sul singolo “Crowleymass”) ed abbandonate nel giro d'un paio d'album, difficilmente rintracciabili nella produzione Currentiana principale degli anni '90 (fatta eccezione per l'amena collaborazione -con Hilmarsson, guarda caso- di “Island” e per qualche rigurgito su alcuni EP), essendo quest'ultima sviluppatasi a partire dai semi posti in lavori di capitale importanza come “Swastikas for Noddy” (anche nelle sue versioni più o meno modificate, quali la riedizione “Crooked Crosses for the Nodding God” o lo split “1888”) e dell'altrettanto importante (e addirittura più bello e coeso) “Earth Covers Earth”.

Accompagnati dalla consueta line-up di star del movimento sperimentale dei tardi '80, Tibet e Stapleton forgiano dunque questo lavoro decisamente atipico ed altalenante, pubblicandolo dapprima in vinile ultra-limitato e successivamente (1989 e poi 1994) in versione CD, aggiungendo come bonus l'EP “The Red Face of God” e cambiando nome ad una delle tracce (“Night” diverrà “Mighty in Sorrow”): ciò rende pressochè obbligatoria una disamina delle singole tracce, viste le differenti direzioni sonore intraprese dalle stesse.
Ad aprire è “Dögun”, con le sue abrasive distorsioni e il suo coro ancestrale in sottofondo: il nerboruto basso elettrico di Wakeford e la batteria ripetitiva, tipicamente 80s, di Pearce formano un ritmo Industrial incessante su cui si appoggiano mollemente le parole di Tibet, sussurrate senza particolare enfasi e ben disposte ad accettare un ruolo minore – situazione ribaltata nella seguente “Forever Changing”, capitolo da ipnosi mistica in cui la sezione strumentale è ridotta all'osso (un ossessivo motivo di pianoforte e un ricurvo, pastoso, semplicissimo giro di basso) mentre la ribalta viene presa dalla narrazione di un brano di Ildegarda da Bingen da parte di un inevitabilmente teatrale David Tibet, le cui 's' sibilano come terrificanti minacce, le cui 't' schioccano sonoramente e le cui vocali si aprono estatiche nella descrizione di una visione ultraterrena: brano obiettivamente monotono (e di certo i quasi dieci minuti di durata non migliorano la situazione), ma che rivela potenzialità interessanti nel caso l'ascoltatore si prenda la briga di seguire attentamente il testo e la sempre personalissima recitazione di David, rendendo l'ascolto ben più immaginifico.
“The Ballad of the Pale Christ” cambia nuovamente scenario mostrando la nettissima influenza di Doug Pearce sui Current 93 di quegli anni: si tratta infatti di una ballata Folk lineare ed accattivante, fondata sulle pennate della chitarra acustica, in cui Tibet prova uno stile più 'cantato' e meno parlato cui fanno eco i soavi gorgheggi di Rose McDowell – la durata non eccessiva permette al brano di essere gradevole pur non toccando i fasti di altre folksong firmate da Tibet e Pearce. Si torna al passato, invece, nella quarta “Christ and the Pale Queens”, con gli intrecci vocali (sussurri, cori, recitazione) a dipingere immagini e melodie su una bianca tela di Dark Ambient tastieristica: nel corso dei venti minuti di durata emergono anche momenti più intensi, la cui apoteosi è il terrificante, esasperante crescendo finale sostenuto dalle voci urlate e dai battiti delle robotiche percussioni.

A seguire, i due brani estratti dal singolo “The Red Face of God” (registrato nelle stesse sessioni dell'album): la traccia omonima è, banalmente, un inutile remix di “Dögun” che non aggiunge nulla all'originale, mentre “The Breath and Pain of God” effettua una rivisitazione di “Christ and the Pale Queens” (di cui riprende le melodie vocali e il ritmo della batteria, ora resi meno invadenti poiché seminascosti da strati di suoni elettronici) in chiave Ambient, con il sempre attivo basso di Tony Wakeford a muoversi nelle ombre in chiaroscuro create dalle tastiere.
La chiusura è affidata a “Mighty in Sorrow”, quasi venti minuti di melodie di cornamusa in loop, sonagli urticanti e poco altro, ripetute ad nauseam (i primi cinque secondi sono tutto quello che c'è da ascoltare) fino al completo sfiancamento dell'ascoltatore: un finale poco significativo, quello degli ultimi tre brani, con il disco che termina di dire ciò che doveva con i primi quattro capitoli.

Al di là della chiusura poco stimolante, “Christ and the Pale Queens Mighty in Sorrow” rimane un disco curioso e particolare, che mostra una deviazione singolare, tipicamente tardo-ottantiana, del suono Current 93: per diversi anni, questo rimarrà l'ultimo album di significativa portata a mostrare estensivamente le influenze dell'elettronica anni '80 e dell'Ambient music all'interno del catalogo Current 93. Non imprescindibile, anche per le sue caratteristiche scostanti (lunghezza, monotonia strumentale, descrittività legata quasi esclusivamente al cantato) ma sicuramente meritevole di ascolto da parte dei fan della Corrente che volessero approfondire questo 'limbo' sonoro sospeso tra le orripilanti visioni Industrial degli anni precedenti e le preziose meraviglie Folk di quelli a venire.

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