Voto: 
5.9 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Equal Vision/Taperjean
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Mansur Zennelli - guitar, vocals
- Beau McKee - drums
- Chris De Cinque - lead vocals
- Brad Kimber - bass
- Michael Barrett - guitar

Tracklist: 


1. Kissing Cousins
2. Reindeer Age
3. Sweet#hart
4. Vanguard
5. A Night at the Spleen
6. I'm a Ghost of Twilight
7. Permafrost
8. Deluge
9. Afterbirth
10. Arecibo Message
11. Couldn't Let You Love Me
12. Had to Put It in the Soil

Closure in Moscow

First Temple

Gli australiani Closure in Moscow si formano a Melbourne nel 2006.
Pubblicano un primo EP, intitolato The Penance and the Patience, nel 2008, mentre il debutto su full-lenght avviene l'anno successivo con First Temple.

Lo stile del gruppo è essenzialmente un'accattivante ma artificiosa emulazione del progressive rock odierno ed intricato misto a frenetico post-hardcore dei Mars Volta e dei Fall of Troy, con riferimenti anche ad altri gruppi come Coheed and Cambria, At the Drive-in, Chiodos, Circa Survive, Rush.
Tutte le composizioni sono pezzi diretti e melodici, con un discreto bagaglio tecnico a supportare riff veloci, bridge sempre incisivi, ritornelli orecchiabili e digressioni d'impatto; ogni brano segue una forma-canzone lineare e assimilabile, pur non lesinando ritmi marcati e fraseggi briosi. Ma dal punto di vista stilistico è evidente più d'un debito nei confronti dei gruppi sopra menzionati, in particolare i Mars Volta che (assieme a Geddy Lee dei Rush) sono molto imitati soprattutto dal punto di vista vocale e dei bassi, a causa di un'ancora evidente immaturità ideativa/creativa del gruppo.
Peccato perché esecutivamente e dal punto di vista degli arrangiamenti i Closure in Moscow mostrano talento, con diversi refrain catturanti e soluzioni melodiche interessanti; ma troppo spesso il tutto viene rovinato da un'eccessiva impersonalità che fra l'altro impedisce loro di esprimere appieno il proprio potenziale nelle canzoni, che difatti lasciano troppo spesso la sensazione di stare per decollare per poi permanere in uno stato di incompiutezza.

L'iniziale Kissing Cousins è più o meno un indicativo biglietto da visita del gruppo, con riff tecnici ed intricati impiantati su di una sezione ritmica dinamica, purtroppo facendo fin troppo spesso emergere i ricalci stilistici del gruppo, mentre il cantante Chris de Cinque segue linee vocali acute ma poco espressive. Il senso melodico comunque non viene mai abbandonato e in canzoni come la successiva Reindeer Age ci sono alcuni degli spunti più coinvolgenti del gruppo.
Se in pezzi come Vanguard o Sweet#hart emergono addirittura piccoli elementi heavy metal-oriented, in altri come I'm a Ghost of Twilight o Deluge si tenta più esplicitamente la soluzione di un connubio fra il prog rock dei Mars Volta e certo emocore. Il lato post hardcore del gruppo emerge soprattutto nella parte finale del disco con canzoni come Arecibo Message, mentre con la conclusiva Had to Put in the Soil si affacciano addirittura influenze dei Taproot.
Permafrost è un intermezzo ambient, Couldn't Let You Love Me è una breve parentesi acustica prima della traccia finale.

Il disco si rivela potente, orecchiabile e ben eseguito, ma manca di sufficiente personalità e capacità espressiva per non poter dire che i Closure in Moscow siano un gruppo ancora acerbo nei contenuti più essenziali e nella capacità di elaborarli in maniera fresca ed originale.
Ciò nonostante, come esordio, First Temple mostra che il gruppo ha del potenziale per il futuro, sperando che le aspettative non vengano tradite.

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