Voto: 
8.6 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Fiction Records
Anno: 
1985
Line-Up: 

- Robert Smith - chitarra, tastiera, voce
- Simon Gallup - basso
- Ron Howe - sassofono
- Porl Thompson - chitarra, tastiera
- Laurence Tolhurst - tastiera
- Boris Williams - percussioni, batteria


Tracklist: 

1. In Between Days (02:55)
2. Kyoto Song (4:00)
3. The Blood (03:42)
4. Six Different Ways (03:16)
5. Push (04:28)
6. The Baby Screams (03:43)
7. Close to Me (03:20)
8. A Night Like This (04:12)
9. Screw (02:35)
10. Sinking (04:50)

Cure, The

The Head on the Door

Dopo aver sfornato due lavori, Pornography (1982) e The Top (1984), che avevano scosso profondamente gli animi degli ascoltatori inglesi, giungendo rispettivamente all’ottavo e al decimo posto delle charts annuali come numero di vendite, ecco che i The Cure di Smith compiono l’ulteriore passo che li avvicinerà ancora maggiormente ad una schiera di fans maturata negli anni, reduce della trilogia Dark e pronta a nuove avventure sonore. Nasce così nel 1985 un’altra positiva risposta, The Head on the Door, che vedrà il ritorno di Simon Gallup al basso e che risulterà parecchio apprezzata non solo in tutta Europa, ma anche negli Stati Uniti, così lontani dalla scena New Wave e più portati verso il Post Punk/Noise.
L’elemento che fa risaltare il disco è l’estrema abilità della band nel comporre pezzi melodici e musicalmente spensierati, dotati però di liriche decadenti e veramente intrise di malinconia.

Il primo esempio ci viene fornito dall’opener In Between Days, il singolo che ha aperto le porte alla nuova era Cure: tre semplici minuti in cui chitarre e tastiere predispongono l’impianto armonico che sarà seguito nel futuro Disintegration. La voce di Smith subisce leggeri cambiamenti, assumendo toni maggiormente distesi rispetto ai precedenti lavori: l’antitesi che si innesca con le liriche depresse è la chiave di lettura dei Cure post-Pornography.
Tanti sono i riferimenti a sonorità etniche, ad iniziare dalla musica orientale nella seconda, sommessa Kyoto Song, che ci mostra un aspetto più legato alla compostezza e meno alla spontaneità tipica della precedente canzone, fino a culminare nella spagnoleggiante The Blood, stilisticamente alquanto discostante dagli episodi esplorati, ma buona prova di sensibilità da parte di Smith e compagni.
Passando attraverso Six Different Ways, brano a cavallo tra un Pop e un Alternative Rock inusuali e inediti per la formazione britannica, si giunge a Push, primo episodio concepito nella storia della band come strumentale (anche se la voce comparirà improvvisamente spezzando il magico alone costituitosi): Push è un capitolo innalzato dalle splendide chitarre che delineano riff slanciati, sempre capaci di catturare l’ascoltatore e di farlo sognare.
Altrettanto originale è The Baby Scream, in cui Robert si esibisce con un tono ben diverso da quello conosciuto solitamente, cantando con uno spiraglio di serenità una musica misto di Goth elettronico e New Wave ottantiana.
Soluzioni ancora differenti vengono sperimentate in Close to Me, una delle canzoni più suadenti e distese presenti su The Head on the Door: il titolo dell’album viene spiegato nel testo di Close to Me, mentre le tastiere e la batteria si esibiscono in giochi ritmici di notevole effetto.
Anche A Night Like This non delude le aspettative, con il suo feeling lirico che esplora nuovamente la dimensione Dark del passato, ma che presenta in primo piano il concetto di “desiderio di cambiamento” in contrapposizione al “desiderio di morte” che aleggiava nella trilogia Dark.

Dopo quasi quaranta minuti di proposte così insperate e così fuori dalla comune scena inglese del 1985, i Cure hanno terminato un altro capolavoro, concludendo con Screw e Sinking; tuttavia, la bellezza di The Head on the Door è conferita dall’avvicinamento ad altri stili musicali diversi dalle radici Punk/Dark della band. Inizia da qui il viaggio in discesa di Smith e compagni, che vedranno milioni di fans accostarsi alle loro produzioni musicali, affascinati dalla carismatica figura dello stesso Robert, particolare compositore e front-man che sa appassionare impiegando la malinconia della melodia. Solo così la sua rabbia interiore può essere repressa per dare spazio a forme musicali innovative e al passo coi tempi.

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