Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione/Kproduction
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Eddy  - voce, chitarra
- Fausto – basso
- Michele - Batteria

Tracklist: 

1. L’abitudine
2. Essenza
3. Ninfa e l’amore
4. Spettro
5. Sovverti
6. Si e no
7. L’ultima sigaretta
8. Rum
9. Lei è
10. Quando puoi
11. Light out 

Cronofobia

Asciutto

Eccoci nuovamente qui.
Ancora chitarre distorte che macinano riff assemblati con rabbia e furore giovanile, ancora voci graffianti che slittano tra urla sguaiate e melodia, ancora semplicità ad impatto diretto.
In una parola, ancora Grunge.
Lungo l’italico stivale sembra siano in pochi ad essersi stancati della sporcizia importata da Seattle ormai 20 anni or sono, a giudicare dal gran numero di band tutt’oggi in circolazione che sguazzano tra la nostalgia e l’impossibilità (o non voglia) di rinnovarsi che affliggono questo genere. 

I Cronofobia da Brescia, dopo un solo anno di attività come band decidono che è già il momento per licenziare il primo capitolo discografico, e in Asciutto le converse rovinate, i capelli unti e i jeans sdruciti si sentono tutti.
Il trio ha dalla sua parte il cantato in italiano espresso attraverso una voce capace di assumere con agilità tinte Hard Rock (Lei è, Spettro), dote che aiuta a rendere le canzoni molto più dinamiche di quanto in realtà non siano, squagliandosi talvolta in ubriachi lamenti alla J.Mascis che impreziosiscono brani come Rum.
Chitarre senza personalità né sfumature trainano con foga rabbiosa una batteria violenta ma priva di slanci e personalizzazioni degne di nota ed un basso come al solito praticamente inesistente, totalmente messo in ombra dalla copiosa distorsione dello strumento principe di questo genere.
Anche in questo caso il tradizionalismo di chi suona Grunge stupisce per la sua proverbiale continuità, chiudendo le porte al rinnovamento senza troppo indugiare.
Saltuariamente emergono tuttavia piacevoli diversivi come L’ultima sigaretta, brano sciolto in un chorus invadente ma caratteristico che aggiunge nuovi colori alla viscida melodia seguita dalla voce, riuscendo a farsi notare in mezzo al furore che attraversa la tracklist.
L’autoproduzione purtroppo non aiuta i brani a risultare convincenti, finendo per indebolire l’impatto sonoro che questa band può sicuramente offrire in sede live, rendendo fiacca l’intera sezione ritmica (ad eccezione dei piatti, che curiosamente suonano bene) e concentrandosi sul protagonismo di chitarre e voce, alle quali non nuoce particolarmente il suono grezzo di questo disco. 

Purtroppo il difetto più destabilizzante ed influente sul giudizio finale rimane la scarsa personalità dei brani, che non riescono ad introdurre nulla all’infuori di una cantato tecnicamente valido rispetto alla media di questo genere, cadendo in tutti cliché a cui il Grunge ha abituato i suoi ascoltatori nel corso degli anni.
Ai Cronofobia, come alla stragrande maggioranza dei gruppi italiani che cavalcano il revival dei primi anni ’90, manca l’effettiva voglia e capacità di mettersi in gioco, introducendo in questo genere qualcosa di inusuale, innovativo, rinfrescante, che porti nuovamente il pubblico ad interessarsi per certe sonorità ruvide e taglienti.
Ora come ora, la noia viene a galla troppo in fretta. 

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