Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Olive Juice music
Anno: 
2011
Line-Up: 

-Jeffrey Lewis

-Peter Stampfel

Tracklist: 

01. Come on Board

02. 20.000 Leagues Under the Sea

03. Bottlecaps are Cool

04. Busted

05. I Spent the Night in the Wax Museum

06. He's Been Everywhere

07. God, what am I Doing Here?

08. Billy ( Cross Over the Bamboo Field)

09. Love Love Love Love

10. Gong of Zero

11. Hoodoo Bash

12. Little sister in the Sky

13. On We Went

Peter Stampfel & Jeffrey Lewis

Come On Board

Uscita interessante questo Come On Board, inciso da un giovane cantautore e vignettista comico quale Jeffrey Lewis insieme ad un vecchietto settantaduenne amante della beat music nonchè uno dei fondatori dello storico Greenwich Village e membro degli Holy Modal Rounders, corrispondente al nome di Peter Stampfel. La registrazione è affidata ancora una volta a mezzi di fortuna, mentre lascia qualche perplessità la scelta di accostare due mentalità così diverse tra di loro( e non solo per la netta differenza di età), seppur pionieri di generi simili. Tuttavia, l' incontro tra due amici come sono i due non aiuterà ad affinare il feeling tra strumenti, fatto a quanto pare già avvenuto in passato ma in maniera non così formale, ma condurrà ad un vicolo cieco fatto di evidenti incomprensioni in fatto di musica prima ancora che di testi.

In particolare, sembrano distanti anni luce le ballate country, fini a se stesse ma pur sempre di un certo livello, rispetto alle flemmatiche liriche folk del buon Lewis. Immaginate poi se il disco fosse diviso, in rigoroso ordine, con Peter a preoccuparsi delle prime sei tracce, incentrando la maggior parte dei brani su corde di banjo sconclusionate e gorgheggi tutto meno che intonati, affidando a Jeffrey il compito di smorzare i toni nel finale con ballate molto simili, non fosse per i diversi strumenti adottati, da quel 'Em are I, perfetto compromesso tra musicalità e testi affabili, che due anni fa portò il fumettista in cima all' olimpo del lo-fi americano insieme ai Junkyard. Appunto, dovendo delineare un profilo generale rispetto a quest' ultima uscita, sono sicuro di non esagerare dicendo che Come On Board perde in partenza il confronto, smarrendosi fin dalle prime battute in un mood noto a molti e per questo non proprio originale. In particolare, il disco ha tutta l' aria di essere stato inciso con l' intento di creare canzoni divertenti e catchy, come un vero e proprio divertissement, oppure un regalo fatto ai fan ( che alla fine possono essere pure la stessa cosa). Sicuramente l' album non è carente di questo tipo di brani, ma appare insensata la scelta di comporre un disco pieno di potenziali singoli ( non era forse meglio optare per uno split a questo punto?), ed ancora più enigmatico sarebbe premiare certe prerogative, che di sicuro sono state presto dimenticate in passato.

Tra i primi brani, ad esempio, nessuno si meriterebbe di rimanere escluso dalla storica Anthology of American Folk Music, ma proprio per questo non si riesce a capire la necessità di inserirli in un full-lenght. Perché la country compassata della title-track, la carica rock n' roll da juke box di 20.000 Leagues Under the Sea oppure la verve anti-folk di Busted non hanno nulla da invidiare a padrini del genere come Guthrie o Seger, ma il tutto risulta sconclusionato all' interno di un disco, dove è sempre meglio mettere il cervello anziché il cuore ( anche se questo, naturalmente, è la spinta minima per acquisire espressività ed autenticità). Detto questo, viene da meravigliarsi quando Peter si applica unicamente agli strumenti e Lewis a testi e voce. Peccato che solo I Spend the Night in the Wax Museum e la conclusiva On We Went, dieci minuti di rime claustrofobiche coraggiose, risultino idonee per l' ipotetico disco perfetto che i due avrebbero potuto sfornare.

Come On Board, andando dritto al dunque, sembra più una compilation di inediti che un vero e proprio disco. I due suonano con la consapevolezza di avere qualità, e su questo nessuno può dubitare. Ma io, che recensendo devo tener conto di non pochi fattori, non posso non accorgermi del clima da festa che si respira durante le tredici tracce, per nulla sudate ma anzi smorzate con urla o risate al termine di quasi ogni traccia. Il mio consiglio è quello di non acquistarlo, a meno che non siate dei fan sfegatati che si vogliono unire al party salendo, come da titolo, sul carro degli appagati.

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